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Insegnare l'etica delle relazioni pubbliche è possibile e necessario. Ma impararla? Sono due cose di

08/11/2004

Il nostro non è un lavoro come un altro, siamo investiti anche di una funzione 'pubblica' perché il nostro lavoro incide sulla 'sfera pubblica'. Un commento di Toni Muzi Falconi.

L'ultimo capitolo del bel libro della canadese Patricia Parsons: Ethics in Public Relations (kogan page uk 2004) sviluppa in pochi paragrafi finali un argomento cogente. Parte con la citazione di Mason Cooley secondo cui 'leggere di etica migliora i comportamenti quanto leggere di sport ci trasforma in atleti' Sic!Si intende, continua la Parsons, che nessun docente di etica nelle relazioni pubbliche puo' assicurare che i suoi studenti si comportino nella professione attiva con correttezza.Vi sono però strumenti per indurre un altra persona a pensare in termini etici e intorno al proprio sistema di valori. Un esempio: tua moglie/marito è affetta/o da una malattia terminale e tu odi, ricambiato, la sola persona che possiede la dose per salvarla. Ti presenti a lei e ti caccia via. Sei pronto a rubare la dose? No? E se insieme a tua moglie/marito fossero malati anche i tuoi figli? Si? A chi decide di provarci, riveli poi che la sera mentre compie il furto incontrera' la persona odiata che si metterà di mezzo in modo deciso. Che fai? Arrivi fino all'omicido? No? E se malata fosse tutta la città? Si? Dove tiri la riga oltre la quale non vai per nessuna ragione?Questo esercizio porta gli studenti a dividersi, a confrontarsi, a discutere.Ma se studi fisica nucleare non è detto che ogni giorno ti troverai in una situazione del genere. Praticando invece le relazioni pubbliche ogni giorno ti confronterai, più o meno consapevolmente, con uno o più dilemmi etici. E allora? Quali risultati pensi di potere ottenere insegnando l'etica agli studenti di rp?La maggior parte di noi professionisti non ha potuto apprendere l'etica del nostro lavoro all'università, e non sappiamo dunque se l'etica si possa imparare. Come uscirne?E' chiaro che, in quanto operativi per conto di organizzazioni nel governo delle relazioni con i pubblici influenti, ci si debba aspettare da noi comportamenti personali (etica individuale), professionali (etica della professione) e organizzativi (etica della organizzazione cui apparteniamo e per la quale operiamo) assolutamente ineccepibili. Altrimenti faremmo male il nostro lavoro poiché contribuiremmo a deteriorare la percezione di noi stessi, della nostra professione e del nostro datore di lavoro/cliente che, al contrario, ci paga incrementarla, quella percezione, e soprattutto per accrescere la sua 'licenza ad operare' nella società. Insomma il nostro non è un lavoro come un altro, siamo investiti anche di una funzione 'pubblica' perché il nostro lavoro incide sulla 'sfera pubblica'.Come concludere senza riaffermare l'importanza di studiare, di leggere e soprattutto di fare parte attiva di una associazione professionale per aiutarla ad elevare gli standard professionali che soli, qualsiasi siano i riconoscimenti giuridici, possono legittimare le relazioni pubbliche nella società contemporanea? (tmf)
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