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L'imposizione di marchette lede la dignità del direttore responsabile

17/05/2005
Il testo anche su www.odg.mi.it e su www.francoabruzzo.it  Tribunale civile di Milano e articolo 32 del CnlgL'editore che impone la pubblicazione di "marchette" lede la dignità  del direttore responsabile e ne giustifica le dimissioni  con l'incasso dell'indennità di mancato preavvisodi  Patrizia Sordellini, avvocato in MilanoIl Tribunale di Milano, sezione lavoro, con una recente sentenza del novembre 2004, ha condannato la società editrice al pagamento in favore del direttore responsabile di una pubblicazione mensile dell'indennità di mancato preavviso, riconoscendo i legittimi motivi di risoluzione del rapporto ai sensi del 2° comma dell'art. 32 CCNL da parte del direttore medesimo, il quale si era dimesso per giusta causa a seguito delle pesanti ingerenze dell'editore e del direttore commerciale, i quali lo avevano obbligato a pubblicare articoli c.d. publiredazionali contenenti messaggi pubblicitari non correttamente segnalati ai lettori e, pertanto, non distinguibili dal testo.Nonostante le ripetute rimostranze, la situazione si era andata aggravando di numero in numero e, dopo sei mesi, il direttore si era dimesso. La società editrice ha eccepito in giudizio la tardività delle dimissioni per giusta causa, ma la sentenza ha stabilito che "..a parte il rilievo. relativo alla risultanza processuale di un forte incremento della prassi  negli ultimi tempi del rapporto di lavoro tra le parti, essa non riduce in alcun modo la lesività, sul piano professionale, dei comportamenti denunciati solo perché essi si sono ripetuti nel tempo, in quanto ognuno di essi è e rimane talmente grave da legittimare la reazione considerata"La redazione di articoli c.d. publiredazionali è infatti  totalmente preclusa al giornalista dall'articolo 44 del Cnlg secondo cui "allo scopo di tutelare il pubblico a ricevere una corretta informazione, distinta e distinguibile dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli, i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici. [.]"  Tale norma,  al fine di tutelare l'indipendenza e l'autonomia dei mezzi di informazione dal legame di soggezione che inevitabilmente si crea in ragione degli ingenti ricavi che la pubblicità offre, assegna specificamente ai direttori di testata l'obbligo di garantire la correttezza e la qualità dell'informazione, anche in virtù dei poteri previsti dell'articolo 6 del medesimo contratto collettivo.L'articolo 2 della legge professionale, inoltre, si chiude con l'enunciazione del dovere, per i giornalisti e per gli editori, di promuovere la cooperazione tra loro e la fiducia tra stampa e lettori. Se, dunque, il dovere di promozione della fiducia tra stampa e lettore riguarda anche l'editore, quest'ultimo non potrà richiedere al giornalista di venire meno ai canoni deontologici che gli sono propri e, nell'impostare il proprio lavoro imprenditoriale, dovrà anche tener conto di questo. Fiducia tra stampa e lettori non può aver altro significato che quello di instaurare con i lettori un rapporto impostato sulla verità, sulla lealtà, sulla chiarezza, come dovere del giornalista che confeziona il giornale e come esplicita finalità dell'editore che lo édita.Anche il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, organo preposto alla vigilanza sulle norme deontologiche, si è già più volte espresso in materia, o limitandosi ad emanare raccomandazioni indirizzate a tutti gli appartenenti alla categoria, o comminando precise sanzioni disciplinari nei confronti di coloro che si rendano inadempienti al rispetto di tali norme. Una tale impostazione deontologica trova le sue origini in una serie di interventi normativi volti a tutelare il consumatore dall'uso ingannevole della pubblicità occulta.A mero titolo esemplificativo, sarà opportuno  ricordare l'art. 4 del D.Lgs 74/92 (disciplina della pubblicità ingannevole), emanato in attuazione della direttiva 84/450/CE, secondo cui la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale e, con particolare riferimento alla pubblicità a mezzo stampa, deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione; l'art.7 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria sull'identificazione della pubblicità secondo cui la pubblicità deve essere sempre riconoscibile come tale e, nel caso in cui venga inserita in altre comunicazioni al pubblico, deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti; il Protocollo di intesa siglato a Roma il 14 aprile 1988 dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, dalla Federazione Nazionale della Stampa e dalle organizzazioni rappresentative dei pubblicitari e delle relazioni pubbliche.Date queste premesse, dunque, è quasi superfluo affermare che l'imposizione ad un giornalista della pubblicazione di articoli c.d. publiredazionali è fortemente lesiva della sua dignità professionale e, conseguentemente, causa di legittima di risoluzione del rapporto ai sensi dell'art. 32 del Cnlg. Tale articolo, infatti, prevede la possibilità per il giornalista di risolvere legittimamente il rapporto di lavoro al verificarsi di una situazione che, per fatti imputabili all'editore, risulti incompatibile con la sua dignità professionale. In tal caso al giornalista spetterà l'indennità sostitutiva del preavviso prevista dall'articolo 27 del Cnlg. 

Articolo 32 del Cnlg
Nel caso di sostanziale cambiamento dell'indirizzo politico del giornale ovvero di utilizzazione dell'opera del giornalista in altro giornale della stessa azienda con caratteristiche sostanzialmente diverse, utilizzazione tale da menomare la dignità professionale del giornalista, questi potrà chiedere la risoluzione del rapporto con diritto alle indennità di licenziamento (trattamento di fine rapporto e indennità di mancato preavviso).
Uguale diritto spetta al giornalista al quale, per fatti che comportino la responsabilità dell'editore, si sia creata una situazione evidentemente incompatibile con la sua dignità.
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