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Una campagna elettorale e un paese senza speranza

10/01/2013

“Troppo concentrati sui mezzi, i protagonisti sembrano essersi dimenticati del messaggio”. Lo afferma, non senza preoccupazione, _Andrea Ferrazzi_ che alla vigilia delle elezioni politiche, si domanda se i candidati sapranno dare una svolta a questa campagna con una visione convincente e coinvolgente, supportata da una struttura comunicativa solida.

di Andrea Ferrazzi
C’è un’assenza ingombrante in questo avvio di campagna elettorale: tanti
offendono, pochi parlano di programmi, nessuno cerca di dare un po’ di
speranza ai cittadini provati da una crisi economica epocale e immersi in un clima di sconforto generalizzato. D’accordo: sarebbe troppo pretendere di vedere all’opera un “Obama made in Italy”, un leader che abbia il coraggio di dire al paese: Yes, we can. E, magari, anche di indicare come possiamo superare questo momento, offrendo una visione che riesca a parlare al cuore, e non solo alla pancia o alla testa, degli elettori. Invece assistiamo, non senza un po’ di sbigottimento, a un dibattito incentrato quasi esclusivamente sulla delegittimazione degli avversari, in un revival pericoloso delle precedenti elezioni politiche. Pericoloso perché, forse qualcuno lo avrà notato, i partiti e le istituzioni non godono di una grande considerazione tra i cittadini.
Per carità, può essere una strategia di comunicazione: alzare il livello
dello scontro, sperando che questo possa incentivare i cittadini a recarsi alle urne. Funzionerà? Basterà dire agli elettori di centrodestra che Monti e Bersani rappresentano un pericolo mortale per superare l’apatia nella quale sembrano essere sprofondati? E specularmente: funzionerà l’antiberlusconismo di ritorno che il partito democratico sta giocoforza utilizzando, nonostante le diverse intenzioni del suo segretario? E ancora: riuscirà il premier uscente Mario Monti a comunicare la sua agenda e la sua (presunta) diversità, con un linguaggio che al momento sembra più da ragioniere che da leader politico? Ma soprattutto: perché nessuna delle forze in campo opta per un messaggio di speranza per un paese in sofferenza? Perché nessuno propone una narrazione che sia anche emotivamente forte e coinvolgente, che offra una visione credibile e auspicabile, che sappia coniugare politics e policies?
Forse avrà ragione chi ripropone strategie consolidate, nonostante le mutate condizioni storiche. Forse, davvero, agli elettori italiani piace la spettacolarizzazione del confronto politico, anzi dello scontro senza esclusione di colpi e combattuto con ogni mezzo a disposizione. Forse essere anti-qualcosa (antiberlusconiani, antimonti, anticomunisti, antiricchi) garantisce performance elettorali migliori. Forse, cavalcare l’onda antipolitica, pur essendo a tutti gli effetti parte del sistema politico, fa guadagnare voti, nonostante le accuse di populismo che, ovviamente, non mancano mai.
Forse, però. La mia impressione è che, al momento, a prevalere sia il grigio o, meglio, il grigiore. Il rischio è che questa campagna elettorale assomigli sempre più alla notte hegeliana, in cui tutte le vacche sono nere. Manca una stella che infonda una luce di speranza e che permetta di delineare uno scenario in cui credere. Troppo concentrati sui mezzi (la televisione di Berlusconi, i manifesti di Bersani, i social media di Monti), i protagonisti sembrano essersi dimenticati del messaggio. Sapranno (e soprattutto vorranno) rimediare a questa lacuna, proponendo finalmente una visione convincente e coinvolgente? Certo, è più difficile costruire una campagna elettorale con messaggi propositivi che siano anche emotivamente stimolanti. Ma ricordate la favola dei tre porcellini? Se arriva il lupo dell’antipolitica, magari reso ancora più pericoloso da scandali e inchieste, non è meglio ripararsi in una struttura (comunicativa) solida
anche se realizzata con maggiore fatica?
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