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Rp: verso gli Stockholm Accords

05/11/2009

Con il seminario di Sven Hamrefors in programma il 30 novembre a Milano, le Rp italiane si preparano agli accordi di Stoccolma, nuova pietra miliare della professione. Toni Muzi Falconi ha provato a riassumere l'essenza del tema in discussione: cosa succede oggi nelle organizzazioni e come cambia il nostro lavoro.

di Toni Muzi Falconi


La maggior parte delle organizzazioni che sviluppano una qualche forma consapevole di pianificazione strategica adottano una metodologia, consolidatasi negli ultimi 30 anni, che si rifà alla lineare e materiale catena del valore di Michael Porter.


Questo – sia pure con modalità situazionali, nel senso che ogni organizzazione riempie il modello di porteriano di contenuti propri – con l’obiettivo di scovare aree di debolezza e di miglioramento lungo quell’articolato processo che parte dall’approvvigionamento per arrivare all’assistenza post vendita, passando dalla trasformazione, l’innovazione, il marketing…


In anni più recenti si è andato formando anche un altro approccio alla pianificazione basato sulla non linearità; la fuzzyness (teoria del caos); la crescente immaterialità dei processi indotti dalla globalizzazione, dalle tecnologie digitali e dalle comunicazione 24/7.


Questo secondo approccio – talvolta anche adottato in parallelo – postula che il valore organizzativo venga in realtà prodotto soprattutto da reti di relazioni fra soggetti diversi che, per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla singola organizzazione, si rapportano con altre reti di relazione.


Sono reti – ovviamente non lineari e non materiali – la cui efficacia dipende in larga misura dalla qualita’ delle relazioni fra i diversi soggetti che le compongono.


Un valore della relazione che si puo’ misurare in base ai quattro indicatori di fiducia, soddisfazione, impegno ed equlibrio di potere nella relazione stessa.


In pratica, e per fare un solo esempio, la qualità dell’approvvigionamento, fase materiale che certamente non scompare, dipende spesso più dalla qualità delle relazioni nella rete di appartenenza che non da quella intrinseca del prodotto/servizio del singolo fornitore.


L’implicazione è che viene sostanzialmente a modificarsi il ruolo e la funzione di chi, nell’organizzazione, presidia la comunicazione, intesa come strumento primario che, quando consapevole e programmato, contribuisce a determinare la qualità della reputazione dell’organizzazione insieme alla qualità delle relazioni.


Nel primo modello, lineare e materiale, la funzione del comunicatore si esplica soprattutto nell’assicurare flussi comunicativi efficaci – fase per fase – lungo la catena del valore, e distingue abbastanza nettamente fra comunicazione di processo, comunicazione organizzativa, comunicazione esterna sia di carattere corporate che di marketing.


Nel secondo modello, invece, la funzione del comunicatore si esplica soprattutto nell’assicurare fluidita’ relazionale all’interno di ogni singola rete e fra le reti interconnesse. Il comunicatore ascolta e interpreta le aspettative dei diversi soggetti; valuta la qualita’ e lo status delle relazioni esistenti all’interno e fra le reti; assicura un supporto comunicativo “ideologico” di coerente e riconoscibile identità alla leadership dell’organizzazione; insieme ad una distribuzione reticolare di competenze e strumenti comunicativi alle diverse reti che si relazionano.
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