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Scienze della Comunicazione: 9 laureati su 10 trovano lavoro

27/06/2014

Un dato positivo in tempo di crisi ma soprattutto, confortante per i professionisti del settore che finalmente smentisce luoghi comuni molto diffusi. A dirlo i risultati di da una ricerca realizzata dalla _Fondazione Nord Est_ insieme all’Università di Padova.

Nel 2011, l’allora Ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini dichiarava a Ballarò cha “i corsi in «scienze della comunicazione non aiutano a trovare lavoro», perché «purtroppo sono più richieste lauree di tipo scientifico, lauree che in qualche modo servono all’impresa» e «questi sono i dati»”.
Oggi, a distanza di oltre due anni, i dati emersi da una ricerca realizzata dalla Fondazione Nord Est insieme all’ Università di Padova sembrano smentirla, ponendo un punto fermo ad una diatriba che prosegue da oltre un decennio sull’utilità delle lauree in comunicazione.
Nove laureati su dieci lavorano e lo fanno sul territorio, afferma la ricerca condotta su un campione di 200 laureati, negli ultimi dieci anni, 165 hanno risposto (82%). L’88% svolge un’attività retribuita, il 7% l’ha fatto in passato, il 4% non ha avuto esperienze lavorative. Forte è il legame con il territorio: 8 ragazzi su 10 lavorano infatti in Veneto e l’81% è stato scelto da aziende private. La situazione contrattuale vede 35% di lavoratori a tempo indeterminato, 31% con contratti determinati, in totale un 66% di impiegati contrattualizzati. Ci sono poi i freelance (11%), mentre i lavoratori parasubordinati sono solo l’8%.
Marketing e comunicazione, web e social media, pubblicità, vendite/commerciale, i quattro settori in cui i laureati hanno trovato maggiore possibilità d’impiego. I giornalisti sono solo al quinto posto. Interessante anche il dato secondo cui il 32% trova lavoro grazie al metodo tradizionale, l’invio del proprio curriculum vitae, il 14% grazie ad annunci in rete o alla presenza su social network come Linkedin e Facebook, l’8% attraverso uno stage e solo il 6% grazie a conoscenze e contatti diretti.
Indice che la meritocrazia conta e che, per le imprese del Made in Italy, il saper narrare diventa oggi indispensabile per competere sui mercati internazionali insieme alla qualità, alla creatività e alla artigianalità.
Clicca qui per una sintesi dei risultati dell’indagine.
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