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La comunicazione come motore del cambiamento culturale: il futuro che l’Italia deve costruire

17/12/2025

Giuseppe de Lucia, Consigliere Nazionale FERPI

Una riflessione a valle della pubblicazione del paper Il ruolo della Comunicazione per la società di domani elaborato dall’Advisory Board WPP e TEHA Group

 

Viviamo all’interno di un cambiamento d’epoca che sta ridefinendo le basi stesse del nostro vivere sociale, economico e culturale. Le trasformazioni demografiche, la transizione ecologica e digitale, la crescente instabilità geopolitica e la crisi dei modelli di sviluppo tradizionali impongono a Paesi, imprese e istituzioni una riflessione profonda su come immaginare il futuro. È in questo contesto che il Position Paper “Il ruolo della Comunicazione per la società di domani” elaborato dall’Advisory Board WPP e TEHA Group,  individua nella comunicazione una leva decisiva non solo per affrontare le complessità del presente, ma soprattutto per guidare il cambiamento culturale di cui l’Italia ha urgente bisogno.


Il documento parte da una constatazione semplice ma dirimente: tecnologia, crescita e competitività non possono più essere disgiunte da valori, comportamenti e coesione sociale. Ogni transizione, anche la più tecnologica, è prima di tutto culturale.

 

Le tecnologie emergenti - dall’intelligenza artificiale alla robotica - hanno senso solo se inserite in una cornice di responsabilità e orientate a migliorare la qualità della vita. La cultura, in questo scenario, torna a essere un collante indispensabile: è ciò che dà senso ai cambiamenti, che orienta i comportamenti e che permette a una comunità di riconoscersi in un progetto condiviso. Quando la polarizzazione e la disinformazione digitale minano la fiducia collettiva, investire nella cultura della comunicazione diventa un atto di tutela democratica prima ancora che una scelta strategica.

 

La comunicazione, così intesa, non è più un elemento accessorio o decorativo. Diventa un’infrastruttura immateriale capace di sostenere la costruzione di un nuovo patto sociale, in cui cittadini, istituzioni e imprese collaborano su basi di trasparenza, responsabilità e partecipazione. È attraverso la comunicazione che si ricostruisce la fiducia, il bene più fragile e allo stesso tempo più prezioso delle società contemporanee. Ed è sempre la comunicazione a permettere che i cambiamenti tecnologici si traducano in reale progresso sociale, evitando che la velocità dell’innovazione produca nuove disuguaglianze e forme di esclusione.

 

All’interno di questo quadro, il report richiama il modello della Società 5.0 come una possibile direzione verso cui orientare lo sviluppo del Paese. L’idea, nata in Giappone e ora ripresa anche in ambito europeo, non è quella di un futuro dominato dalla tecnologia, ma di una società in cui innovazione e benessere umano si equilibrano. Un equilibrio che richiede comunità resilienti, empowerment delle persone e piattaforme collaborative capaci di mettere in rete competenze, dati e visioni provenienti da diversi attori.

 

La comunicazione, in tale prospettiva, non è solo un supporto, ma la condizione che rende possibile la convergenza tra mondi diversi: istituzioni che dialogano con le imprese, imprese che condividono conoscenze con il territorio, cittadini che partecipano come protagonisti ai processi di cambiamento.

 

Il report ricorda anche che l’evoluzione tecnologica richiede una governance etica e una competenza diffusa. Senza un adeguato investimento nella cultura digitale e nelle competenze, l’intelligenza artificiale rischia di ampliare i divari più che ridurli. Eppure, proprio la comunicazione può giocare un ruolo di mediazione fondamentale: spiegare, rendere comprensibili le innovazioni, orientare comportamenti responsabili, favorire l’adozione consapevole delle tecnologie e contribuire a una transizione che sia davvero inclusiva. È in questa funzione pedagogica e relazionale che la comunicazione dimostra tutta la sua centralità, diventando un ponte tra complessità tecnologiche e bisogni reali delle persone.

 

Il futuro che “vorremmo”, come lo definisce l’Advisory Board, richiede dunque un’alleanza rinnovata tra persone, imprese e istituzioni. Le prime chiedono modelli di sviluppo più sostenibili e inclusivi; le seconde sono chiamate a ripensare il proprio ruolo sociale; le terze devono riconquistare legittimità attraverso trasparenza e coinvolgimento. Ma nessuna di queste trasformazioni può avvenire senza una comunicazione chiara, credibile e in grado di generare narrazioni condivise. È proprio in questo intreccio che la comunicazione diventa motore di cambiamento culturale: perché trasforma l’informazione in comprensione, la comprensione in fiducia e la fiducia in azione collettiva.

 

In definitiva, il messaggio che attraversa l’intero documento è che la comunicazione non deve più essere considerata un settore isolato o una funzione meramente operativa. Essa è parte integrante dell’architettura sociale ed economica del Paese. È uno dei principali fattori produttivi del futuro, perché abilita innovazione, sostiene la competitività, promuove coesione e difende i valori democratici. In un’epoca segnata dall’incertezza, investire nella comunicazione significa investire nella capacità del Paese di immaginare e costruire un futuro equo, sostenibile e condiviso.

 

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