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Un dialogo aperto tra giornalisti e relatori pubblici

19/04/2011

Competenza e professionalità: sono due delle parole chiave emerse dal confronto tra relatori pubblici e giornalisti, organizzato da Ferpi, nell'ambito del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Perché, in uno mondo dove lo scenario dell’informazione è in continuo cambiamento, la collaborazione fra le due professioni non è più una scelta ma una necessità. La riflessione di _Daniele Salvaggio._

di Daniele Salvaggio
Quello che una federazione come Ferpi dovrebbe continuamente fare nei confronti non solo dei propri associati ma anche verso il mondo degli stakeholder e delle istituzioni, è di porsi come interlocutore privilegiato, proponendo temi ed approfondimenti che siano in grado di valorizzare le aspettative di tutti quei professionisti che credono nel nostro mestiere.
Il dibattito Ferpi organizzato il 13 aprile durante il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia ha prodotto, come già accadde nel mese di dicembre a Milano, in occasione di un confronto simile, in termini di temi e di relatori, spunti molto interessanti che hanno mostrato quanto sia utile il dialogo e l’interazione tra due mondi da sempre molto vicini ma mai veramente uniti.
Le due professioni, giornalisti e relatori pubblici, devono oggi tenere conto dell’evoluzione della domanda di informazione, sempre più multicanale, veloce, individualizzata e sempre più spesso orientata al sensazionalismo. Di fatto quello che è cambiato è l’approvvigionamento delle notizie che ha permesso al lettore di essere decisamente più scaltro ed informato rispetto al passato.
Da un lato quindi accanto ai media tradizionali si sono affiancati i new media che hanno cambiato le logiche di un’informazione unidirezionale e centralizzata; dall’altro i comunicatori, anche se maldestramente ancora capita di sentirli definire PR, stanno acquisendo un ruolo sempre più strategico e determinante, inserendosi nelle maglie decisionali e nelle scelte del business. Questo ruolo però non è ancora stato ben compreso o focalizzato dai giornalisti.
Internet ha rotto le frontiere ed ha permesso di moltiplicare le fonti di approvvigionamento delle notizie, di raggiungere una molteplicità di persone, con il rischio globale di non riuscire a controllare chi scrive e cosa scrive. Per questo è emerso un primo importante punto di raccordo tra le due professioni, quello cioè di alzare sempre di più l’asticella della competenza e della professionalità. Occorre che si lavori per fornire dati e notizie il più possibile corrette e veritiere, utilizzando per altro anche un linguaggio più sofisticato o consono a quello che desidera oggi il lettore, un vero e proprio cacciatore di notizie, acculturato, che ama viaggiare, che si scambia esperienze e si confronta.
Il rischio che a contare ed ad influenzare siano più i blogger che i giornalisti c’è, perché la disintermediazione è ormai un dato di fatto, e di certo non si può pensare di armonizzare il “sistema informazione” solo attraverso i canali tradizionali. I comunicatori dal canto loro devono lavorare molto sull’etica e sul valore di quello che trasmettono, proprio perché il relatore pubblico non è più e forse nella propria identità non lo è mai stato, un “negoziante di notizie” da far pubblicare a tutti i costi, è invece un professionista che ha il compito non solo di credere in quello che comunica ma anche di scegliere le modalità e le strategie più adeguate, personalizzandole al target di riferimento. Non è più pensabile oggi inviare un comunicato stampa in copia conoscenza nascosta ad una mailing immensa di giornalisti e sperare che la riprendano evidenziando i messaggi che noi abbiamo in testa, o quelli che pensiamo possano soddisfare i nostri clienti.
In che modo quindi possiamo evitare strumentalizzazioni in grado di compromettere la qualità dei nostri prodotti a discapito dei lettori e delle aziende?
L’investimento pubblicitario, più volte toccato dai relatori durante le due ore di dibattito, è ancora un’arma a disposizione, ma oggi più che mai è a doppio taglio: tu mi tratti bene io investo, tu mi screditi, io disinvesto. In questo senso quello che veramente conta è la percezione di quello che significa trattare bene o trattare male. Se, come ha dichiarato il Direttore de L’Unità, Concita De Gregorio, “trattare male significa difendere il diritto di cronaca e riportare alla luce i fatti così come sono accaduti” non ci sarà mai un rapporto alla pari con i comunicatori. Ridurre, o in alcuni casi eliminare completamente, l’investimento pubblicitario verso un giornale solo per un atto di rivalsa, perché si pensa di aver subito un torto mediatico, non qualifica certamente il ruolo del relatore pubblico, il quale a sua volta è comunque libero ed indipendente nello scegliere quale budget usare e come diversificare il proprio investimento verso gruppi editoriali differenti.
I relatori pubblici oggi hanno come obiettivo quello di creare, consolidare e sostenere i sistemi di relazione tra l’organizzazione per cui lavorano e i principali pubblici influenti. Per raggiungere questi propositi hanno certamente bisogno dell’aiuto dei giornalisti. Per tale motivo, collaborazione tra le due categorie non è più solo una scelta, diventa bensì una necessità.
Etica, monitoraggio delle informazioni, codifica delle tendenze, relazione e scambio di esperienze e di valore, questi sono i nuovi elementi in grado di performare il rapporto tra giornalisti e relatori pubblici ad un livello qualitativamente più elevato rispetto al passato, rispettando quella che oggi è diventata una realtà imprescindibile: la multicanalità e la velocità dell’informazione.
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