Ferpi > News > La RSI serve alla reputazione dell'impresa?

La RSI serve alla reputazione dell'impresa?

05/03/2008

Le società fanno del loro meglio per implementare programmi di responsabilità sociale. Ma è davvero questo il modo migliore per dimostrare la propria eticità? Due esperti a confronto.

Risponde SI' - Julia Cleverdon, chief executive di Business in the Community, è nota per i suoi interventi sulla responsabilità sociale d'impresa. "Nei miei venticinque anni a Business in the Community ho lavorato con società di tutto il mondo e ho imparato che la responsabilità sociale d'impresa (RSI) può proteggere e migliorare la reputazione – ma soltanto quando è parte integrante del core business. Penso anche che ‘RSI meno risorse umane uguale RP', e quelle società che pensano che si tratti soltanto di un ‘maquillage' corrono il rischio di danneggiare l'integrità della reputazione dell'impresa sempre più fragile.
La pratica responsabile deve essere impastata negli affari non appiccicata sopra. La qualità del management e il successo finanziario viaggiano in parallelo con la costruzione della reputazione, ma oggi è più importante che mai che le società leader implementino la RSI con lo stesso rigore e impegno di qualsiasi altra attività del loro business.
Leadership e idee brillanti sono indispensabili al progresso, ma il vero scopo, credo, è l'integrazione e l'implementazione nel cuore degli affari. E' interessante notare quante imprese leader pongano sempre maggiore enfasi nell'integrazione di pratiche responsabili. Un esempio, Marks & Spencer ha cambiato la denominazione del suo comitato di RSI in ‘Comitato per come facciamo business'.
Sono stata colpita dall'azione intrapresa dal nuovo CEO di AstraZeneca, David Brennan, che ha scoperto che i piccoli fornitori della società venivano pagati con gravi ritardi. Considerando che sono più di seimila, tale situazione poteva compromettere i benefici di qualsiasi iniziativa a favore della comunità, indipendentemente dalla cifra investita.
La società si è dunque impegnata a migliorare il cash flow dei piccoli fornitori – uno dei contributi più significativi che un'impresa possa dare alla società e un reale esempio migliorativo della reputazione. Imprese responsabili, che tengono d'occhio la loro reputazione, sanno anche che i dipendenti vogliono lavorare per datori di lavoro dei quali condividono i valori, che i clienti vogliono comprare marchi di cui si fidano e che i fornitori vogliono collaborare con aziende corrette.
All'inizio del 2007 Edelman PR ha pubblicato i risultati del suo ottavo Trust Barometer. Lo studio è stato condotto su 3.100 opinion leader in 18 mercati e ha stilato una classifica delle società di cui questi opinion leader si fidano e il perché. Pratiche responsabili di business si pone, in 12 paesi su 18, ai primi tre posti tra i fattori che influenzano i giudizi sulla reputazione di una società. Garantire che la RSI sia centrale ai modi di operare di un'azienda significa guardare a come sviluppa, fabbrica, promuove e vende i suoi prodotti e servizi.
La nuova Marketplace Campaign ha prodotto una serie di Principi di Responsabilità per il Mercato sempre più seguiti dai membri dell'associazione.
Società come Tata, Camelot, 3M e Foneback dimostrano come tutte si sono guadagnate una reputazione di integrità, hanno creato opportunità di mercato nuove e innovative e hanno protetto i clienti più vulnerabili. Waitrose ha dimostrato come il lavoro con i fornitori volto ad innalzare gli standard sociali e ambientale della catena delle forniture aiuta a gestire dei rischi che, altrimenti, sarebbe difficile controllare direttamente.
Comunicare queste iniziative ai clienti ha significato, per il supermarket, conquistarsi fiducia e aumentare le quote di mercato. Recentemente Marks & Spencer è stata in cima alla classifica della ‘Britain's Most Admired Companies': diretta dal chaiman di Business in the Community, Sir Stuart Rose, è un luminoso esempio di una società con forti valori d'impresa che, partendo dai vertici, sono condivisi da tutti i dipendenti. E sarebbe difficile negare che questo progetto abbia contribuito in modo molto significativo al successo della Società.
Le società che guardano alla RSI non soltanto per proteggere la propria reputazione, ma per sfruttare le opportunità di mercato disponibili, beneficeranno di una migliore reputazione e di attività sostenibili a lungo termine. Quelle che invece considerano la RSI come un ‘maquillage' non solo rinunciano ad una leva di successo, ma espongono anche la loro reputazione a rischi notevoli. 
