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Rp online - La gestione dell'identità online nella società dell'informazione

19/03/2015

In un mondo sempre più connesso, l’identità online è un tema molto sentito. Non solo per le questioni legate alla privacy e al controllo delle informazioni personali ma anche per le opportunità che ne possono derivare per i professionisti delle Rp. L’analisi di Valentina Citati per la rubrica Rp online.

 

Informati ed esigenti anche se con qualche paradosso: questa la fotografia dei cittadini digitali che emerge dalle numerose indagini e rapporti a livello mondiale ed europeo che indagano le questioni strettamente interconnesse dei mutamenti nel concetto di privacy, della percezione di sicurezza dei dati personali nel rapporto con aziende e brand e, infine, dell’esigenza di strumenti che aiutino a selezionare le informazioni rilevanti e a personalizzare esperienze e prodotti. Quali le opportunità in questo scenario per i professionisti della comunicazione?

Divari e paradossi nella percezione della privacy


In un mondo sempre più connesso e saturo di informazione l’identità online, strettamente correlata con quella reale, è gestita sempre più consapevolmente dai cittadini digitali. Tuttavia, e forse proprio per questo, i timori e le problematiche relative alla sicurezza e al trattamento dei dati personali che circolano sempre più abbondantemente sul web rimangono aperti e generano non pochi paradossi. D’altro canto la mole di dati a cui siamo sottoposti spinge a cercare soluzioni tecnologiche che aiutino l’individuo ad evitare il sovraccarico cognitivo (o information overload) selezionando l’informazione rilevante secondo gusti ed esigenze personali. Brand e aziende che sappiano interpretare questi bisogni e rispondervi adeguatamente e in modo trasparente saranno vincenti in questo contesto.

Innanzitutto la maggiore consapevolezza genera un aumento della preoccupazione per le informazioni personali: i cittadini europei prestano sempre più attenzione alla gestione della propria privacy. Questo dato emerge chiaramente dal report di Symantec The State of Privacy 2015 che indaga la percezione di sicurezza dei dati personali online in Europa. Una fotografia interessante che rivela come possano esistere divari sensibili tra la percezione che si ha di un fenomeno e il fenomeno stesso. Inoltre gli italiani si dimostrano particolarmente attenti su questi temi rispetto alla media:

  • un primo divario è nella percezione di fiducia dei dati ovvero tra quanto un dato è ritenuto privato e quanto è considerato sicuro: il 57% degli europei (51% degli italiani) ritiene, infatti, che i dati non siano protetti adeguatamente dai soggetti a cui li affidano.

  • rispetto alle informazioni già condivise emerge un secondo divario tra la percezione di sicurezza e la sicurezza reale dal momento che gli enti ritenuti più affidabili sono anche quelli in cui si registrano le maggiori violazioni. Le istituzioni sanitarie sono ritenute le più affidabili (sia dagli europei che dagli italiani) ma le informazioni sulla salute sono il quinto tipo di dati personali più violati a livello mondiale e il settore pubblico, che appare in terza posizione dopo le banche, è il più soggetto ad attacchi mirati (2014 Internet security Threat report di Symantec).

  • rivenditori e social media sono i soggetti che suscitano meno fiducia: un evidente paradosso se si considera la quantità di informazioni private che si condividono ogni giorno sui siti di social networks e i numeri crescenti del commercio elettronico in particolare da mobile (sono 11 milioni gli utenti italiani che acquistano online almeno una volta al mese secondo la rilevazione trimestrale Net Retail). Il fascino esercitato da social media e e-commerce è confermato anche dalle misure intraprese concretamente per proteggere la propria privacy: solo il 12% dei nostri connazionali evita di postare su Fb e solo 1 su 10 rinuncia allo shopping online

  • ultimo dato interessante è la maggiore attenzione riservata alla sicurezza da parte degli italiani rispetto alla media europea ( il 53% legge le informative sulla privacy rispetto al 25% della media Ue) che li porterebbe ad essere più predisposti verso il consenso informato (46% vs il 14% degli europei), ovvero, a concedere i loro dati alle aziende in cambio di vantaggi di vario tipo (sconti, premi ecc). Nel complesso emerge una richiesta di maggiore sicurezza a governi e imprese tanto che l’80% circa dichiara di scegliere una certa azienda sulla base della protezione dei dati che garantisce.


