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Stop al progetto FERPI- ARPR per migliorare le relazioni fra Italiani e Romeni

29/01/2008

Il progetto tra le due associazioni professionali partito alcuni mesi fa ha subito uno stop. Toni Muzi Falconi ne illustra le cause ma anche l'interessante modello messo a punto.

L'omicidio di Giovanna Reggiani, per mano di un rom, il dibattito politico e mediatico che ne è seguito ed alcuni provvedimenti, poi congelati, adottati dal Governo italiano avevano, nei mesi scorsi, generato una crisi nei rapporti tra Italia e Romania che ha avuto e sta avendo ripercussioni su le rispettive comunità migranti, soprattutto economiche. Questa situazione ha sollecitato una riflessione tra Ferpi e l'associazione professionale dei relatori pubblici romeni (RPRA) che in novembre avviarono un progetto di collaborazione finalizzato a migliorare le relazioni fra Italiani e Romeni attraverso le rispettive comunità migranti.
di Toni Muzi Falconi
Mentre la ‘diplomazia pubblica' agita fortemente la comunità mondiale delle relazioni pubbliche, noi rinunciamo a perseguire un progetto che aveva suscitato interesse.
E' colpa mia, lo so… avrei forse potuto essere meno precipitoso e, perlomeno, ascoltare i suggerimenti di tanti che, ma soltanto dopo avere ricevuto notizia della mia rinuncia dopo settimane di attesa che qualcosa si muovesse, si sono precipitosamente fatti vivi per dire ‘ ma non avevo capito..' ‘non sapevo…' ‘ se mi avessi chiamato…', confermando in pieno quegli stereotipi di provincialismo, familismo, dilettantismo e pressapochismo che tanti danni producono alla nostra reputazione nel mondo (sulla quale oggi sorvolo per evitare di sparare sulla Croce Rossa).
Ci tengo però ad un chiarimento: il progetto (vedi articoli pubblicati) è stato abbandonato non perché non fossimo privi di eccellenti competenze italiane impegnate (penso specificamente alle colleghe Claudia Gambarotta e a Rossella Sobrero), ma perché queste erano chiaramente insufficienti rispetto alle esigenze e perché non mi pareva avesse molto senso ‘forzare' la situazione verso tanti nostri colleghi che si erano detti interessati e disponibili, e poi (qualcuno anche accettando di accollarsi reponsabilità specifiche) sono rimasti a bordo campo.
L'altra ragione di fondo è che ci siamo resi conto che anche fra i nostri colleghi Romeni la situazione si presentava più o meno analoga con in più qualche piccolo incidente, non gravido di conseguenze operative, ma certamente spiacevole, che hanno in parte compromesso le nostre relazioni con alcuni nostri stakeholder istituzionali ed economici.
Nel frattempo però anche l'ipotesi del nostro progetto ha contribuito ad alimentare a diversi livelli della comunità professionale internazionale un nuovo interesse sul tema della diplomazia pubblica.
Lo stesso nuovo presidente dell'IPRA, Bob Grupp nel suo intervento inaugurale di giovedì scorso allo Yale Club di New York, di fronte ad una parte importante del gotha delle relazioni pubbliche mondiali (presente anche il nostro collega Furio Garbagnati, presidente di Assorel e componente della giunta dell'Ipra) ha molto insistito su questo aspetto.
E anche in quella occasione si è parlato del progetto italo-romeno…
Intendiamoci bene, per diplomazia pubblica non si intendono soltanto quelle attività che gli Stati realizzano per dialogare direttamente con i cittadini dei Paesi con i quali intrattengono rapporti di diplomazia tradizionale (dalle camere di commercio internazionali agli istituti di cultura, agli scambi accademici e scientifici), ma anche tutte le attività di relazioni internazionali delle imprese, delle associazioni e delle tante organizzazioni sociali, economiche e culturali che si propongono di collegare la propria identità anche a quella della nazione di origine.
Penso ad esempio alla importante tradizione diplomatica dell'Eni nei paesi del petrolio o al ruolo attribuito nel mondo, almeno fino a qualche tempo fa, al made in Italy e alle tante attività di relazioni internazionali dei nostri stilisti e imprenditori tessili.
La nostra collega romena Simona Micalescu è stata appena nominata direttore generale della diplomazia pubblica del Ministero degli Esteri di quel Paese; Karen Hughes, fino a qualche settimana fa Sottosegretario di Stato alla diplomazia pubblica con Condoleeza Rice, aveva a sua volta organizzato oltre un anno fa (ne abbiamo parlato anche su questo sito) una importante riunione al Dipartimento di Stato con un centinaio di direttori della comunicazione di imprese americano con l'obiettivo di mettere in comune alcune linee guida di diplomazia pubblica americana nel mondo.
Analoghe azioni sono in corso da anni anche in Italia da parte di molti colleghi e del Ministero degli Esteri.
Insomma un settore in costante espansione di attività per la nostra professione che è importante approfondire e segnalare soprattutto ai giovani.
Il progetto italo-romeno aveva in più due innovative e forti specificità:
°sperimentava per la prima volta in chiave operativa il terzo e più recente modello della diplomazia pubblica, quello del globalismo sociologico (vedere articolo già pubblicato) che passa tramite le comunità migranti come canale prioritario;
°si era dotato di un sistema incorporato di misurazione dell'efficacia a breve termine.
Peccato, sarà per la prossima volta.
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