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Welcomebank è già oggi il 10 per cento del mercato bancario

10/01/2006

Di Enzo Mario Napolitano (*)

Un recente comunicato stampa dell'Abi (l' Associazione bancaria italiana presieduta dal biellese Maurizio Sella) era titolato "Banche: immigrati, tra 10 anni, oltre 3 milioni di conti". Un comunicato che riprendeva ed enfatizzava il discorso svolto di Giuseppe Zadra, direttore dell'organizzazione di categoria, a sostegno del "migrant banking" con argomenti di tutto interesse: il 57,3% degli immigrati in Italia è già cliente di una banca come meglio dettagliato da una ricerca commissionata dalla stessa Abi. Ma soprattutto, secondo Zadra, tra dieci anni in Italia vi saranno  "oltre 3 milioni di conti correnti di immigrati, circa il 10% dei conti in Italia". Non è certamente la prima volta che l'Abi affronta con forza il problema/opportunità della relazione tra banche e immigrati. Negli ultimi due anni l'organizzazione presieduta dal biellese Sella si è più volte comportata come macro-marketer con la missione di stimolare il mondo bancario (forse troppo impegnato nel grande monopoli delle acquisizioni) a cogliere l'opportunità offerta dalla bancarizzazione dei migranti. Solo due anni fa la situazione era talmente deprimente da venire così descritta da Toni Muzi Falconi (all'epoca presidente della Ferpi) che stava preparando il suo intervento alla prima edizione del convegno welcomebank tenutosi a Biella nell'ottobre 2003: "Avevo inviato ad alcuni amici, direttori della comunicazione delle principali banche italiane, il quesito se avessero già attivato una politica della diversità oppure, in caso di risposta negativa, se pensavano di farlo a breve-medio. Soltanto uno rispose dicendo che la sua banca ci stava pensando. Gli altri neppure risposero, perchè non capirono la domanda: perché mai dovremmo avere una politica della diversità?". Improvvisamente nel giugno 2004 l'Abi ha organizzato nella sede romana il convegno nazionale denominato "Migrant banking" e in quella occasione (dove abbiamo l'opportunità di presentare il progetto welcomebank) Zadra aveva dichiarato "le banche italiane sono pronte a fornire servizi ad hoc per gli immigrati, per rendere sempre più accessibile ed efficiente l'accesso in banca anche a chi arriva in Italia da altri paesi. Per le banche l'apertura dei servizi bancari agli immigrati rappresenterebbe anche una risorsa e un'opportunità di sviluppo oltre che un'attività di grande valore per non meno importanti aspetti sociali".
Nel novembre 2004 nel corso del convegno intitolato "Investing in microcredit: the role of banks" ancora Zadra aveva dichiarato "Abi potrebbe ad esempio sviluppare un focus sugli immigrati, con l'obiettivo di sviluppare una campagna di bancarizzazione di tale clientela; l'Associazione potrà promuovere accordi con partner strategici, riconosciuti e  rappresentativi della nuova clientela per svolgere attività congiunte di sensibilizzazione e bancarizzazione".
Ma allora perché se questo mercato è così interessante nessuna banca ha sinora avviato una campagna di comunicazione a livello nazionale? Perché solo poche banche (leggi in merito la ricerca "Il risparmio invisibile" scaricabile da www.etnica.biz) hanno messo in distribuzione prodotti per migranti o aperto sportelli a loro dedicati? Forse perché sono tutte sinceramente convinte dell'opportunità etica di sviluppare solo prodotti universali e non prodotti-ghetto? O forse perché, come dichiarato nell'aprile 2005 da Maurizio Panetti di AT Kearney a Il Sole 24 Ore, "Il problema della bancarizzazione degli immigrati si collega anche alla necessità di creare un modello di servizio a costi contenuti. Un cliente retail italiano porta in media alla propria banca un profitto annuo di circa 200 euro. Uno straniero con un basso livello di alfabetizzazione bancaria, invece, genera all'istituto un margine teorico di 50 euro, ma a fronte di costi più elevati di tre-quattro volte". Probabilmente la maggior parte dei banchieri pensano gli immigrati che hanno bisogno di un conto corrente o di un mutuo diventino comunque clienti anche senza spendere (sprecare?) soldi in alfabetizzazione bancaria, comunicazione multilingue, mediatori culturali, formazione del personale di sportello, assunzione di personale migrante e altre amenità buoniste (e un po' non global), costose e in conclusione inutili. Tutto vero (forse) sino a quando qualche grande gruppo bancario non avvierà come da mesi si rumoreggia una massiccia campagna sui media nazionali o, addirittura, non fonderà la prima banca italiana per immigrati. Allora, solo allora, tutte le paure di perdere clienti cattolici e di destra o di "sporcarsi" l'immagine offrendosi a clienti di serie B (a volte trattati proprio come i rifiuti umani codificati da Zygmunt Buamann) scomparirebbero di colpo e a tutti i bancari verrebbe affidata la missione di conquistare il più in fretta possibile una parte di quel 10% della clientela del futuro. Improvvisamente gli immigrati diventerebbero il target-bersaglio da colpire, le cash-cow da mungere, il budget da raggiungere, la nuova frontiera del business. Ma quanto tempo necessiterebbe ancora attendere per vedere i migranti conquistare in banca quella cittadinanza che viene loro negata dalla politica? O diventare i clienti intorno a cui disegnare la banca? E soprattutto le risorse umane da selezionare, formare e motivare? Quanto tempo dovremmo attendere per vedere un migrante di seconda generazione diventare direttore di banca?  Loro sono pronti. Lo ha ben chiarito la recente ricerca del Cnel che ha rilevato come il 48% degli italiani di prima generazione (cominciamo a chiamarli così) sia intenzionato a laurearsi, il 46,7% voglia essere messo alla prova e il 34,8% sia alla ricerca di un lavoro creativo. Ci sono tutte le condizioni per pensare un nuovo modo di fare banca: la welcomebank.
Una banca in grado di ascoltare, servire, valorizzare e responsabilizzare tutte le identità ora trascurate (gay, portatori di handicap, non vedenti e migranti) senza ghettizzarle con prodotti, sportelli o banche riservate.
Per dare visibilità e merito ai migliori prodotti welcome, abbiamo pensato di istituire l'osservatorio "welcomebank" che, oltre a monitorare  l'evoluzione del mercato, assegnerà ogni anno (a partire dal prossimo 13 ottobre 2006) il premio alla migliore azione di marketing e comunicazione sviluppata in ambito bancario, assicurativo e finanziario.
(*) Enzo Mario  Napolitano, Etnica la scuola per l'economia interculturalewww.etnica.biz  scuola@etnica.biz 
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