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L’era del monologo planetario #5: Leone XIV e la nuova sfida

15/05/2025

Daniela Bianchi - Segretaria Generale FERPI

La comunità FERPI rivolge i più sentiti auguri per l’inizio di questo nuovo cammino a Papa Leone XIV, con la riflessione della Segretaria Generale Daniela Bianchi.
A lui il nostro augurio e il nostro impegno a continuare a lavorare, per una società più giusta, aperta e solidale – certi che la sua guida saprà essere fonte di ispirazione anche per chi, come noi, crede nel valore e nella responsabilità della parola.

 

 “Morto un Papa se ne fa un altro” è un modo dire un po’ disincantato che abbiamo fatto nostro per dire, a volte anche con frettolosa irriconoscenza, che nessuno è indispensabile e che è sempre possibile trovare un sostituto. Un modo di dire mutuato dalla Chiesa, che assegna al Conclave il compito di individuare al più presto il nuovo successore di Pietro e che è diventata una metafora della sostituibilità delle persone e della continuità delle istituzioni.

 

Ma nella elezione di un Papa c’è un fattore in più, insondabile e imperscrutabile, ed è quello Spirito Santo che aleggiando ispira le menti dei Cardinali affinché venga individuato quel Papa che il tempo chiede. E questo non ha nulla a che a fare con una semplice sostituzione, perché nel disegno della Chiesa ogni Papa diventa indispensabile, per il semplice motivo che traccia un solco da cui il cammino stesso della Chiesa non potrà prescindere, che sia per sintesi o anche per antitesi.

 

Ed è accaduto anche questa volta, abbiamo letto tutte le analisi possibili, le interpretazioni, gli scenari, ma ancora una volta tutto ciò che di umano abbiamo potuto utilizzare per fare previsioni, ha ceduto il passo a quello Spirito che d’un tratto ha indicato il punto di equilibrio, e senza confini ha scelto un americano.

 

L’elezione di un pontefice statunitense, nell’era di una America polarizzata e di un Donald Trump perennemente al centro della scena, non poteva che scatenare un cortocircuito mediatico. Le testate internazionali, si sono interrogate se questo Papa sarà un contraltare, un alleato silenzioso o un elemento di disinnesco rispetto alla figura ingombrante del presidente americano.  

 

Le analisi convergono su un punto, Leone XIV, già Cardinale Robert Prevost di Chicago con un lungo trascorso missionario in Perù rappresenta un’America diversa. Non quella dell’America First, ma quella del dialogo, dell’inclusione, dei ponti da costruire, un’eco quasi francescana, ma con un timbro nuovo, più assertivo. Come ha sottolineato la PBS ci troviamo di fronte ai due americani più potenti del pianeta, ma che guidano in ruoli e reami differenti. Se Trump tuona Fight Leone XIV ha esordito con Pace. Un contrasto plastico, quasi cinematografico. Le sue passate critiche social suggeriscono una rotta indipendente, meno incline ai tatticismi curiali e più ancorata a una visione evangelica che, come ha notato Steven Millies del Bernardin Center, è sempre dalla parte dei poveri, degli afflitti, dei sofferenti. Non una opposizione politica frontale, quanto piuttosto l’affermazione di un’altra grammatica del potere, radicata nel servizio anziché nella dominazione.

  

Al di là delle dinamiche geopolitiche, la cifra distintiva che emerge con forza dai primi passi di Leone XIV è l’autorevolezza. Un’autorevolezza non gridata, ma sussurrata con la fermezza di chi sa dove poggia i piedi, una qualità che la politica e persino la Chiesa a volte avevano dimenticato. L’impressione, condivisa da molti osservatori, è quella di un Papa che intende riposizionare la Chiesa al centro del villaggio globale, non come un attore sociale tra i tanti, quasi una ONG dello spirito, ma come custode di una Parola che interpella e offre Misericordia. Questo non significa chiusura, anzi. La sua biografia parla di apertura. Ma è un’apertura che non svende l’identità, che non annacqua il messaggio per compiacere le mode o le agende del momento. La Chiesa, sotto Leone XIV, sembra voler ribadire il suo ruolo primario: essere faro, punto di riferimento spirituale, luogo di discernimento in un’epoca di confusione di linguaggi senza amore come ha detto lui stesso nel consueto primo incontro con la sala Stampa Vaticana.

 

Il primo Papa del Nuovo Mondo, non arriva con la spavalderia di una superpotenza, ma con l’umiltà di chi ha vissuto tra le periferie umane e tecnologiche. Missionario in Honduras, teologo a Stanford, arcivescovo tra i grattacieli di Chicago e i data center della Silicon Valley, la sua storia è un ponte tra il Vangelo e l'algoritmo. E quando, nel suo primo discorso, ha evocato l’urgenza di una "Rerum Novarum dell’intelligenza artificiale", ha fatto tremare non i mercati, ma le coscienze.

