Su questo sito è in corso da qualche tempo una forte, e quanto mai opportuna, tematizzazione della misurazione e valutazione delle Relazioni Pubbliche. Ma non dobbiamo dimenticare che, in assenza di chiarezza sul processo mentale che la dermina, l'esercizio rischia di essere del tutto inutile e fine a se stesso..Oggi, chiunque di noi ha facile accesso ai servizi offerti da società specializzate, reparti specialisti di società di consulenza e, in qualche caso, perfino interni alle organizzazioni. Inoltre parecchi di noi sono anche esperti in metodologia della ricerca e comunque la materia viene insegnata nelle Università nei migliori corsi di Relazioni Pubbliche. Nonostante tutto ciò, resta il fatto che una grande parte, sicuramente la maggioranza, della pratica quotidiana prescinde dalla ricerca non solo come applicazione sul campo, ma anche come costrutto mentale del professionista, e quel poco che se ne fa si limita soprattutto a misurare gli effetti a breve di un programma specifico, normalmente di comunicazione di marketing e/o di programmi di relazioni con i media. Eppure, in altre professioni come quella legale, medica, educativa, manageriale, i ricercatori e i professionisti, assai più che nella nostra, interagiscono e apprendono in continuazione gli uni dagli altri. Per capire meglio il tema, distinguiamo tre grandi aree di ricerca:ricerca nelle Relazioni Rubbliche:viene condotta dal relatore pubblico direttamente oppure indirettamente servendosi di società specializzate. Quasi sempre serve a misurare l'efficacia di un programma specifico, l'identità percepita dell'organizzazione da parte dei pubblici influenti, l'impatto di una azione di media relations... Qualche volta la si usa anche per ascoltare le aspettative dei pubblici influenti o per esplorare il posizionamento da loro percepito di una specifica questione. E' una ricerca che normalmente infastidisce l'accademico, meno il ricercatore ma se e quando viene incaricato di realizzarla;ricerca sulle Relazioni Pubbliche: viene condotta normalmente dagli studiosi, dai ricercatori e dagli accademici partendo da una concettualizzazione teorica da loro stessi costruita, andando poi alla ricerca di evidenze sul campo per sostenere il concetto-ipotesi. E' una ricerca che interessa pochissimo, anzi infastidisce, l'operatore scarsamente interessato alla propria comunità professionale al punto da evitare, per il 90% dei casi, di associarsi ad una associazione professionale; ricerca per le Relazioni Pubbliche: viene condotta, dagli uni e dagli altri e, per fortuna, sempre più frequentemente insieme, per identificare le migliori pratiche e le migliori teorie che possano far crescere e migliorare la professione. Ma riguarda un gruppo assai ristretto di persone. Il migliore dei mondi possibili vede il professionista riconoscere il fondamentale contributo della ricerca scientifica al proprio successo sul mercato e alla legittimazione sociale del proprio lavoro; l'educatore riconoscere che senza una adeguata e intensa interazione con il professionista viene tagliato fuori dalle forti dinamiche fra società e professione e quindi di non riuscire a soddisfare le esigenze e le aspettative dei suoi studenti; e il ricercatore (accademico o commerciale, o come spesso avviene, tutti e due insieme) innanzi tutto distinguersi dalle altre due figure professionali e poi interagire con entrambi per cogliere le esigenze dei due mercati': quello professionale e quello educativo.In realtà, se guardiamo alla realtà di oggi, assistiamo ad una sovrapposizione dei tre profili. E chi scrive ne è sicuramente un esempio eclatante. E' un bene? Un male? Forse in una fase di transizione è un bene, certamente lo è se si confronta la situazione di oggi rispetto a quella di appena cinque sei anni fa. Ma domani ? Le vostre opinioni?Un articolo di Toni Muzi Falconi.