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Terremoto e Social Media

09/04/2009

I social media e i social network hanno avuto un ruolo fondamentale nel recente sisma che ha colpito l'Abruzzo. Italo vignoli, tra i più autorevoli esperti italani, ne analizza il fenomeno anche se "questi - come afferma lui stesso - sono gli articoli che non vorresti mai scrivere".

di Italo Vignoli


Questi sono gli articoli che non vorresti mai scrivere, perché non è bello discettare di social media quando ci sono centri abitati distrutti, centinaia di morti, migliaia di feriti, decine di migliaia di sfollati, e un’intera regione italiana annichilita per un evento catastrofico. Io sono di Assisi, e pur abitando a Milano ed avendo – per mia fortuna – evitato le scosse più violente del terremoto nel 1997, ho ancora scolpito nella memoria il giorno in cui sono stato svegliato nel cuore della notte dal rumore delle tegole che tremavano per quella che – a confronto – era solo una vibrazione.


Quindi, immagino lo stato d’animo di coloro che hanno reagito per primi, usando Twitter, lo strumento più rapido tra quelli disponibili nell’armamentario del social networker, per trasmettere alla comunità le proprie sensazioni su quello che stava accadendo.


Luca Conti comincia con “Scossa di terremoto a Senigallia”, seguito a breve distanza da Fabio Giglietto con “Terremoto avvertito forte a Urbino”. E non è ancora arrivata la scossa più violenta, a cui Vincenzo Di Biaggio reagisce con un laconico “Terremoto”. Siamo nel cuore della notte, e Vincenzo – che abita vicino a Chieti – comincia a dialogare con Giovanni Crescente, che sta ad Avezzano ed è più vicino all’epicentro. Leggendo a ritroso il flusso dei messaggi di Giovanni su FriendFeed si ha una sintesi degli avvenimenti, di prima mano, spontanea.


I giornalisti di VisionPost hanno pubblicato su Corriere.It un bell’articolo, che fa una cronaca abbastanza ricca degli avvenimenti visti dal popolo della rete, con un sacco di link. Naturalmente, i quotidiani online hanno incominciato a parlare del terremoto appena è stato possibile, ovvero a partire da lunedì mattina, man mano che le dimensioni della catastrofe si sono delineate con maggiore precisione. Lo stesso hanno fatto tutti i redattori dei siti di informazione, e tutti i “citizen journalist”. SkyTG24 ha diramato le note d’agenzia durante tutta la notte, e poi ha incominciato con i servizi in diretta.


Il primo social network a reagire è stato FaceBook, con la creazione di due gruppi dedicati al terremoto all’interno dei quali sono state raccolte – in modo spontaneo – le indicazioni per chi voleva aiutare. I primi messaggi risalgono alla notte stessa del terremoto, e sono ovviamente disorganizzati, anche se hanno rappresentato per ore l’unica fonte di informazioni per chi voleva donare sangue, vestiti, cibo, e dare il proprio aiuto alle popolazioni abruzzesi.


Con il passare delle ore, FaceBook ha incominciato a mostrare i propri limiti, che sono dovuti essenzialmente alla mancanza di coordinamento e moderazione, per cui sono iniziate le polemiche sui temi più disparati – dallo studio della geofisica all’esistenza di Dio – che hanno progressivamente ridotto l’efficacia dei messaggi di supporto. In questo momento, a quattro giorni di distanza dal sisma, è difficile orientarsi all’interno del sito per identificare i messaggi utili da quelli inutili. Per non parlare di chi ha cercato di utilizzare lo strumento a fini di sciacallaggio.


Dopo FaceBook sono arrivati i blogger, che hanno incominciato a pubblicare non solo le loro considerazioni sul disastro – più o meno razionali, a seconda del loro maggiore o minore coinvolgimento – ma anche delle pagine di servizio, come ha fatto Caterina Policaro, Catepol.
Sulla sua pagina, oltre a una serie di numeri e indirizzi utili, c’è anche una lista dei siti che forniscono lo stesso tipo di informazioni. Una cosa simile ha fatto anche la rivista Vita, che ha creato una pagina facile da stampare, per chi vuole ancora oggi avere a che fare con un pezzo di carta.


A questo punto, sono incominciate le iniziative più strutturate (ma non ufficiali), come il wiki di servizio che fornisce un elenco di tutte le informazioni necessarie.


La carta stampata è arrivata con più di 24 ore di ritardo, ovvero martedì mattina: in occasioni come queste, dove l’immediatezza assume un valore superiore a ogni altro fattore, è fin troppo facile dimostrare la superiorità di Internet rispetto a tutte le altre forme di informazione. Basta un cellulare avanzato per fare di ognuno di noi un giornalista in grado di scrivere un testo e corredarlo di immagini e video, e spedirlo o addirittura pubblicarlo online. Questo dovrebbe dare a tutti, e in modo particolare a coloro che sono più scettici sull’importanza dei media digitali, più di un elemento di riflessione.


Oggi, avendo bisogno di un numero di telefono per chiedere informazioni o di un codice IBAN per fare un bonifico, lo andreste a cercare online – magari sul sito della Protezione Civile – o su un quotidiano?


Io non ho dubbi. Peraltro, in Italia le autorità non hanno ancora compreso il ruolo fondamentale delle piattaforme web per la diffusione delle informazioni. Per esempio, la Croce Rossa Americana è su Twitter, e la Protezione Civile italiana – per altri versi, un esempio positivo – no. Però ci sono decine di gruppi su FaceBook, completamente scoordinati tra loro in quanto frutto dell’iniziativa dei singoli e non di un progetto coordinato.


I social media possono diventare uno strumento formidabile in occasione di eventi catastrofici, ma vanno analizzati e compresi per le loro specifiche caratteristiche, e sfruttati di conseguenza. Twitter è un canale di comunicazione eccellente, che può essere personalizzato in tempi brevissimi: bastano pochi clic per seguire un utente (che può essere un individuo, un ente o un’azienda, e tra queste inserisco i media) e pochi clic per abbandonarlo quando l’emergenza è finita.


I blog sono canali di informazione che possono essere costruiti in meno di un’ora, e alimentati senza la necessità di avere altri strumenti che un accesso a Internet e un browser (anche su un telefono cellulare avanzato). Per finire, ci sono i social network specifici per le piattaforme mobili, che sono ancora nella fase iniziale della loro evoluzione.


FaceBook, al contrario, ha una componente di “anarchia” che rischia di diventare preponderante in mancanza di un organismo di governo delle conversazioni, così com’è avvenuto in questo caso perché l’iniziativa è stata lasciata solo agli individui e non è stata coordinata. Certo, il compito non è facile, ma di fronte a enti come la Protezione Civile, probabilmente, la maggior parte delle persone accetterebbe un comportamento “diverso” e più strutturato rispetto alla norma dei social media.


Tutte le indicazioni relative ai siti citati sono aggiornate a giovedì 9 aprile. Tutto quello che succede dopo questa data può modificare completamente tali indicazioni.



Didascalie


In alto, TwitterSpectrum: il confronto tra i termini terremoto ed earthquake ci mostra che Twitter viene utilizzato soprattutto in inglese, in moltissimi casi anche da utenti italiani


In basso, FaceBook: la schermata iniziale del gruppo “non lasciamoli soli”


(Clicca sulle immagini per ingrandirle)
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