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Terrorismo fra informazione e comunicazione

01/06/2017

letizia526

Il tema della percezione, fortemente legato all’emotività del momento, riguardo la narrazione degli attacchi terroristici, ci ha indotto a riflettere su due facce della stessa medaglia: informazione e comunicazione che cercano ogni giorno di approfondire quanto sta accadendo nel mondo, troppo spesso indugiando su particolari che creano ulteriore ansia, o peggio ancora accendono riflettori sui terroristi indotti a continuare nella scellerata condotta di portare con loro un messaggio divino. Un approccio etico risulta fondamentale ed è su questo che faremo leva, questa volta non tratteremo di argomenti strettamente legati al #terzosettore.

La parola guerra, depauperata dal significato ancestrale ormai da diversi anni, è stata utilizzata in fin troppi  contesti che nulla hanno a che vedere con la violenza umana, ma ne ha certamente acuito la violenza verbale. Torna però in auge, soprattutto in Europa, da quando abbiamo iniziato a fare i conti con la nuova realtà che brutalmente ci circonda, quella terza guerra mondiale a pezzi, che si combatte a capitoli, evocata anche da Papa Francesco già nell’agosto del 2014. Diversi fin’ora gli attacchi terroristici a cui abbiamo assisto inermi e che riempiono ogni ora i media globali, una narrazione continua di una violenza che non riusciamo neanche ad arginare. Anzi, sembra quasi che per i media costituiscano terreno fertile per creare un filo rosso con l’utente che li riconosce come fonte (anche se spesso abbiamo visto che le fonti più accreditate restano sempre quelle operanti sugli scenari degli accadimenti) e richiede costanti approfondimenti.

Ciò comporta delle scelte editoriali che spesso possono essere discutibili tanto che negli ultimi giorni l’UNESCO, l’agenzia culturale dell’Onu, ha sentito la necessità di scrivere e pubblicare un manuale per giornalisti: “Terrorism and the Media”, 110 pagine su come coprire gli atti di terrorismo. Si è dunque reso necessario, visto il momento storico, scrivere nero su bianco alcune linee guida di comportamento per i media che raccontano la storia contemporanea spesso legata a grandi atti di terrorismo.

Ne ha parlato Anna Masera su La Stampa.it di ieri (30 maggio, ndr) e nei 21 punti chiave indicati a pag. 44 ne troviamo diversi in cui si raccomanda un comportamento responsabile rispetto l’approccio alla notizia: mantenere un senso di proporzione, evitare un approccio ideologico moralista che tenda a sfumare la realtà, evitare di dare dare troppa visibilità ai terroristi, rispettare la dignità delle vittime e soprattutto dei bambini, non tutte le parole possono essere utilizzate oggettivamente (guerra e  jihadismo, ad esempio), trovare un equilibrio tra il dovere d’informazione e privacy, correggere  gli errori immediatamente ed in maniera visibile, pubblicare immagini essenziali senza ricorrere al sensazionalismo.

keypoits

 

E’ ormai chiaro che pur colpendo un’area specifica è implicata comunque l’informazione globale e se mentre l’approccio globale è giustificato dalla ragione può un approccio di prossimità essere considerato etico? La realtà dei fatti porta a non considerare importanti atti di terrorismo che avvengono troppo lontani da casa e dalla nostra cultura e si tende a personalizzare la tragedia riconoscendola soltanto attraverso la decodifica di atti perpetrati verso i nostri simili per usi e costumi.  Tutto questo fa riflettere come ormai anche l’informazione abbia alzato l’asticella del “messaggio” e per farsi ascoltare il più a lungo possibile ricorre ad azioni molto più vicine alla comunicazione. Risulta fondamentale catturare l’emotività del momento ma questo atteggiamento porta verso il rischio di cedere alla propaganda del terrorismo, relegando l’informazione in secondo piano.

Rispetto agli avvenimenti di Manchester un’altra novità ha segnato un cambio di paradigma rispetto alla condanna delle azioni terroristiche da parte degli islamici moderati, sempre sulla scia dell’emotività che ha portato l’opinione pubblica a schierarsi pro o contro lo spot della compagnia telefonica Kwait Zain, oltre 3 milioni di visualizzazioni per il suo lancio coinciso nel giorno dell’avvio del Ramadan. Non certo un spot convenzionale per pubblicizzare vantaggiose tariffe, quanto un istant content che riporta direttamente a quanto accaduto solo qualche giorno prima ma che, soprattutto nel medio Oriente, è ormai storia quotidiana da anni. Piuttosto posiziona lo spot verso la crescita dei reputazione del brand, supera i confini e parla di contenuti contemporanei ad un pubblico fatto dalla globalità del pianeta visto che è divenuto subito virale sulla rete: Google Trend dà un picco massimo a 100 il 26 maggio, giorno della pubblicazione, per poi tornare a 79 il 28 maggio quando evidentemente è stato ricondiviso dai media e dei giornalisti d’Europa e non solo, commentato ed analizzato nel suo messaggio di pace. Su Twitter a spingere la viralità sono stati anche i commenti, divisi anche in questo caso fra pro e contro, oltre ai media. E’ anche interessante notare che sul canale Youtube, dove è comparso lo spot, più di 5 mila sono stati i dislike, non pochi se si considera che è più usuale scorrere senza lasciare traccia, contro i più di 60 mila i like di chi quindi ha voluto dimostrare la propria attenzione.

Profondo l’ossimoro dedicato allo spot: arma contro il terrorismo. Ne è destinatario del messaggio un pubblico medio, lo spot non ha certamente voluto rappresentare un’analisi politica ma parlare alla fascia di moderati. “L’uso di testimoni e non di testimonial non è per nulla banale. Risulta un’operazione narrativa estremamente efficace, così il professor Marangi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore intervistato da Vita.it. Ed in effetti il modello narrativo utilizzato, costruito in maniera molto simile ai videomessaggi dei terroristi del sedicente Stato Islamico, rappresenta anche una novità visiva almeno agli occhi di noi occidentali. Rappresenta comunque un nuovo inizio che speriamo possa iniziare a cambiare il modo di raccontare il terrorismo: non solo sangue e disperazione ma contenuti che aprano al dialogo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=U49nOBFv508

 
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