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Il Treno dei Desideri

23/03/2011

Torna il Treno Verde, la campagna per il rilevamento dell’inquinamento nelle città italiane, promossa da Legambiente. Al centro della ventiduesima edizione le città stesse, con particolare riferimento al _Patto dei Sindaci. Carlo DeSio_ e _Alessandra DeSio_ rileggono l’iniziativa, annotandone anche alcuni aspetti critici.

di Carlo DeSio e Alessandra DeSio
Da tempo mi occupo di relazioni per l’Ambiente e come ho già avuto occasione di scrivere, il Patto dei Sindaci di Bruxelles (Covenant of Mayors), è l’accordo europeo – al momento volontaristico – secondo il quale i Comuni si impegnano a realizzare la direttiva UE Clima Energia, più nota come direttiva 20-20-20.
Con l’adesione al Patto dei Sindaci i Comuni si vincolano a realizzare, entro dodici mesi, un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES in area latina o SEAP in quella nord europea) con il quale determinano un piano d’interventi strutturali, culturali e comportamentali – insomma una sorta di piano regolatore per l’Ambiente – con il quale si obbligano a ridurre del 20% le emissioni di CO2, aumentare del 20% l’utilizzo di energia rinnovabile e ridurre del 20% l’energia prodotta da fonti fossili.
Anzi, ad onor del vero, i comuni aderenti al Patto si impegnano ad andare oltre tale soglia. Tutto bene dunque, sembra tutto fantastico allora: i comuni fanno questo PAES ed il problema dell’Ambiente, connesso ad inquinamento ed energia, si risolve. Quindi? Dove è il problema?
Purtroppo Giulio II, detto da Guzzanti Treconti, ha tagliato e sta strozzando tutti e di più, e se anche il Cavaliere consiglia in giro (ai poliziotti, poi !!!) di farlo fuori… vuol dire che sta proprio esagerando.
Ormai i comuni non hanno neanche più i soldi per l’ordinaria amministrazione; ormai molti di essi, in specie al Sud, utilizzano fondi destinati a consulenze, lavori stradali etc… per pagare gli stipendi ai dipendenti; insomma si espongono ad una distrazione di fondi, figurarsi se trovano i soldi per l’ambiente, fosse anche per investirli per avere tanta finanza dalla U.E. per gli investimenti per il clima.
Il PAES è roba da specialisti, per gente che sa dove mettere le mani per realizzare, nei comuni, un audit energetico, detto baseline, per preparare un inventario base delle emissioni di CO2 e stabilendo l’anno di partenza dal quale si cominceranno a computare le emissioni da abbattere.
E fin quando si tratta di trovale i consumi e le emissioni del Palazzo di città, delle Scuole pubbliche o del trasporto pubblico siamo ancora sul possibile; il problema comincia quando occorre estrapolare le emissioni da abbattere in Agricoltura, Industria, Terziario, Edilizia residenziale, trasporto privato…
Possibilissimo, ma costa, come costa collazionare tutti i dati finali di ricerca per poi fare una seria strategia d’investimento, cosa invero non sempre alla portata di molti amministratori (…ve li raccomando gli assessori all’Ambiente!!!) che, fosse per loro, risolverebbero tutto con pale eoliche e fotovoltaico a go-go, trascurando opportunità quali il geotermico, la coibentazione delle abitazioni, la forestazione urbana e periurbana, il riciclo delle acque bianche, oltre a stimolare l’iniziativa degli imprenditori privati… e questo senza neanche citare lo smaltimento dei rifiuti e la raccolta differenziata, che in molti grandi comuni –anche del nord- è davvero uno scandalo, superati in questo da paesini lindi ed ordinati quali Giungano, Ladispoli, Pugliano, Folignano e tanti altri che sono da anni ben oltre il 70%!
Il Patto dei Sindaci è una delle intuizioni più geniali, ma il PAES, necessario per accedere ai programmi europei diretti, non si può improvvisare anche perché avendo a che fare con un’istituzione seria quale la U.E., una volta realizzato occorre mandarlo in revisione alla J.R.C. di Ispra –altro braccio operativo della U.E.- che finora ha fatto una selezione draconiana, dichiarando ammissibili appena il 30% di quelli presentati e rimandando al mittente gli altri.
