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Legge 150: un articolo di Comunicatori Pubblici

11/10/2004

Dalla newsletter ComunicatoriPubblici Anno IV numero 129 (8/10/04)

Legge 150: molti ritardi e poche certezzeSe dovessi giudicare dalla quantità di lettere e telefonate che ricevo, dovrei ammettere che mai una legge è stata così poco e male comunicata come la 150.A due anni dalla sua approvazione, una ricerca nazionale già ci informava che solo il 19% dei pubblici dipendenti ne conosceva l'esistenza e che, di questi, solo il 10%, ne sapeva indicare scopi e finalità.Da allora le cose non sono migliorate.Qualcuno sostiene che la "fortuna" della legge 142 sia stata quella di aver previsto lo scioglimento dei consigli comunali in caso di non approvazione, nei tempi indicati, dei nuovi Statuti. Insomma, a determinarne il successo è stato l'aspetto sanzionatorio.Potrei portare altri casi simili ma qui voglio solo notare che è abbastanza sconsolante constatare come solo elementi di sanzione favoriscano un fatto che dovrebbe essere tanto naturale quanto l'applicazione delle leggi. Ma poiché, nel nostro Paese, un dibattito serio sull'etica nella pubblica amministrazione manca da oltre cinquant'anni, possiamo aspettare ancora qualche settimana.Non possiamo invece più temporeggiare per la legge 150.Dopo oltre quattro anni dalla sua promulgazione, oggi corre infatti il rischio di scontentare , in eguale misura, estimatori e detrattori.All'origine del "travaglio" che ne accompagna l'esistenza c'è il fatto che la 150 è una di quelle leggi "scomode" per la burocrazia più resistente al cambiamento (ma non solo). La legge tende di fatto a modificare lo status quo o, quanto meno, un certo "andazzo" in materia di comunicazione nella pubblica amministrazione. Quello che ci fa ascoltare dichiarazioni di convinto sostegno in suo favore dagli stessi interlocutori che poi riducono le risorse ad essa destinate, ne impoveriscono le strutture, o assegnano a queste ultime personale non sempre all'altezza della situazione.Né ci aiutano coloro che prima predicavano la "mission", poi la "vision" e adesso il "brand".Insomma dopo quasi cinque anni quali risposte hanno ricevuto le decine di migliaia di operatori del settore?La solita manciata di indagini e ricerche condotte con modalità diverse e quindi con risultati impossibili da confrontare e (forse) una nuova proroga in materia di formazione e aggiornamento. In relazione alla quale, se sarà confermata, formulo un solo auspicio: indichi chiaramente che questa deve essere considerata l'ultima occasione per tutte quelle Amministrazioni che ancora non hanno messo i propri dipendenti nelle condizioni previste dalla nuova normativa.Da parte nostra, siamo impegnati su tre punti che riteniamo essenziali: riconoscimento del profilo professionale del comunicatore pubblico, l'unica delle tre figure (capo ufficio stampa e portavoce a parte) non ancora definita; approvazione delle piante organiche come già accade in alcune realtà, prima fra tutte il Comune di Roma; inserimento del ruolo e della professione nei futuri contratti di lavoro come richiesto, assieme alle Organizzazioni Sindacali, in un documento inviato nei mesi scorsi alle Associazioni di Comuni, Province e Regioni.I prossimi mesi saranno decisivi non solo per i dipendenti pubblici che bene o male (più spesso male che bene) operano in questo settore ma anche per i neo-laureati in scienze della comunicazione che non vedono ancora aprirsi le porte delle Amministrazioni locali e nazionali.Il 3 novembre COM-PA sarà una occasione da non perdere per capire, da chi può dirci parole importanti, quale futuro attenda la legge 150 e i comunicatori pubblici.Questo editoriale comparirà nel numero di ottobre del mensile "Guida al pubblico impiego locale", edito da Il Sole 24 OreAlessandro Rovinetti, Segretario Generale dell'Associazione Italiana Comunicazione pubblica e Istituzionale - 08/10/2004
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