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Alessandro, il grande (non) comunicatore

13/10/2008

Continua il dibattito sul caso UniCredit, già avviato su questo sito da Toni Muzi Falconi, con un articolo apparso su Economy di questa settimana.

Travolto dal crollo in Borsa, Profumo ha atteso l’approvazione del piano di salvataggio delle banche in America prima di lanciare il suo. Un errore, ma per evitare problemi maggiori.


Non è certo un problema di comunicazione ad aver segnato la débàcle in Borsa del 23%, tra il 25 settembre e il 2 ottobre, di Unicredit. Ma l’ampia intervista rilasciata a La Repubblica il 7 ottobre scorso da Alessandro Profumo, amministratore delegato del gruppo bancario, manager molto stimato nel panorama finanziario internazionale, la dice lunga sul fatto che il mercato avesse bisogno di trasparenza e dell’ammissione di qualche errore. Che c’è stato. «Forse abbiamo esagerato con le acquisizioni» ha detto Profumo «e non siamo stati in grado di prevedere che la crisi globale sarebbe stata così profonda e lunga».


Insomma, errori di valutazione mai comunicati al mercato finora. Anzi. «Ma Profumo non poteva fare diversamente» spiega Domenico de Masi, Preside della facoltà di scienze della comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma. «Ha atteso che in America venisse approvato il piano Paulson e quando ha visto che neanche quello bastava ha iniziato a dare qualche informazione». Farlo prima? «Se un uomo del suo livello avesse mostrato insicurezza, le conseguenze sarebbero state ben peggiori».


Solo poche settimane prima del tonfo in Borsa, il 9 settembre, Profumo aveva confermato gli obiettivi di un capitale Tier 1 del 6% a fine anno, proprio quello messo ora io discussione e alla base della ricapitalizzazione da 6.6 miliardi di euro. In realtà, «un po’ di arroganza in meno non solo da parte di Profumo, ma dall’intero sistema bancario non guasterebbe» taglia corto Giampaolo Fabris, esperto di comunicazione e docente di sociologia dei consumi all’Università San Raffaele di Milano. «Bisogna farla finita con un settore che si rivolge ai risparmiatori con spot che li fanno passare come bambini tonti, ma poi latita sulle informazioni fondamentali».


tratto da Economy



Leggi la riflessione sul caso UniCredit di Toni Muzi Falconi
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