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Un cinguettio per farsi sentire

25/01/2012

lo ha sostenuto Riccardo Luna, concludenddo l'incontro _La comunicazione e la lobby al tempo di Twitter,_ organizzato lo scorso 19 gennaio a Roma dalla delegazione Ferpi Lazio. Professionisti ed esperti si sono confrontati sul ruolo culturale e politico di Twitter.

di Alessandra Buccini Pietrantonio
Per dirla con Riccardo Luna, se i tweet fossero davvero cinguettii, l’altra sera, nella Sala Colonne della LUISS Guido Carli, avreste sentito un rumore assordante. Perché il convegno organizzato dal Delegato Ferpi per la regione Lazio, Cristina Marchegiani, e l’ Associazione Laureati Luiss su La comunicazione e la lobby al tempo di Twitter non solo ha visto intorno allo stesso tavolo alcuni autorevoli professionisti come Lelio Alfonso, Vincenzo Cosenza, Roberto Cotroneo, Pierluigi Dal Pino, Paola Diana, Alessandra Giraldo, Nicola Mattina, Stefano Menichini, Roberto Rao, Luigi Ricci, Mario Rodriguez, Claudia Vago, Augusto Valeriani), ma ha attirato un ampio pubblico di oltre 150 persone: giornalisti, studenti, professionisti e curiosi. Tutti armati di smartphone, i-pad, i-phone, tablet, netbook, Mc book: l’avanguardia della tecnologia. Sembravano voler dire: vedete, l’Italia non è poi così indietro. E i numeri, d’altronde, danno loro ragione. Italia che fino a pochi mesi fa si limitava a 350 mila utenti attivi su Twitter, ora, dallo scorso settembre, si vede anche lei protagonista di una crescita straordinaria: più di 2 milioni di Twitter users.
Motivi del cambiamento? Tanti e diversi, secondo gli intervenuti. Tra questi, secondo Vincenzo Cosenza – digital PR – i media hanno sicuramente avuto un ruolo di primo piano. E in particolare, “l’effetto Fiorello” ha contribuito non poco. Rosario, complimenti. Non a caso c’è anche lui nella classifica dei trend top follower italici sviscerata da Luigi Ricci, barometro di professione, che lo mette al terzo posto, subito in coda a Jovanotti e Valentino Rossi. Miti incrollabili, tutti e tre, di questa generazione senza più età: quella del world wide web. Le classifiche continuano: ai primi posti tra i giornalisti con più followers ci sono Beppe Severgnini, Alfonso Signorini ( che, tra l’altro, è quello con il più alto klout score: cioè la misura della capacità di influenzare e amplificare i contenuti dei messaggi nella propria rete sociale), e Roberto Saviano (ex feisbucchiano recentemente folgorato sulla via di Twitter). E ancora: tra i giornalisti primi in classifica per numero di tweet: Fabrizio Goria, Gianni Riotta e Stefano Menichini. Se i numeri e gli elenchi dopo un po’ spiazzano il popolo dei telefoni intelligenti e delle parole veloci, la riflessione che ne esce in seguito è degna del miglior tweet, breve, dritta al punto: “Insomma” interviene Luna “ è questo il giornalismo moderno?”. “In parte, sì”. Ammissione con riserve, quella di Roberto Cotroneo, LUISS Scuola Superiore di Giornalismo. Che d’altra parte continua a non voler osannare l’utilizzo un po’ vanesio che i suoi colleghi fanno del nuovo medium. “Molti usano Twitter come fosse una loro testata personale”, dice. Annuisce Lelio Alfonso, genio prestato all’editoria. Come dar loro torto. Insomma, lati oscuri, ma anche e soprattutto aspetti positivi e innovativi per quello che Claudia Vago (in arte Tigella) definisce uno “news – più che social – network”. Lei, social media curator, che quindi di social se ne intende. “ Io seguo persone per cercare di capire quali sono le fonti affidabili da cui prendere notizie dirette. Su Twitter arriva tutto prima. Basta saper trovare le notizie giuste”. D’altronde, osserva Nicola Mattina, “i social media cambiano addirittura la formazione dell’agenda setting”. Insomma, nuove fonti, nuove professioni e nuove prospettive. Una rivoluzione culturale, ma anche politica, come la definisce Augusto Valeriani, docente dell’Università di Bologna. Perché Twitter è un ambiente in cui si fa “storytelling collettivo” e la politica, nel bene o nel male, deve esserci. Deve partecipare al racconto della storia, senza tuttavia poterla più controllare direttamente. Niente più marketing sterile, niente più marchette. Questo nuovo mondo di relazioni richiede autenticità, trasparenza. “È finito il concetto di target come bersaglio passivo” incalza Mario Rodriguez, MR e Associati. Ora la politica può, anzi deve, cercare il consenso in rete. Roberto Rao la vede come un occasione per essere più presente sul territorio, un’opportunità per ascoltare le esigenze dei propri elettori. Se rivoluzione non è, poco ci manca. E se per alcuni aspetti Twitter si presenta come un ambiente inospitale, spaventoso persino – Stefano Menichini osserva ridendo: “ Ci rendiamo conto quando mandiamo un tweet che quel messaggio può finire in tutto il mondo??? Ormai se scrivi una cretinata sei finito!” e Mario Rodriguez rimarca il concetto con un’efficace metafora “mi sento come un gattino attaccato al golf del padrone” – d’altronde il nuovo che avanza va accolto. Senza troppi timori. Da bravo moderatore, Riccardo Luna conclude ricordandoci che oggi, perché una cosa diventi davvero importante, deve finire in rete. Altrimenti, muore là. Il numeroso pubblico dei “telefoni intelligenti” lo ha capito.
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