Federica Zar, Consigliera Nazionale con delega alla Comunicazione
Ray Giubilo e la “maschera” di Jasmine Paolini, un’immagine non si limita a documentare, ma costruisce reputazione, alimenta storytelling e consolida un brand personale
Ci sono immagini che raccontano molto più di quanto mostrino. A New York, durante lo US Open, un singolo scatto ha attraversato il web e i giornali di mezzo mondo: Jasmine Paolini ritratta con occhi e bocca perfettamente allineati al logo della sua racchetta. Un effetto maschera, suggestivo e potentissimo, nato non da un artificio grafico o dall’AI, bensì dall’attimo esatto catturato dall’obiettivo del fotografo Ray Giubilo.
“Ho atteso a lungo un momento del genere” ha raccontato il fotografo italiano al Guardian. Quella frazione di secondo, resa eterna da un click, è la dimostrazione di come la fotografia sportiva non sia semplice documentazione, ma narrazione visiva, capace di generare simboli e di restare nella memoria collettiva.
Il fotografo che racconta il tennis
Da oltre trent’anni, il triestino Ray Giubilo gira il mondo inseguendo rimbalzi e traiettorie. La sua carriera è intrecciata con quella dei più grandi campioni: Lendl, Becker, Edberg e Wilander, agli ultimi fuochi di McEnroe, passando per le icone come Courier, Sampras, Agassi, Federer, Nadal, Djokovic, fino alle stelle più recenti.
Ma la sua cifra distintiva non è l’elenco dei nomi immortalati, quanto la capacità di dare forma all’emozione. Le sue foto vanno oltre il gesto atletico: rivelano intensità, tensione, fragilità e gioia
Nelle tribune di Flushing Meadows, dopo la vittoria di Paolini, Giubilo racconta un episodio che dice molto della sua discreta centralità: “Pensavo andasse ad abbracciare il coach, invece è venuta verso di me. Mi ha dato il cinque e ha detto che avevo scattato una gran bella foto”. È il riconoscimento spontaneo di chi percepisce quanto un’immagine possa valere quanto una vittoria.
Comunicazione che resta
In un’epoca di immagini effimere e scroll compulsivi, quella foto di Jasmine Paolini diventa qualcosa di più: un caso di comunicazione simbolica, capace di condensare talento, identità e riconoscibilità in un solo frame. È qui che la fotografia sportiva incontra il mondo delle relazioni pubbliche: un’immagine non si limita a documentare, ma costruisce reputazione, alimenta storytelling e consolida un brand personale. Ray Giubilo non è solo un fotografo. È un narratore di storie attraverso immagini. La sua “maschera di New York” è destinata a rimanere non soltanto nella memoria degli appassionati di tennis, ma come esempio di come un attimo, se colto con pazienza e visione, possa trasformarsi in icona globale di comunicazione.