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Rp: una professione sempre più rosa

03/03/2011

Il mondo delle Relazioni pubbliche e, più in generale della comunicazione, vede una presenza femminile in continua crescita. In Italia come nel Regno Unito le donne rappresentano un vero esercito che arricchisce la professione. Ma le loro condizioni e il loro trattamento sono effettivamente uguali a quelli dei colleghi? Un’analisi di _Heather Yaxley._

di Heather Yaxley
Sono trascorsi quasi 25 anni dalla pubblicazione dello studio di Cline Velvet Ghetto sulle donne nelle relazioni pubbliche che forniva una risposta alla crescente femminilizzazione della professione. È innegabile che oggi il settore sia dominato dalle donne – anzi, sulla base della mia esperienza nel Regno Unito, il 90% degli studenti universitari in corsi di laurea in Rp e di studenti per le qualifiche professionali sono donne.
Entrambi gli organismi professionali qui citati vedono due donne in posizioni di alto livello: Sally Costerton (presidente e CEO di Hill & Knowlton EMEA) è presidente di PRCA mentre Jane Wilson è Amministratore Delegato di CIPR. Non proprio una “piazza pulita” ai vertici dal momento che il presidente eletto di CIPR è Paul Mylrea e l’executive chief di PRCA è Francis Ingham.
Tuttavia, sicuramente questo è un segno di progresso in virtù del potenziale di ogni giovane donna che entra nel mondo delle Rp di avere un’opportunità di lavorare ai massimi livelli sia nella consulenza che in posizioni interne. Il concetto di “soffitto di vetro” che impedisce alle donne di avere reali pari opportunità rispetto agli uomini è consegnato alla storia, i livelli salariali sono paragonabili e per gli alti dirigenti è indifferente relazionarsi con una donna piuttosto che con un uomo – n’est pas?
Guardando alla scuola femminista ed alla pratica delle Rp, vi è prova di un movimento positivo – anche se due passi avanti e uno indietro. Le donne non sono più confinate in ruoli prevalentemente tattici, ma, almeno educativamente, l’occupazione è percepita come più appropriata per le giovani donne come punto di partenza della carriera. Dalle pagine di PR Week, dagli annunci di lavoro ed aneddoticamente, è evidente che gli uomini occupino ancora posizioni di alto livello derivanti loro lavoro precedente, nel giornalismo o altrove nella gerarchia di gestione di un’organizzazione.
In alcune aree delle Rp (almeno nel Regno Unito), sembra che vi sia un divario di genere molto chiaro. In ambito pubblicitario, gli uomini sono caratterizzati dal ruolo di controllare i media per conto di loro clienti di alto profilo, mentre le donne sono organizzatrici di eventi. In politica, gli ex giornalisti maschi s con i corrispondenti dei media nazionali, mentre le donne ricoprono molti dei ruoli di supporto alle cariche pubbliche. Nel settore automobilistico, le donne prevalgono in posizioni focalizzate sugli eventi, con giornalisti specializzati che parlano di questioni tecniche con le loro controparti maschili sul lato “mediatico” della recinzione. Eppure, nel settore della bellezza, è tutto Il diavolo veste Prada o Sex in the City con le donne che devono affrontare quotidianamente la relatà dei mezzi di comunicazione e occupano le posizioni di Rp. Le società di consulenza più importanti sembrano essere ancora guidate prevalentemente da uomini. Si può solo presumere però che il “lavoro vero” sia realizzato da eserciti di donne che compongono i livelli executive e lavorano per i director.
Questo è importante? Le Rp non rappresentano forse una buona scelta di carriera per le donne – permettendo loro di conciliare lavoro, famiglia e altri impegni con le loro doti innate in molti settori delle relazioni pubbliche? Le donne non sono in grado di salire fino al top (utilizzando il concetto stereotipato organizzativo di percorso di carriera) senza incontrare sessismo come sostiene Costerton? So di alcune donne in posizioni di alto livello nelle Rp del settore dei motori – e molte in attesa di seguirli ai posti di comando delle maggiori case automobilistiche (una volta che gli uomini che attualmente detengono tali posizioni vanno in pensione o lasciano il posto!) È interessante notare che le donne spesso sembrano avere una grande prospettiva su ciò che le relazioni pubbliche possono realizzare per le loro organizzazioni, al di là di acquisire nuova copertura sulle testate di automobilismo.
Allo stesso modo, le donne con esperienza di Rp che entrano in aula per acquisire qualifiche professionali, stanno cercando di fare carriera utilizzando come proprio fiore all’occhiello educazione e preparazione. Quelle provenienti dai migliori corsi di laurea in Rp combinano una comprensione strategica con solide competenze pratiche – ed ambizioni di carriera che non le costringa a lavori rosa e birichini.
Le Rp offrono un mondo al femminile – ma è una realtà complicata quanto quella di qualsiasi altro settore, dove i giovani relatori pubblici maschi dovranno affrontare “l’invasione”per poter costruire il proprio percorso – cercando comunque di trovare un equilibrio tra vita privata e lavoro.
Sì, ci sono specifici problemi che le donne devono affrontare – e l’etichettatura sia del loro ruolo che della professione stessa ha bisogno di essere messo in discussione da prospettive liberali, radicali e una terza femminista. Ci sono barriere individuali e istituzionali che devono essere smantellate e stereotipi da superare in molti settori delle Rp. Ma accanto alla problematizzazione del genere, c’è bisogno di pragmatismo e di una celebrazione delle Relazioni pubbliche. Questo è un campo multi-sfaccettato e dinamico in cui ritagliarsi una carriera – con l’opportunità di lavorare come un bravo artigiano, un consigliere strategico, un ambasciatore del marchio, un manager esperto in crisi e in molti altri ruoli sfumati in una miriade di campi organizzativi, in azienda, come consulente o imprenditore.
Io credo che le Relazioni pubbliche offrano la possibilità di moderna carriera proteiforme – concettualmente senza confini, dove il nostro portfolio di capacità, competenze, esperienze e conoscenze ci consentono di creare un arazzo individuale di lavoro (e di lavoro autonomo). Poi, che la tappezzeria sia lavorata in filo di velluto o rivettata in cotta di maglia, la scelta è solo nostra.
Tratto da PR Conversations
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