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Strumentalizzazioni e marchette televisive

25/05/2004

La denuncia di 'Striscia' e il dossier di Cattaneo hanno scoperchiato il vaso di Pandora della pubblicità clandestina. Un ragionamento un po' 'fuori dai denti'.

Dunque, quell'episodio di malcostume rivelato da 'Striscia' sulla 'pubblicità clandestina', ha scoperchiato una minuscola parte del tanto marcio che si è accumulato in Rai dopo un quindicennio di volute devastazioni, con l'immancabile coda di indignazioni, interpellanze e commissioni di inchiesta che accompagnano ogni puntata del circo mediatico nazionale.Il nostro è un paese sempre pronto alla sceneggiata dell'indignazione quando un media concorrente spiattella in prime time quello che (quasi) tutti già sanno e osservano impietriti da anni, ma non sembra invece prestare attenzione a coloro che, del tutto inascoltati e talvolta anche irrisi e perseguitati, da anni mettono in guardia da analoghi comportamenti impropri, non solo della Rai, ma anche dei tanti concorrenti di carta stampata, di etere e non.Resta forte il sospetto che l'operazione sia parte di un disegno per legittimare il rinvio di ogni decisione rispetto ad una nuova presidenza Rai a dopo le elezioni europee. Ma, visto che ci siamo, parliamo un po' fuori dai denti: tutti sanno che la Rai (non i suoi registi, responsabili di programma, cameramen e giornalisti) guadagna un bel pacco di milioni di euro l'anno facendo pagare alle amministrazioni centrali e locali inserimenti publiredazionali per campagne di 'interesse pubblico'. Tutti sanno anche che la stessa Rai incassa ogni anno dallo Stato un altro bel pacco di milioni di euro per sviluppare, guarda caso, programmi di servizio pubblico. E questa 'doppia fatturazione' come la vogliamo chiamare? Essere coinvolti in una trattativa con la Rai per una di queste 'convenzioni'  è una esperienza davvero irresistibile.Ecco la dinamica: un programma televisivo dà tanto spazio a un ministro, a un sindaco o a un presidente di Regione. Altri ministri, o sindaci o presidenti di Regione chiamano i loro consulenti di comunicazione e gli dicono 'guarda quello cosa è riuscito a ottenere...e tu che fai tutto il giorno?'. Il povero pangloss si informa e apprende l'esistenza di una convenzione che garantisce al concorrente un determinato spazio televisivo a fronte di una determinata contropartita economica, pagata ovviamente dall'amministrazione in questione. 'Ma - dice il poveretto al suo cliente - questa è una follia. Se noi abbiamo cose interessanti da dire, vedrà che verremo ripresi'. Si verifica l'evento oggettivamente interessante, i giornali ne parlano assai, così anche le altre tv, ma la Rai o tace oppure, se proprio non ne può fare a meno, manda in onda una breve. Poi arriva al malcapitato una telefonata di quelle che dopo averne ascoltata qualcuna ci si chiede se valga davvero la pena fare questo mestiere tanto sono insulse, ossequiose, umilianti e disarmanti: 'ma caro dottore, noi siamo a sua disposizione....'. Viene fissato un incontro e in quattro e quattr'otto si stilano i termini assolutamente generici della convenzione, li si fanno approvare dalla giunta o dal ministro (la Corte dei Conti, che quasi sempre non manca di rilevare l'incongruità di questi accordi, lo fa però a babbo morto e già sepolto) e improvvisamente la Rai inizia ad occuparsi del ministro o del sindaco.E' vero che non c'è mai fine al peggio... ma questo, ditemi voi, non è peggio di quel che ha denunciato Striscia? E' lo Stato che truffa sé stesso per dare visibilità pubblica a un ministro o a un sindaco, del tutto indipendentemente dal fatto se quello che ha da dire è interessante o meno. E ce la prendiamo con il povero proprietario di ristorante che con 6 mila euro si fa una comparsata in tv? Intendiamoci - come sostiene l'indagine commissionata dal direttore generale Rai - le mancate entrate (ma che entrano invece nelle tasche di registi, programmatori, case di produzione, giornalisti, cameramen etc..) sono assai più sostanziose di così..si parla di qualche centinaio di miliardi di vecchie lire l'anno. Ma attenzione a non fare di tutt'erba un fascio: qualunque programma televisivo non può sfuggire a contenuti che direttamente o indirettamente possono essere ritenuti 'commerciali'. Molti editori, e la Rai è sempre stata sicuramente fra questi, hanno sempre tollerato, quando non addirittura incentivato, le marchette anziché adeguare i compensi (ad esempio nelle rubriche sportive, quelle di moda, quelle di gastronomia..). In sostanza è sempre esistito un 'tacito accordo'... io non ti aumento lo stipendio e tu ti arrangi con le marchette. In questo caso è chiaro la massima colpa sta nell'editore e non nel collaboratore.In moltissimi casi poi una tematizzazione, un caso, un nuovo prodotto o un nuovo servizio, una grande evento, una citazione di marchio o altro rappresentano la vera sostanza della notizia che interessa al telespettatore o al lettore. E allora? Che si fa? Si elimina la notizia? Ovviamente no e spetta al giornalista decidere, nella sua piena autonomia e deontologia professionale. Quindi qualsiasi marchetta, ma anche qualsiasi censura sono una violazione inaccettabile della libertà di informazione.Insomma, prima di accodarsi a campagne sacrosante, ma sicuramente strumentali come quella in corso, bisogna - senza peraltro tentennare nella ferma condanna di ogni forma di marchettismo redazionale - farci su un pensierino ed evitare di buttar via il bambino (la libera informazione), con l'acqua sporca (la cattiva coscienza dell'editore e la melensaggine professionale e deontologica del giornalista).toni muzi falconi
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