Come si forma un’opinione
30/10/2012
Nell’era dei social network, si suppone che sulle questioni di interesse pubblico tutti i cittadini siano informati più o meno adeguatamente e si siano formati un’opinione consapevole. Invece spesso questo non avviene e le informazioni sono, nella migliore delle ipotesi, quantomeno parziali. Ma quali sono le modalità con cui si forma l’opinione? L’indagine di _Matteo Colle._
di Matteo Colle
Nell’era dell’informazione diffusa, in cui i social network hanno destrutturato i tradizionali rapporti di potere che regolavano, fino a pochi anni fa, i flussi delle notizie, in quest’epoca, insomma, in cui tutto ė accessibile e tutti siamo connessi, ci si aspetta che sulle questioni importanti, quelle che interessano una cittá o un territorio, tutti i cittadini siano informati più o meno adeguatamente e si siano formati un’opinione piú o meno consapevole.
Invece chi, come noi, ha dimestichezza di sondaggi di opinione o ha avuto l’esperienza di una campagna di relazioni pubbliche a livello locale e nazionale, sa bene che così non è. Ciò che accade è che spesso i cittadini sono in possesso di informazioni parziali o, addirittura, di nessuna informazione. Spesso si riscontrano pregiudizi immotivati, solide convinzioni basate su notizie o informazioni errate, confuse o manipolate.
Non ė intenzione di chi scrive ripetere il tradizionale pistolotto sui social network, sull’impossibilità di verificare notizie e fonti e sulla facilità di propalare bufale e falsi miti sul web. Ció che mi interessa qui è cercare di provare a mettere a fuoco le modalità in cui si forma l’opinione, la nostra e quella altrui. Si tratta com’ė facile intuire del nodo concettuale più complesso e, forse, più studiato delle discipline psicosociali. Senza pretesa di essere esaustivi ció che possiamo dire è che:
1. La formazione di un’opinione non dipende solo dalla quantità o qualità di informazioni. Anche in presenza di informazioni corrette e abbondanti, molti perseverano nel mantenere opinioni tra loro differenti e spesso errate.
2. La capacità di selezionare le informazioni e di elaborarle dipende certamente dalla preparazione culturale, ma molto di più da quanto riteniamo affidabile la fonte e da quanto emotivamente siamo disponibili ad affidarci.
3. Il discorso pubblico e la conversazione informale contribuiscono non poco alla selezione delle informazione e alla interpretazione che se ne dà. Se le persone in cui riponiamo fiducia e conosciamo meglio ci suggeriscono un’interpretazione ai fatti saremo più facilmente indotti ad accettarla senza controllo o con minore attenzione critica.
4. Le idee pregresse, le nostre convinzioni e valori, rappresentano un potentissimo agente interpretativo che pre-elabora ogni informazione nuova alla luce del nostro passato cognitivo.
5. Le emozioni e i sentimenti contribuiscono non poco a motivare le nostre decisioni e definiscono un campo di un’ermeneutica del tutto personale entrò cui avviene in ultima istanza il processo cognitivo.
Un quadro articolato, dunque, che spiega perchè una campagna di informazione o di pubblicità non potrá mai essere basata solo sulle componenti razionali del messaggio, solo sui contenuti più o meno ben definiti e raccontati. Di grande importanza saranno invece le persone che diventeranno testimoni dei contenuti, le emozioni che saremo in grado di trasmettere, l’empatia che saremo in grado di creare.
Fonte: MR Blog