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The best is yet to come

08/11/2012

Un messaggio di speranza e fiducia. Da Michelle all’orgoglio americano senza dimenticare l’agenda dei prossimi quattro anni. Il discorso del neo rieletto presidente degli Stati Uniti, _Barack Obama,_ è stato uno dei migliori mai pronunciati per valore comunicativo. L’analisi di un cronista di eccezione, direttamente da Philadelphia, _Giacomo Possamai._

di Giacomo Possamai
Immigrazione, debito pubblico, guerra al global warming. Ma anche apertura ai repubblicani sconfitti e un appello al grande orgoglio nazionale americano. Ci sono molti elementi interessanti nel discorso della vittoria di Obama, pronunciato nella notte di mercoledì a Chicago. Partiamo con il dire che é stato uno speech di altissimo livello, per contenuti e capacità di trasmissione del messaggio. Uno dei migliori di Obama, da quando abbiamo imparato a conoscerlo anche in Europa, dai tempi dal celebre keynote speech alla convention democratica del 2004. Un po’ meno sognatore (senza rinunciare alla vena retorica tipica dei discorsi americani), più denso nel messaggio politico, molto intimo nella parte dedicata alla famiglia. Significativo il passaggio su Michelle, la moglie: “I have never been prouder to watch the rest of America fall in love with you, too, as our nation’s first lady”. Ed ha ragione il Presidente: la sua vittoria, in buona misura, è merito anche della donna che ha sposato. Si calcola che più del 55% delle donne abbiano votato per il candidato democratico, trascinate dal carisma della first lady. Per cui, se è vero che il coinvolgimento della famiglia nelle occasioni pubbliche è tipicamente americano, è ancora più vero che mai una first lady (se si toglie Hillary Clinton, per motivi diversi) ha avuto un ruolo di primo piano come Michelle Obama.
La parte politica ha invece due livelli di lettura. Il primo è quello più semplice: Obama ha effettivamente aperto ai repubblicani, annunciando che incontrerà Romney nei prossimi giorni per discutere assieme di quale sia il modo migliore “to move this country forward”. Il secondo è più legato alla realtà dei fatti: Obama presenta come una concessione quella che invece è oggettivamente una scelta obbligata. I repubblicani hanno la maggioranza alla Camera, per cui qualsiasi provvedimento dovrà essere concertato con loro.
D’altro lato il presidente appena rieletto è stato anche molto netto nel rilanciare i temi della sua agenda: una legge sull’immigrazione ormai non più procrastinabile, la riforma fiscale, il taglio del debito pubblico che pende come una spada di Damocle sul bilancio degli States, l’energia pulita e la lotta al riscaldamento globale. Ha rivendicato l’approvazione della riforma sanitaria, raccontando l’episodio di una bambina dell’Ohio, malata di leucemia, cui l’assicurazione non avrebbe più pagato le cure. Un segnale di forza, anche comunicativa: i provvedimenti li dovrò concertare anche con i repubblicani, ma non arretro di un millimetro.
Ma il filo conduttore dello speech è stato, senza dubbio, l’esaltazione dell’orgoglio americano. Dell’idea che ci si può combattere duramente e senza sconti per mesi, ma il giorno dopo ci si ritrova tutti sotto la stessa bandiera. Al netto della retorica, è un dato di fatto nella storia degli Stati Uniti d’America: per quanto acceso possa essere il dibattito esterno nessuno mette mai in dubbio l’unità nazionale. Perché, dice Obama, “noi condividiamo un terreno comune di sogni e speranze”.
La chiusura del discorso, molto sottolineata dai media americani, è stato di ottimismo per il tempo che gli Stati Uniti hanno davanti. Attraverso le due frasi chiave “il meglio deve ancora venire” e “non sono mai stato così fiducioso sul futuro dell’America”.Un messaggio forte, di speranza e convinzione, che il presidente lancia ad un Paese che si sta ancora leccando le ferite causate dalla più grave crisi dal ’29 ad oggi. Perché qui la ripresa inizia ad esserci davvero (+2% Pil), ma i prezzi da pagare sono stati salatissimi. Soprattutto per la numerosissima middle class americana. E Obama, che vinse quattro anni fa con “hope” and “change”, sa che buona parte dei cambiamenti che aveva promesso devono ancora arrivare. Con il voto di martedì, gli americani gli hanno concesso un altro mandato per finire quello che ha iniziato.
Fonte: Medialab
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