Giuseppe de Lucia (*)
La nostra associazione auspica la formulazione di una legge capace di riconoscere il valore della professione, partendo dall’assunto che l’attività di rappresentanza di interessi è da considerare concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ed un mezzo importante per promuovere il pluralismo.
In questi giorni il dibattito politico si è concentrato sulla Riforma Nordio, un disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri e che in otto articoli introduce una serie di novità in materia di Giustizia.
Senza entrare nel merito del provvedimento, per chi si occupa di relazioni istituzionali e di lobbying, non può passare inosservato l’articolo che prevede la riformulazione del reato di traffico di influenze illecite (art. 346 – bis).
Introdotto in Italia nel 2012 con la Legge Severino e poi modificato dalla Legge Spazzacorroti (2019), nasceva in riposta alle raccomandazioni in materia di trading in influence, contenute nelle convenzioni di Strasburgo (1999), che aveva lo scopo di sensibilizzare gli ordinamenti dei singoli paesi sulla necessità di contrastare la compravendita delle intermediazioni in grado di alterare il processo decisionale in ambito pubblico (il cosiddetto lobbying illecito).
In particolare, l’ambito di applicazione viene «limitato a condotte particolarmente gravi» e vengono esclusi anche tutti i casi di «millanteria». Questo perché la precedente norma, come confermato da diversi autorevoli giuristi, nasceva già con alcuni limiti – in particolare, sarebbe stato difficile colpire l’attività di lobbying illecita senza aver definito in modo chiaro i confini della parte lecita. La stessa Severino, infatti, durante la discussione della sua legge, ricordò alla Camera che sarebbe stato necessario adottare un’altra normativa per disciplinare l’attività di lobbying, perché, altrimenti, ci sarebbe stato il rischio di un’applicazione inopportuna di questa fattispecie.
Ricordiamo, proprio a questo proposito, che in Italia negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi di introdurre una normativa specifica sulle lobby. Tuttavia, finora non è stata adottata una legge nazionale che disciplini in modo completo l'attività di lobbying nel paese, creando un vuoto normativo.
La nostra associazione auspica la formulazione di una legge capace di riconoscere il valore della professione, partendo dall’assunto che l’attività di rappresentanza di interessi è da considerare attività concorrente alla formazione delle decisioni pubbliche ed un mezzo importante per promuovere il pluralismo. Confidiamo nei lavori della commissione Affari Costituzionali guidata dal On. Nazario Pagano, che, dallo scorso marzo, ha promosso un’indagine conoscitiva sulla materia.