Benita Steyn, docente di Relazioni Pubbliche all'Università di Pretoria e autrice di quel bel manuale Corporate Communication Strategy del 2003 che avevamo allora recensito su questo sito, in un recente lavoro non ancora pubblicato afferma che......reporting lines to the chief executive officer (CEO) or another senior manager is not a good indicator of their (public relators ndr) strategic contribution to decision-making; they (public relators ndr) can make a bigger strategic contribution in large PR departments where technical tasks can be delegated.In sostanza, dice la studiosa sudafricana, la sola dipendenza diretta dalla leadership dell'organizzazione non autorizza l'analista a ritenere che il relatore pubblico svolga un ruolo strategico in quella organizzazione. Anzi - insiste - è possibile che quel ruolo possa essere svolto meglio dall'interno di una direzione relazioni pubbliche ove i ruoli tecnici e manageriali possono essere delegati. E' una riflessione interessante perché contribuisce a minare alla base l'assunto su cui per anni nel mondo (e anche in Italia) si sono basate le ricerche sui diversi ruoli delle relazioni pubbliche nelle organizzazioni: e cioè che la semplice risposta si' al quesito se il responsabile delle relazioni pubbliche in una organizzazione dipende o meno dal suo vertice, sia sufficiente per attribuirgli -ipso facto- una funzione strategica. In effetti, se è vero che, allo stato conosciuto degli studi di oggi, la funzione strategica delle relazioni pubbliche in una organizzazione si realizza quando il relatore pubblico a) partecipa alla coalizione dominante apportandovi un contributob) riflessivo e/oc) educativo (o come lo chiama Emanuele Invernizzi, consulenziale),la questione della dipendenza formale del professionista assume una importanza relativa.Se la funzione riflessiva si esplica nell'ascolto e nella interpretazione delle aspettative di quegli stakeholder sui quali l'organizzazione produce conseguenze; oppure che, a loro volta, producono conseguenze sulla organizzazione; e quella educativa/consulenziale si manifesta quando il responsabile delle relazioni pubbliche -consapevole di non potere gestire direttamente e verticalmente tutti i comportamenti comunicativi dell'organizzazione - abilita orizzontalmente, con linee guida, competenze e risorse dedicate, gli altri responsabili di funzione ad implementare direttamente i loro programmi tesi a migliorare coerenti sistemi di relazione con i rispettivi stakeholder, ne consegue che quei questionari ai quali ci siamo abituati per mappare i ruoli organizzativi devono essere assai più sofisticati di quanto non siano oggi. Il che non esclude affatto l'utilità di conoscere la dipendenza gerarchica del responsabile della funzione, ma sicuramente include e aggiunge, prima di potergli attribuire un ruolo strategico, la necessità di andare più a fondo per capire le modalità con cui quei compiti vengono effettivamente svolti. Infatti, tutti siamo testimoni di diversi casi in cui il direttore della comunicazione dipende direttamente dal vertice ma é chiamato a svolgere soltanto un ruolo manageriale oppure, con maggiore frequenza e soprattutto nelle organizzazioni meno complesse, meramente tecnico/operativo (ad esempio, relazioni con i media oppure attività di rappresentanza di interessi). Per capire ancora meglio, suggerisco che dobbiamo articolare la nostra analisi facendo riferimento ai flussi dei processi decisionali dell'organizzazione. In particolare, il responsabile delle relazioni pubbliche svolge un ruolo strategico quando le sua funzione riflessiva e/o quella educativa/consulenziale si esercita anche prima che la coalizione dominante decida gli obiettivi operativi da perseguire - pur all'interno di un quadro di finalità condivise definite dal (&si suppone avvenuto) processo di envisioning:°missione (cosa sono),°visione (cosa voglio diventare fra tre-cinque anni),°valori guida (quali valori rispetto nel tragitto dalla missione alla visione) e°strategia (come intendo compiere quel tragitto).In questo senso la coalizione dominante sviluppa processi decisionali inclusivi (poiché tiene conto delle aspettative degli stakeholder) e assicura un ombrello di coerenza a tutti i comportamenti comunicativi della organizzazione, e l'insieme produce decisioni di qualità migliore e più rapidamente implementabili. E qui si profila ben distinta la nostra nuova frontiera.Toni Muzi FalconiToni Muzi Falconi delinea una nuova frontiera.