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Social Media Crisis: Volkswagen vs. Greenpeace

02/05/2012

_eModeration,_ blog inglese da sempre attento alle tematiche di comunicazione di crisi e marketing, analizza un esempio recente di Social Media Crisis ed individua una possibile soluzione alla crisi che ha visto scontrarsi Volkswagen e Greenpeace.

Abbiamo appena superato il primo quarto del 2012, e pensiamo che sia giunto il momento di dare un’occhiata ad alcuni esempi di social media crises sui quali ci siamo trattenuti dall’esprimere disapprovazione quest’anno; per vedere quali modelli di comportamento stanno emergendo e dove pensiamo che il brand in questione avrebbe potuto far meglio.
Per prima cosa: Volkswagen (Gennaio)
Lo scenario: Greenpeace ha lanciato la sua campagna Darth Vader, una parodia della pubblicità che Volkswagen ha presentato al Superbowl, contro l’azienda, accusandola di “usare il suo enorme peso politico per fare pressioni contro le principali leggi in materia ambientale.

Cosa ha fatto Volkswagen: Incurante delle possibili risposte, Volkswagen ha postato un invito sulla sua pagina Facebook chiedendo agli utenti di proporre un elenco di soluzioni per il nuovo anno e di suggerire gli obiettivi che l’azienda avrebbe dovuto raggiungere nel 2012.
Cosa è accaduto dopo: Un paio di giorni dopo, Greenpeace U.K. ha diffuso un messaggio su Facebook, incoraggiando i suoi fan a “tendere un’imboscata” alla pagina Volkswagen. Gli ambientalisti in rivolta hanno invaso il wall dell’azienda…
Come si è comportata Volkswagen di fronte ai commenti? Non molto bene, come rivela il video qui sotto. In un primo momento ha ignorato i commenti ed in seguito li ha cancellati.

Cosa avrebbe potuto fare?
1. Pensare prima di postare. Facile a dirsi, ma in primo luogo sarebbe stata una buona idea non fare quella domanda sulla propria pagina Facebook. Prima di cliccare il pulsante ‘pubblica’, tutti i community manager e i content strategist dovrebbero chiedersi “Che cosa potrebbe andare storto se lo pubblicassi?”
Le grandi organizzazioni multinazionali non possono permettere che i social media team operino distaccandosi dal resto dell’azienda – per esempio il reparto RP da quello legale. La campagna di Greenpeace contro Volkswagen era stata lanciata nel giugno del 2011 e funzionava ancora bene alla fine dell’anno.
Questo aggiornamento di status dall’aria innocente non sarebbe mai passato inosservato agli occhi degli attivisti e non avrebbe mai dato un segnale di spegnimento delle polemiche.
A meno che Volkswagen non stesse in realtà cercando di valutare il pensiero dell’opinione pubblica riguardo alla sua politica ambientale. Se così fosse, allora, ignorare e poi cancellare i commenti appare un modo di rispondere molto strano. Volkswagen forse avrebbe dovuto imparare la lezione dai Quantas similes error compiuti l’anno scorso.
Ecco che cosa il nostro team di esperti di social media crisis pensa che sarebbe dovuto accadere una volta che l’attacco era in corso:
2. Fornire le risposte Facebook-friendly e pre-approvate dalle RP il prima possibile. Perché dovrebbe essercene una già redatta, giusto? La campagna di Greenpeace era già in giro da più di 6 mesi e Volkswagen avrebbe potuto prevedere che cosa sarebbe potuto accadere, giusto? Perché è difficile scrivere qualcosa e farselo approvare alle tre del mattino. Questa risposta dovrebbe contenere un grazie agli attivisti per aver condiviso la loro idea. E’ necessario fare in modo che i manifestanti sappiano che li state ascoltando.
3. Se possibile, dare spazio al dibattito sull’argomento lontano da Facebook. Ora che Facebook ha tolto la modalità Discussion non sarà più possibile rimuovere le discussioni dal vostro wall. Un’area nel sito web dell’azienda dove poter offrire il proprio punto di vista, possibilmente accettando i commenti o un indirizzo mail al quale poter scrivere – sono buone alternative.
4. Continuare a parlarne fino a quando continuano ad arrivare commenti. Questo non è stato un caso di tempesta in un bicchier d’acqua. In questo caso ignorare le reali preoccupazioni della gente nella speranza che esse si sarebbero placate non è stata una buona idea (anche se in altre situazioni avrebbe potuto funzionare). Tra aizzare ed ignorare le persone passa una linea molto sottile. Mat Morrison di Starcom Media Vest ha condotto alcune interessanti ricerche dimostrando che le situazioni di crisi possono essere placate rispondendo ai commenti – di modo che solo coloro che sono implicati nella discussione o i visitatori del wall possano leggere le risposte – e postando gli aggiornamenti di status sulla pagina del brand, di modo che i fan li vedano nei loro newsfeed e siano al corrente di una situazione della quale, in altro caso, non potrebbero sapere nulla.
5. Non cancellare i commenti. Non cancellare i commenti. Non cancellare i commenti. Non importa quante volte dovranno ascoltare questo consiglio, i social admin continueranno a farlo e questa, non è mai una buona idea. Si, è giusto cancellare un commento se volgare, se provocatorio, se è razzista o illegale. Lo screengrab può facilmente dimostrare il motivo della vostra moderazione. Ma bisogna permettere le critiche e trattate con esse. Se proprio è necessario farlo – se, per esempio, la vostra pagina è intasata da post osceni, o se si è alle prese con un’alta quantità di commenti, allora esiste anche l’opzione di eliminare del tutto i post degli utenti. Questa è la soluzione che Facebook propone per i casi di Social Media Crisis. Una volta fatto ciò gli utenti non smetteranno di scrivere sulla vostra pagina, ma saranno obbligati a scrivere i propri commenti sotto l’aggiornamento di status (si veda il punto precedente).
Post Visibility è l’impostazione di FB che vi permette di fare ciò.(foto in basso)
Ovviamente non esiste una bacchetta magica e non vogliamo neanche provare a dirvi che esiste. Ma si può fare del proprio meglio per evitare di esacerbare la situazione e per affrontare con rispetto una crisi online che affonda le sue radici in una realtà offline.
Clicca qui per leggere la versione in lingua originale

Tratto dal blog e-moderation.com
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