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RP, ovvero Relazioni Peccaminose

24/04/2014

“Un po’ intellettuali, un po’ puttane. Ecco cosa siamo, noi consulenti di comunicazione, relatori pubblici, responsabili di relazioni esterne e giornalisti ma anche ghostwriter o, peggio ancora, lobbisti a servizio di aziende, associazioni, enti pubblici”. Lo sostiene, non senza ironia, _Andrea Ferrazzi_ commentando l’ultimo libro di _Gustavo Zagrebelsky, Fondata sulla cultura._

di Andrea Ferrazzi
Un po’ intellettuali, un po’ puttane. Ecco cosa siamo, noi consulenti di comunicazione, relatori pubblici, responsabili di relazioni esterne e giornalisti ma anche ghostwriter o, peggio ancora, lobbisti a servizio di aziende, associazioni, enti pubblici. Su, non vi arrabbiate. E’ così. Lo dice il professor Gustavo Zagrebelsky, mica uno qualsiasi. Non ci credete? Prendete il suo ultimo libro Fondata sulla cultura (Einaudi) e andate a pagina 28, se non avete la curiosità di leggere anche le precedenti (ne vale comunque la pena). Parlando delle «insidie» alla libertà della cultura, sancita anche dalla nostra Costituzione, il professore affonda il coltello su consiglieri e consulenti, «versione odierna dell’intellettuale organico gramsciano, figura tragica e, a suo modo, grandiosa che si collega alle grandi forze storiche della società per la conquista della “egemonia” per modellare il mondo: un compito certo ambiguo, ma indubbiamente non privo di grandezza». Accidenti. Il professor Zagrebelsky ne ha davvero per tutti.
Per i «giovani arrembanti dall’ingegno brillante» che «riescono a rendersi importanti, o addirittura indispensabili, presso attempati uomini di potere facili alla circonvenzione, offrendo servigi intellettuali e ricevendo in cambio protezione, favori, emolumenti». Che schifo! Che Vergogna! Ma non basta. Attenzione anche a quei consulenti «che vendono le proprie conoscenze alle imprese, per testarne, certificarne, magnificarne, pubblicizzarne i prodotti; per testimoniarne la qualità del ciclo produttivo, la sua non-nocività, la sostenibilità dell’impatto ambientale, e altre prestazioni di questo genere». Vi sentite chiamati in causa e la cosa vi provoca un certo fastidio? State sereni, perché il professore ammette che «consiglieri e consulenti non sono affatto una cosa cattiva in sé», basta essere come quel gruppo di persone di cultura che hanno contribuito all’esperienza collettiva di «Comunità» promossa da Adriano Olivetti.
Ma se non siete a quel livello, peggio per voi. Allora siete (siamo) delle prostitute, perché vi offrite, esplicitamente o tacitamente, pur di entrare «nell’organico di questo o quel potentato per i vantaggi personali che ne derivano». Ne avete abbastanza? Beh, portate ancora un po’ di pazienza: l’illustre professore afferma anche che «il punto più basso l’intellettuale lo raggiunge quando egli si presta a dare il suo cervello, la sua intelligenza, la sua parola, all’uomo di potere che lo paga per scrivere i suoi discorsi, i suoi articoli di giornale, le sue interviste». Di più: «Addirittura, ne abbiamo fatto una delle possibili professioni intellettuali, quella del ghostwriter». Eh sì, è proprio uno schifo.
Ma come si fa a scendere così in basso, a prostituirsi offrendo il cervello anziché altre parti del corpo al potente di turno? Ma non si vergognano da soli quegli intellettuali «che si prestano a riempire la bocca dei politici di cose delle quali questi non hanno nessuna idea propria» e che, oltre a umiliare la propria funzione, «contribuiscono a svuotare di contenuto la democrazia e a ridurla a una rappresentazione»? Suvvia. Non vi arrabbiate. E’ giusto che chi vive da anni in un mondo di vergini come quello universitario italiano, dove si fa carriera solo per meriti e non per raccomandazioni e dove tutto succede in piena e totale trasparenza, denunci la deriva che certi mestieri provocano.
E noi faremmo bene a chiedere scusa agli italiani, senza tentare di appellarci al valore aggiunto che la nostra professionalità può portare a un’azienda, a un’organizzazione o a un’istituzione, senza ricordare che i consulenti esistono da secoli e anche nelle democrazie più mature, e che, a volte, sono (stati) pure delle menti eccellenti. Lasciamo stare. Se lo dice uno come il professor Gustavo Zagrebelsky, mica possiamo contraddirlo: sarebbe un attentato all’autorità culturale.
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