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C'era una volta il finto candidato. E il marketing virale

29/08/2007

E' una trovata di un'agenzia pubblicitaria: inventarsi un candidato fittizio alle elezioni americane, costruito talmente bene da sembrare vero. Un trucco di marketing virale per aumentare la popolarità del proprio brand.

Una società californiana di software affida a un'agenzia pubblicitaria un'inedita campagna virale: la creazione online di un candidato alle presidenziali americane. Il bello è che non è nemmeno la prima volta che l'agenzia Rassax Expericence ha un'idea del genere: un pò di anni fa si erano inventati un personaggio, responsabile vendite per un'azienda di software. E questa intuizione aveva creato un'eco tale da aumentare vorticosamente i clic. Ma al confronto l'espediente di Mr. Ray Hopewood è imparagonabile: un vero e proprio candidato, con foto, profilo su Facebook, MySpace e Flickr, slogan, personalità, storia, gusti. Tutto inventatissimo e paradossalmente molto reale. La Rassak ha avviato questa operazione per conto della società tecnologica BigFix, con l'obiettivo di creare un dibattito, farsi pubblicità e far parlare di sé.
Ray Hopewood è un esperimento molto interessante, costruito con sapienti doti di marketing e di psicologia: il suo volto è una sintesi tra Bush e Obama, le sue idee anche. Per il resto è chiaramente molto tecnologico e molto vicino al Web 2.0, single, vicino ai giovani, bello, intelligente e ricco, sostenuto da un gruppo di start up hitech e con un nome particolare che racchiude (non a caso probabilmente) dentro di sé la parola "hope", speranza.
Sarà particolarmente interessante seguirne la campagna presidenziale, anche in relazione allo svolgimento di quella vera, tra candidati in carne e ossa, e contemporaneamente seguire le sorti delle due aziende che stanno dietro questo test pionieristico, ovvero BigFix e Rassak. Saranno famose grazie a Hopewood?
Redazione Totem - Emanuela Di Pasqua
 
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