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L'indipendenza dei social media: il ruolo di Ferpi

08/10/2009

La Federal Trade Commission definisce regole per facilitare l’autonomia dei blogger dagli interessi commerciali ed economici. La cosa ci riguarda direttamente.

di Toni Muzi Falconi


Ha suscitato l’interesse di alcuni media italiani (sole due volte – scarica gli articoli Alt alla pubblicità occulta su blog e social network e I testimonial responsabili piacciono anche in Italia, tratti da Il Sole 24 Ore di mercoledì 7 ottobre) la notizia che la Federal Trade Commission statunitense abbia emesso nei giorni scorsi una interpretazione autentica, con tanto di possibilità di comminare multe salate, dei requisiti richiesti di trasparenza nella blogosfera soprattutto con riferimento agli interessi economici e commerciali che spesso si celano dietro consigli, suggerimenti, opinioni di blogger.


Come i nostri visitatori abituali sanno, è un tema che abbiamo spesso e da molto tempo trattato in questo sito e che è perfettamente sovrapponibile (sia pure con diverse accezioni) al tema delle relazioni con i giornalisti e che ci accompagna da oltre 100 anni, da quando cioè esiste la nostra professione.


E’ ovvio che si presuma a priori che il giornalista sia indipendente e autonomo rispetto ad interessi commerciali, politici o economici rappresentati dai relatori pubblici.
Si tratta di un professionista, regolarmente retribuito per informare i lettori/spettatori/ascoltatori e interpretare gli avvenimenti e la sue consolidate regole deontologiche gli impediscono esplicitamente di ricevere compensi aggiuntivi da rappresentanti di interessi in cambio di trattamento di favore.


E’ altrettanto ovvio presumere che un blogger o facilitatore di community in altri social media, normalmente un volontario privo di retribuzione stabile per quella funzione, per avere successo debba posizionarsi come indipendente e autonomo rispetto ad interessi di parte per acquisire la credibilità sufficiente ad essere visitato, consultato e commentato.


Eppure, sappiamo bene come la prima parte dell’equazione (quella relativa ai giornalisti professionisti) sia, nella realtà quotidiana, un “mondo di sogni”, ragione non certo ultima del crollo di credibilità dei cosiddetti mainstream media.


Parimenti, non è difficile pensare come nella blogosfera possa essere agevole orientare commenti, consigli e preferenze di blogger in funzione di interessi specifici.


Sono, almeno fin qui, tutte cose ovvie già dette e già digerite e le regole della FTC (da scaricare qui e leggere con attenzione) non fanno che sanzionare una questione ormai sviscerata sotto ogni aspetto.


Vi sono però due questioni che, ovviamente, ci riguardano direttamente come relatori pubblici che vanno richiamate affinché, alla luce anche delle regole della FTC, aprano fra noi una riflessione collettiva che spero si rifletta anche su questo sito.


La prima ha a che fare con il fatto che siamo sempre noi, relatori pubblici, gli intermediari degli interessi che professionalmente rappresentiamo sia con i giornalisti che con i volontari della blogosfera.
In altre parole, i nostri tradizionali confini di esercizio dell’attività professionale (è bene ripetere qui, anche se ovvio, che le relazioni con i media mainstream rappresentavano solo 10 anni fa oltre il 60/70% delle nostre attività mentre oggi rappresentano meno del 50% anche estendendo le media relation ai social media…) si sono assai allargati in questi ultimi anni.
Non è cosa di poco conto poiché se, da un lato, questo allargamento costituisce un incremento di peso e di influenza, dall’altro non solo si sono prodotte nuove pratiche che hanno attratto una miriade di nuovi soggetti che di relazioni pubbliche sanno ben poco; ma si è anche generata la necessità di acquisire nuove competenze e conoscenze che prima non erano così necessarie.


La seconda a che fare con le conseguenze che il fenomeno produce sulle associazioni professionali, come la Ferpi, che ambiscono non soltanto a rappresentare nella società la professione e i loro associati ma anche a sostenere responsabilmente la crescita, l’autorevolezza, la credibilità della professione delle relazioni pubbliche presso tutte le categorie dei stakeholder degli associati e presso la società in generale.


Durante la recente riunione del Consiglio Nazionale sono stati presentati e distribuiti ai componenti una ventina di programmi di lavoro dei diversi delegati e mi sembrava che fosse stata approvata la proposta di metterli tutti in rete a disposizione dei soci su questo sito.
Dico questo perché non mi pare di ricordare, se non di striscio, che le conseguenze del fenomeno web 2.0 sulla nostra professione siano centrali rispetto agli elaborati presentati.
Sono passati da allora una decina di giorni e purtroppo non si è visto ancora alcunché (così come non si è vista alcuna sintesi dei lavori di quella riunione, a testimonianza che per molti dei nostri colleghi che hanno responsabilità associative Internet – parlo di 1.0 non di 2.0!!! – è ancora un fenomeno oscuro di cui approfittare quando si può ma non fa parte integrante del nostro sistema di lavoro…


Ne vogliamo parlare un po’????
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