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Verso l’assemblea Ferpi: le risposte che mi do

19/04/2011

Continuano gli interventi in vista dell’assemblea elettiva del 17 giugno. _Giovanni Landolfi_ si pone delle domande sul futuro della federazione, mettendo l’accento sulla questione del lavoro.

di Giovanni Landolfi
Sono un giovane socio cinquantenne e mi so dare qualche risposta. Leggo le riflessioni in vista dell’assemblea Ferpi, la prima da quando sono iscritto. Vi trovo cose che condivido e cose che mi sorprendono. Condivido, per esempio, le perplessità sul metodo di cooptazione del nuovo presidente (post di Alessandro Magnoni): lo trovo anch’io strano, ma non sono così addentro alle questioni organizzative per derivarne un giudizio. Mi sorprendono, invece, le domande sulla questione dei mille (Carmelo Stancapiano), su cui potrei elencare tutta una serie di risposte, che sono le ragioni per cui mi sono iscritto alla Ferpi a 50 anni invece che a 25. Mi limito a citarne due.
La prima è l’autoreferenzialità. Basta leggere il commento di Giancarlo255 all’intervento di Stancapiano, quando dice che “sono mille tra i più autorevoli professionisti italiani” e “la gran parte dei direttori comunicazione della aziende più importanti del Paese ecc”. Bene, io non faccio parte né dell’una né dell’altra categoria e ne avverto esattamente la distanza: dal dibattito preassembleare fino a quello professionale, la maggioranza dei temi toccati non mi riguardano, non mi aiutano e nemmeno li capisco. Anzi, a volte (preciso: “a volte”, come prima ho detto “la maggioranza dei temi”. C’è del buono ed è per questo che mi sono iscritto), a volte, dicevo, non capisco nemmeno i contenuti del magazine Ferpi, spesso scritti in un linguaggio da iniziati.
La seconda riguarda il lavoro: un tema assente da tutto. A partire dal Codice deontologico, dove si evocano impegni a tutti i livelli e verso tutti i pubblici, meno che verso i lavoratori. Perché non dire, chessò, che “l’iscritto rispetta il lavoro dei colleghi e nelle relazioni con i subordinati adotta un atteggiamento trasparente, corretto e leale”? Che non vuol dire che non si possano cazziare i paraculi (redarguire i fannulloni?) e nemmeno assumere tutti a tempo indeterminato, ma mantenere la parola se si promette un contratto o un aumento di stipendio sì, così come evitare di lasciare a casa una donna prossima al matrimonio “perché poi fa un figlio e chi la vede più”. Capisco che siano questioni parasindacali (oltre che di decenza), ma se non si entra nel terreno del lavoro l’associazione rischia di fare accademia: pensiamo a quello che succede nel mondo dell’editoria, con i giornalisti assunti, da una parte, e, dall’altra, i collaboratori che per un articolo ricevono “fino a 4 euro lordi per un massimo di 999 caratteri” (ultima direttiva del Gruppo Caltagirone: sì l’ingegnere, quello che sta gestendo la tempesta Generali). Oppure finisce per rappresentare solo una fetta, limitata, di professionisti: quelli autorevoli, affermati e con il posto fisso. Saranno un migliaio.
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