 

Non alza la voce, ma non ha bisogno di farlo. Non cerca il plauso, ma lo ottiene. La sua chiamata all’etica digitale ha il peso di un’enciclica scritta con il codice binario. "Se la Rerum Novarum difese gli operai dalla rivoluzione industriale, oggi dobbiamo difendere la dignità umana dalla rivoluzione algoritmica", ha detto, sorridendo ma con gli occhi seri.

 

I giornali tecnologici, di solito allergici al Vaticano, hanno titolato: "Finalmente un Papa che parla la nostra lingua". Perché Leone XIV non condanna il progresso, ma chiede che sia "umano prima che efficiente". E lo fa senza sermoni, ma con l’autorevolezza di chi ha studiato sia Agostino che i big data. Quando un giornalista gli ha chiesto se temesse che l’AI sostituisse l’anima, ha risposto: "Nessun algoritmo potrà mai dare un abbraccio". E in quella frase, semplice e disarmante, c’era tutta una teologia della tecnologia.

 

Mentre i leader politici si dividono tra techno-entusiasmo e neo-luddismo, lui indica una terza via: "L’intelligenza artificiale sia strumento di giustizia, non di controllo". E lo fa con la stessa pacatezza con cui, anni fa, ascoltava i racconti dei minatori in Honduras.

 

C’è chi lo paragona a Francesco per la vicinanza agli ultimi, chi a Giovanni Paolo II per il carisma.  Ma non è questione di confronti, è questione di linea, o di “attenzione al dono” come ha detto il Card. Zuppi, e la sua forza sembrerebbe risiedere in un ponte tra l’immediatezza di Francesco e la visione profetica di Giovanni Paolo II, in un mondo dove il potere non è più solo nelle mani degli Stati, ma delle piattaforme.

 

 

I giornali lo chiamano “il Papa che non ha paura della tenerezza”, e in effetti la sua comunicazione è un antidoto alla rabbia del nostro tempo. Mentre i leader gridano, lui parla piano. Mentre gli algoritmi premiano lo scontro, lui sceglie l’incontro. “Non siamo chiamati a essere influencer, ma testimoni”, ha detto ai media. E in quelle parole c’è tutta una rivoluzione: perché oggi, nell’era del rumore, il silenzio attivo di chi ascolta è più forte di mille discorsi.

 

Le sue prime parole sono rimaste scolpite: «Pace disarmata e disarmante». Parole-frammento, come lanciafiamme sulla sterilità dei discorsi pubblici, capaci di smantellare le corazze – e di ricordarci che anche la pace va costruita senza armi, cominciando dal silenzio e dall’ascolto.

 

Noi in FERPI abbiamo ascoltato con attenzione questi primi discorsi, scegliendo di non metterci nella scia dei primi commenti, e possiamo dire che molte delle posizioni sono già parte di un impegno costante sul fronte della Comunicazione Responsabile, della disinformazione come chiave di potere, della rappresentanza di interessi.  Ma siamo già al lavoro anche sulla sfida dell’AI.

 

A partire dai lavori  sull’Intelligenza Artificiale avviati già nell’Assemblea di Roma del 2023 con Don Andrea Ciucci - coordinatore di Segreteria della Pontificia accademia per la vita, nonché segretario generale della Fondazione vaticana RenAIssance e componente del comitato scientifico del FERPILab.

 

Per continuare nelle prossime ore a Venezia, dove si svolgerà il Summit annuale promosso dal board Europeo di Global Alliance for Public Relations & Communication Management, con la partecipazione di delegati provenienti dall’Italia e da tutto il mondo, di cui FERPI è membro.

 

Lavoreremo  tutte e tutti insieme alla revisione e all’aggiornamento dei Principi Guida per un'Intelligenza Artificiale Etica e Responsabile (Guiding Principles for Ethical and Responsible Artificial Intelligence — Global Alliance) che confluiranno nel documento sull’intelligenza artificiale nella comunicazione e nelle relazioni pubbliche che verrà lanciato a livello globale con il nome di The Venice Pledge. 

 

Papa Leone XIV continua il cammino, con una sua postura, sfidando il filtro dei “comunicazionisti” che sono sempre pronti a scomporre ogni gesto in slide e statistiche, cercando traiettorie virali e hashtag d’effetto. Tra metafore e tweet, tra autorità e misericordia, il nuovo Papa pare metterci di fronte a un bivio: vogliamo una Chiesa-palestra di dialogo, capace di farsi casa di tutti, o preferiamo ingabbiare la fede in logiche di audience e di potere.  Leone XIV – americano di nascita, universale nel respiro – ci invita a sciogliere quelle reti.

 

Il monologo planetario continua, ma ora ha una voce inedita, capace di far tacere anche il più rumoroso dei megafoni, ricordandoci che lo Spirito soffia dove meno ce lo aspettiamo.

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