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AgCom: stop ai processi in tv

05/02/2008

Il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, presieduto da Corrado Calabrò ha indirizzato un richiamo alla RAI al rispetto dei principi di completezza e correttezza dell'informazione, di obiettività, equità, lealtà, imparzialità pluralità dei punti di vista e osservanza del contraddittorio

L'intervento dell'Autorità, secondo quanto previsto nell'Atto di indirizzo della Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi, si fonda, anche in seguito di esposti ricevuti da più parti, su un esame del ciclo del programma "Anno Zero" ed in particolare sugli episodi riferibili alle puntate del 4 ottobre, 6 e 20 dicembre 2007, che sono risultate non in linea con i criteri fissati nell'Atto d'indirizzo, per quanto riguarda i profili relativi al rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento nella conduzione del contraddittorio.
L'Autorità ha quindi richiamato la Rai, per il prosieguo del programma, al rigoroso rispetto delle norme. L'Autorità vigilerà sull'ottemperanza al richiamo e in caso di ulteriori violazioni richiederà alla RAI di attivarsi nei confronti dei dirigenti responsabili.
"Il Consiglio ha ritenuto che le suddette puntate non fossero in linea con i principi già stabiliti dalla legge, principi d'imparzialità. Il Consiglio ha richiamato formalmente la Rai al rigoroso rispetto delle norme. In caso contrario procederemo con provvedimenti sanzionatori", così si è espresso oggi in Via delle Muratte il presidente Corrado Calabrò, durante la conferenza stampa per la presentazione dell'atto d'indirizzo generale "sui processi in tv", adottato ieri dall'Autorità. "Non si supplisce ai ritardi della giustizia trasferendo il processo dalle aule giudiziare alla televisione – ha detto Calabrò in merito all'Atto d'indirizzo adottato -. Il processo lo deve fare il giudice, e il giudice competente, l'accusa va sostenuta dal pubblico ministero, la difesa va fatta da avvocati. E tutto secondo regole che garantiscono il regolare e appropriato svolgimento del processo e i diritti fondamentali della persona. Non è ammissibile, e contrasta anche con lo spirito degli indirizzi dettati dalla commissione di Vigilanza sulla radiotelevisione, che il ruolo dei giudici, accusatori e difensori, sia svolto da giornalisti o comunque da soggetti estranei senza quelle garanzie che, fin da tempi di Cesare Beccarla, ma dalla stessa Repubblica Romana, rappresentano un caposaldo dello Stato di diritto". Nel mirino dell'Authority finiscono sia i talk che le fiction, denunciando che spesso "i telespettatori – ha detto Calabrò - non riescono a distinguere i figuranti dalle persone reali". E qui Calabrò non è voluto entrare nel merito della docufiction usata dai talk per esplicare un argomento (vedi Enrico Mentana su Erba e Michele Santoro su Forleo) o se fiction di valore narrativo (vedi il caso della fiction su Graziella Campagna, rinviata dalla Rai per non turbare la serenità dei giudici della Corte d'Assise d'appello). "Nessun limite, per carità, alla libertà d'informazione – ha osservato Calabrò -, ma l'informazione non può assumere i caratteri di una gogna mediatica, di una spettacolarizzazione ispirata più da amore di audience che da amore della verità". È stato precisato che l'atto di indirizzo "sui processi in tv", risponde anche al monito del Primo Presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone. "Ci rendiamo conto che la materia è di estrema delicatezza. Per questo crediamo che la strada maestra sia quella indicata nell'atto di indirizzo generale che a noi spetta dettare a garanzia della corretta informazione, un atto che invita gli operatori dell'informazione ad adottare un codice di autoregolamentazione". L'Authority prevede quanto prima di aprire un tavolo di confronto con gli addetti ai lavori, in primis i giornalisti.
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