Risponde NO – Andrew Griffin, managing director di Regester Larkin e autore di New Strategies for Reputation Management
Le imprese devono essere – e devono essere considerate – una forza positiva per la società. Ma la RSI è il modo sbagliato: senza aiutarle a proteggere e a migliorare la loro reputazione, i programmi di  RSI qualche volta peggiorano le cose.
La fiducia nelle imprese è in calo continuo e oggi, più che mai, si trovano sui media storie negative: quasi tutto, dal riscaldamento globale all'obesità al bere eccessivo possono, in un modo o nell'altro, essere imputate al settore privato. Eppure quelle società che sono più frequentemente criticate dagli attivisti, dai politici e dai media sono le multinazionale che investono di più, in tempo e denaro, nella RSI. E allora perché la RSI non riesce a migliorare la reputazione?
Prima di tutto, la RSI è stata disegnata dai governi e dalle ONG, non dalle imprese. Questa affermazione sottintende che le imprese non sono socialmente responsabili, ma devono implementare un programma di attività che consenta loro di rendersi accettabili al mondo.
Il risultato è un bilancio sociale onnipresente e inutile, prodotto in migliaia di copie, ma letto quasi soltanto da alcune scettiche ONG, da qualche giornalista polemico e da un numero sempre crescente di addetti all'industria della RSI. Non vengono invece letti dal vero stakeholder dell'impresa: il cliente. I bilanci sociali rinforzano un ruolo che le imprese sembrano aver accettato: cattivi soggetti, obbligati a provare alla polizia responsabile che stanno facendo del loro meglio per rimediare ad un comportamento riprovevole.  In secondo luogo, le iniziative di RSI possono avere un effetto boomerang. Facciamo l'esempio dell'obesità: al primo insorgere della ‘crisi' sui media, le società si sono precipitate a fare ‘la cosa giusta' definendo e implementando iniziative sul contenuto dei cibi, l'etichettatura, il marketing e la pubblicità. Ciò nonostante il governo ha seguito la sua strada, vietando la pubblicità agli alimenti ‘spazzatura' e la colpa va addebitata proprio all'industria. Ha infatti permesso che la tematica ‘obesità' fosse discussa in modo unilaterale: con le sue aggressive campagne ‘socialmente responsabili', ma con una presa di posizione debole, ha consentito solo il rafforzamento nel pubblico della scorretta opinione che la causa primaria dell'obesità fosse il contenuto dei cibi, rendendo più facile, anziché ostacolarlo, l'intervento delle autorità.
Terzo, la RSI non può sostituire l'elemento chiave della reputazione: le performance. Un'indagine condotta negli US nel 2006 ha rilevato che alla domanda su quale fosse una società socialmente responsabile, i consumatori hanno messo ai primi posti Wal-Mart, McDonald's e Microsoft. E questi sono proprio i marchi che vengono quotidianamente attaccati in nome della responsabilità sociale. Forse quello che la gente intendeva dire è che si tratta di imprese che gli piacciono: fanno promesse che, per un verso o per l'altro, mantengono. Guardate Marks & Spencer che, dopo anni negativi, sta vivendo una rinascita della sua reputazione. E' forse merito della RSI? No, è merito del dare ai clienti quello che chiedono: buone prestazioni fanno crescere la reputazione molto più di quanto non possa fare la RSI. Questo significa che le imprese possono smettere di preoccuparsi di essere ‘buone'? No, perché essere buone fa parte integrante delle prestazioni: le preoccupazioni e le necessità della società devono essere considerate al pari delle proprie. Devono rispettare le opinioni degli altri per infondere la fiducia che giova al loro business.
Dobbiamo comunque renderci conto che essere cittadini responsabili non è un concetto nuovo. Società come Cadbury's and Lever Brothers si sono costruite una reputazione eccellente più di 100 anni fa comportandosi da rispettabili cittadini responsabili. La RSI, d'altra parte, è un concetto innovativo che descrive un insieme di iniziative, standard e aspettative che riflettono l'agenda del non-responsabile. Quindi le imprese pongono la domanda giusta: come possiamo migliorare le prestazioni, dare ascolto agli stakeholder e assicurare un contributo positivo alla società? Ma la RSI non fornisce la risposta. Il mio suggerimento alle imprese è di concentrarsi sulle prestazioni, costruire una cultura di cittadinanza responsabile e impegnarsi con gli interlocutori che contano davvero piuttosto che con quelli che gridano più forte. Se lo fanno, possono affossare, senza problemi, gli inutili linguaggi e le inutili iniziative di RSI.
F.C.
Eventi