Ecco quindi dov’è l’inghippo che non fa decollare operativamente gli investimenti previsti dal Patto dei Sindaci nei comuni italiani: investire in un PAES o SEAP decoroso e funzionale costa, non tantissimo ma costa, ed i comuni strozzati fino all’inverosimile non possono permetterselo, almeno non tutti.
E allora mi ricollego al comunicato dell’ufficio stampa di Legambiente sul Treno Verde 2011, “Torna sui binari la campagna di Legambiente e FS”… l’ho letto ed approfondito, ma conoscendo quello che sta accadendo in Italia, tutto l’entusiasmo profuso in questo comunicato, almeno per quanto attiene la promozione e l’informazione che si fa nell’iniziativa sul Patto dei Sindaci, non lo condivido.
Pur condividendo l’ideale di fondo (e come potrei non farlo, visto che mi occupo di Ambiente e di diffondere il Covenant of Mayors nelle P.A.?), questa operazione, pur meritoria, rimane una bella iniziativa below the line cui Legambiente ha dato una consacrazione verde e l’ANCI una sorta di certificato DOC.
Capisco anche, come cita il comunicato di Legambiente, il trionfale tono de: “Le amministrazioni cittadine, durante le tappe del Treno Verde, saranno dunque chiamate ad accogliere la sfida di lavorare alla sostenibilità ambientale: dall’energia all’efficienza energetica fino al corretto smaltimento dei rifiuti, trovando le giuste sinergie tra interessi pubblici e privati”… Ma i soldi ai comuni chi glieli dà?
Il problema non è certo la mancata conoscenza del Patto. Forse qualcuno non è al corrente che in Italia ormai si sa bene cosa sia il Patto dei Sindaci, anzi è una meta agognata e sospirata addirittura da moltissimi sindaci, tant’è vero che per numero di adesioni l’Italia è seconda solo alla Spagna: circa settecento comuni italiani hanno aderito ufficialmente al Patto… ma pochissimi, forse neanche le dita di due mani, hanno presentato un Piano d’Azione… e questo l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) dovrebbe saperlo benissimo visto che va facendo in giro attività di informazione sul Patto offrendo servizi con propri partner.
Non solo, ma a dicembre 2010, 32 comuni europei sono stati esclusi dal patto dei Sindaci per non aver presentato nei dodici mesi consentiti un Piano d’Azione, e per aver sforato anche la proroga di ulteriori sei mesi… di questi 32, ben 24 erano italiani! Il 75% delle esclusioni!!!
Le cifre parlano chiaro: esiste un caso Italia, e non certo per difetto di comunicazione e conoscenza, ma solo perché i comuni sono strozzati. Mentre non è un caso che nella lista degli esclusi non compaia nessun comune tedesco, austriaco, ungherese, olandese, francese, e solo qualche inglese, polacco e, con tutta la crisi in cui sono, solo due spagnoli.
E’ per questo motivo che non condivido l’ammantarsi di una istituzione europea quale il Patto dei Sindaci per una pura e semplice campagna aziendale di promozione (cui prodest?). Mi piacerebbe, di contro, che l’ANCI, visti i numeri italiani di adesione al Patto, si convincesse che i sindaci che rappresenta non sono stupidi, e che utilizzasse queste tre potenze, Legambiente, Ferrovie e Telecom, non per fare promozione ad un obiettivo cui ormai tutti i comuni tendono, ma per fare lobbyng per modificare il Patto di stabilità almeno per gli investimenti per l’ambiente, o magari solo per raccogliere fondi da destinare ai piccoli comuni per realizzare il PAES…
Perché mandare in giro un treno di soli desiderata, lo fa divenire il Treno dei Desideri , cioè un ulteriore spettacolo TV, di quelli ridanciani e sognanti che una volta spento lo schermo in pancia non ti lasciano nulla.
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