Controllo e personalizzazione: la gestione dell’identità online


Il cittadino digitale informato e consapevole vuole assumere il controllo della gestione della sua presenza online. Conosce il valore delle sue informazioni personali per aziende e brand verso le quali è sempre più esigente nella richiesta di trasparenza e sicurezza. Questi i principali risultati del report di Microsoft a livello globale Digital Trends 2015 che evidenzia come :

  • il 61% degli intervistati è favorevole alla condivisione di dati con aziende se le condizioni di scambio sono trasparenti e vantaggiose. Il 78% è consapevole del valore per brand e aziende dei propri dati e informazioni personali

  • il 74% è interessato alle tecnologie indossabili e ai sistemi di tracciamento dei dati

  • gli italiani sembrano primeggiare rispetto alla media mondiale sia come capacità di gestione delle informazioni online (47% rispetto ad una media del 40%) sia per l’interesse verso l’Internet of Things. Il loro livello di utilizzo di dispositivi indossabili, infatti, è il più alto in Europa così come è altamente diffuso (circa il 75% ) il desiderio per oggetti smart (macchine e case in primis) in grado di tracciare e rilevare i dati. Tuttavia ammettono di non sapere esattamente come usare queste tecnologie e informazioni.


Ad emergere, in questo quadro, è il diffuso interesse per tecnologie che aiutino i soggetti a orientarsi nella mole crescente di dati e informazioni individuando quelle più pertinenti perché rispondenti a interessi individuali. Inoltre le persone cercano strumenti che li supportino nella gestione della quantità sempre maggiore di informazioni archiviate online (es: Dropbox o il Cloud computing). Infine si registra un crescente desiderio di progettare prodotti e servizi personalizzati nonché di ricevere suggerimenti su esperienze o attività sulla base dei propri gusti e bisogni. Questi aspetti identificano i trend emergenti sui quali si misurerà il successo (o il fallimento) delle strategie di business del prossimo futuro.

Le Opportunità per comunicatori e aziende


La percezione della privacy sta cambiando: i naviganti sanno che nell’economia digitale attuale non possono fare a meno di cedere le proprie informazioni se vogliono usufruire di vantaggi e servizi. Tuttavia ne conoscono il valore e pertanto sono disposti a trattarne la cessione sulla base di condizioni trasparenti che garantiscano loro il mantenimento del controllo, da un lato, e una serie di vantaggi dall’altro (servizi, prodotti, sconti ecc). E’ l’individuo che vuole gestire in prima persona il rapporto con enti e imprese che soddisfano le sue esigenze e interessi. Perciò la maggioranza dei soggetti afferma di scegliere un azienda in base alla protezione dei dati che garantisce e il 55% degli intervistati è più propenso ad acquistare da un brand che consenta di avere un ruolo attivo nella personalizzazione dei prodotti (Digital Trends 2015). Quali le opportunità in questo scenario per comunicatori e imprese?

Comunicare efficacemente in questo scenario significa sempre di più:

  • elaborare e usare tecniche di ascolto e di analisi efficaci che consentano di tracciare e integrare le numerose informazioni disponibili in rete (dati demografici, comportamentali, di navigazione, conversazioni, interessi) traducendole in insight sempre più avanzati in grado non solo di rispondere ma di anticipare le esigenze e le intenzioni dei consumatori prima ancora che questi le manifestino.

  • passare dall’interruption marketing al permission marketing: termine coniato di recente da Seth Godin per indicare un nuova metodologia di marketing più adatta all’information overload attuale. Ciò significa concepire una comunicazione non più finalizzata a interrompere l’attività dell’individuo con informazioni non richieste ma a coinvolgerlo con un messaggio che sia rilevante e personalizzato sui suoi bisogni in modo che sia quest’ultimo a scegliere di esporsi e a prestargli attenzione.

  • puntare su contenuti rilevanti e di qualità e costruire una relazione fiduciaria con gli utenti online sono, quindi, l’unico modo per farsi ascoltare ed emergere in un panorama in cui l’attenzione è un bene sempre più raro e gli individui cercano attivamente sistemi per rimuovere la pubblicità intrusiva. Atteggiamenti particolarmente avvertiti nel nostro paese. Infatti ben il 79% italiani (rispetto al 57.4% della media europea) spera di avere al più presto strumenti efficaci per filtrare contenuti e messaggi e selezionare solo ciò che gli interessa davvero (Digital Trends 2015). Inoltre secondo il report AdBlocking Goes Mainstream, realizzato da Adobe e PaigeFair, in Italia, Spagna, Giappone e Cina, l’adblocking (ovvero l’estensione che blocca la pubblicità) nel 2014 è cresciuto per numero di utenti di oltre il 134%.


Nell’età dell’informazione sovrabbondante, veloce e always on ‘la cassetta degli attrezzi’ dei professionisti della comunicazione deve includere nuove tecniche e strategie per rimanere competitivi e vincenti di fronte ai cittadini digitali consapevoli e informati del loro valore.

 

 
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