Ferpi > News > I sette peccati delle Relazioni pubbliche

I sette peccati delle Relazioni pubbliche

27/06/2012

Nelle Relazioni pubbliche l'esperienza può fornire un aiuto fondamentale nell'evitare di inciampare sulle cosiddette "bucce di banana". Ma un buon vademecum può aiutare anche i professionisti più giovani ed inesperti ad evitare errori marchiani. I consigli di _Dorothy Crenshaw._

di Dorothy Crenshaw (1)
Il mio personaggio preferito della Tv, legato (vagamente) alla pratica della professione, è il professionista delle Rp, Eli Gold del telefilm The Good Wife, interpretato egregiamente da Alan Cumming.
Di fronte ad una azione di media relations piuttosto improvvida di un collega politico, Gold si scatena in una progressiva escalation di indignazione e conclude l’invettiva con un finale carico di disprezzo: "L’unica cosa che odio è un dilettante ".
Nello spirito di Eli Gold, ma con un atteggiamento più gentile garbato, vi illustro quelli che secondo me sono i peggiori, più evitabili e dilettanteschi errori che un professionista delle Rp deve evitare. Chiamateli i sette peccati mortali.

1. Promettere quello che non si è certi di poter mantenere. Si tratta di un osso duro, perché i risultati in termini di notorietà non possono essere previsti in modo totalmente preciso. Al culmine della “battaglia”, è facile per un team di agenzia “esagerare” il potenziale ritorno sugli investimenti. A volte queste semplici aspettative sono ingigantite da lunghe trattative. Nel peggiore dei casi, si tratta di una totale incapacità di deludere le aspettative del cliente. Di solito, vi aspetta l’inferno.
2. Non rispettare le deadline. Un’occasione mancata sui media. Una proposta inviata troppo tardi. Una buona idea partorita quando sono usciti già troppi articoli. Questa è un errore tattica. Le deadline sono sacre nel gioco delle Rp e mancarne una è un crimine punibile con l’espulsione dal business.
3. Fare spam. I più disperati (o ignoranti) tra noi sono chiamati su base settimanale alla sfida definita come “innaffia e prega". Ma vale la pena ripeterlo. Non è un comportamento in assoluto sbagliato ma quantomeno è poco professionale. Un approccio personalizzato funziona sempre meglio.
4. L’approccio on/off. Questo errore riguarda i clienti. Alcune aziende pensano ai relatori pubblici come ad un rubinetto che possono aprire o chiudere a seconda dei bilanci o dell’andamento del business. Grande errore. Le Rp funzionano meglio come strumento di branding a lungo termine, a differenza della promozione delle vendite o della vendita diretta. Qui c’è un grande rapporto costo/opportunità.
5. Usare (o abusare) del peso pubblicitario. La maggior parte dei professionisti ha un aneddoto su un cliente che insiste nel cercare di sfruttare l’acquisto di spazi pubblicitari per generare una copertura editoriale, o che minaccia di ritirare una pianificazione se il pezzo non è almeno positivo. La verità è che questo può funzionare, ma raramente vale il costo in termini di relazione. Ed è noto che spesso questa modalità di azione finisce col ritorcersi contro chi la mette in atto.
6. Pensare che Rp sia uguale a comunicato stampa. Una delle mie cose che mi irrita di più sono i clienti o le società che sostengono che un piano di Rp equivalga ad un pagamento, ad un flusso ininterrotto di notizie sui motori di riceca. Non lo è e l’acquirente finisce con lo stancarsi in fretta.
7. Complicare il linguaggio. Purtroppo, questa pessima pratica non si limita ai dilettanti. Invece di “unico”, “integrato”, “leader nel settore”, “soluzione strategica”, possiamo imparare a scrivere e parlare utilizzando parole più semplici e potenti? Beati coloro che comunicano in modo chiaro.
(1) Dorothy Crenshaw è amministratore delegato e direttore creativo delle Crenshaw Communications. E’ stata eletta da PR Week come una delle 100 donne più influenti nel settore delle Relazioni pubbliche.
Fonte: PR Daily
Eventi