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Un mestiere fatto di relazioni

26/10/2010

Il caso Arpisella continua a far discutere. _Daniele Salvaggio_ commenta l’editoriale di _Enrico Romagna-Manoja_ . Un invito alla riflessione sul legame, sempre più controverso, tra giornalismo e comunicazione.

di Daniele Salvaggio
Leggendo l’editoriale di Enrico Romagna-Manoja su Il Mondo del 29 ottobre dal titolo Quanto è difficile fare il portavoce non ho potuto fare a meno di riflettere sul tipo di relazione che oggi lega il mondo del giornalismo con i professionisti della comunicazione.
Da giornalista mi è sempre stato insegnato che alla base di un buon articolo ci deve essere la verità alimentata dalla completezza dell’informazione. Avendo lavorato per alcuni settimanali sono stato abituato, inizialmente costretto, a cercare l’approfondimento, una ricostruzione che permettesse al lettore di farsi un’idea obiettiva, più possibile circoscritta ai fatti, mettendo però sempre al centro il rispetto nei confronti delle persone. Accade troppo spesso invece, che la stampa utilizzi in modo strumentale il proprio potere per alterare la verità, o quanto meno dilatare la notizia in modo pregiudiziale. Il che crea un’anomalia abbastanza evidente, alle volte quasi imbarazzante, nelle dinamiche relazionali con l’altra massa critica del mondo della comunicazione: i relatori pubblici.
Questi ultimi vengono spesso etichettati come venditori di fumo, come dei politici della notizia i quali, come evidenzia anche il direttore Manoja nel suo editoriale, spesso fanno un uso strumentale delle politiche di investimento pubblicitario dei gruppi che rappresentano, per forzare la mano, pilotare le uscite, e soprattutto le non uscite. In entrambi i casi viene dimenticato un elemento utile non solo nel lavoro ma nella vita in genere: la trasparenza nei rapporti.
Nella vicenda che ha portato alle dimissioni del portavoce del Presidente di Confindustria, ha probabilmente prevalso il gioco di potere a scapito della professionalità e del rispetto dei ruoli. Sarà forse utopia ma credo ancora fermamente che si possa essere bravi nel proprio mestiere seguendo quei valori filantropici legati al rispetto e alla valorizzazione delle persone. Certamente oggi viviamo in una società contaminata da tanta mediocrità, dalla via facile, dall’apparenza come biglietto da visita più importante, tuttavia il rispetto e la considerazione sono ancora valori che riescono ad emergere, e alla lunga a portare dei risultati. E’ difficile fare il portavoce, è difficile essere un buon relatore pubblico, è certamente più facile sentirsi forti e quindi più potenti quando si hanno alle spalle grandi Gruppi o personaggi influenti. Come afferma giustamente anche il direttore de Il Mondo, tutto passa, tutto può cambiare repentinamente, mentre quello che rimane è la considerazione, positiva o negativa, che si ha nei confronti dell’uomo e del professionista. Questa considerazione è la nostra impronta digitale, è quello che lasciamo quotidianamente agli altri, è il nostro specchio. Se mancano rispetto, lealtà e professionalità, quello che vedremo riflesso difficilmente piacerà a noi, e tantomeno agli altri.
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