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Lobby: Bistoncini anticipa i temi del suo libro

13/07/2011

“Il bravo lobbista deve essere discreto e stare sempre un passo indietro”. Lo afferma _Fabio Bistoncini,_ titolare della FB&Associati, in questa intervista in cui racconta il mestiere di lobbista in un momento in cui la professione attraversa una zona d’ombra a causa dello scandalo P4.

di Ettore M. Colombo
La considerazione del mestiere del lobbista è decisamente in ribasso per la deflagrazione dello scandalo sulla tela d’affari ribattezzata P4. Ma Fabio Bistoncini è abituato da sempre alle accuse e al generale biasimo per il suo mestiere. Anche per questo ha intitolato Vent’anni da sporco lobbista il libro autobiografico che uscirà a settembre (Guerini Associati), un saggio-verità, a metà tra la confessione personale e l’analisi di sistema. Perché Fabio Bistoncini, fondatore e cotitolare della FB&Associati, società italiana di advocacy e lobbying nata nel 1996, quello fa: il lobbista. Del resto, il nostro ha per modello Nick Naylor, lo scanzonato protagonista di Thank you for smoking, film cult per tutti gli aspiranti lobbisti, uno che di sé diceva: «Sono pagato per colpire sotto la cintura e incassare insulti». A volte, però, la realtà è molto più semplice delle fantasie e dei film: Bistoncini va a letto presto, si sveglia all’alba, vede sempre gli stessi amici ed è normalmente sposato: insomma, niente intrighi né film di spionaggio. Sul lavoro, però, Fabio il lobbista è una faina.
La FB ha un portfolio di imprese di cui rifiuta di fare i nomi ma che, assicura lui, «corrispondono ai migliori e più grandi gruppi italiani e internazionali». FB&Associati lavora a stretto contatto con il Parlamento italiano e tutte le istituzioni cruciali della nostra Repubblica, ma anche con gli enti locali, da tutte le giunte e i consigli regionali fino ai principali comuni e sindaci. E qui parte la prima rivelazione. «Stiliamo una classifica dei migliori parlamentari per noi, quelli con cui abbiamo lavorato meglio, a ogni fine legislatura e la recapitiamo ai partiti d’appartenenza. Poi loro decidono». Ci mancherebbe pure, ma la morale è: pure il lobbista vota e il voto pesa.
«Il passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica, o meglio a questa transizione mai finita in cui viviamo adesso, sta nel fatto che prima si faceva lobbying solo sui partiti, ora contano molto anche le istituzioni locali. La Finanziaria? Oggi non esiste più, sono solo tabelle, inattaccabili, e allora noi seguiamo e massaggiamo tutti i decreti collegati, come il decreto Sviluppo, oggi al Senato». Fatta la legge, trovato l’inganno? Qui scatta il cittadino: «Le leggi si rispettano, non si violano. Il lobbista lavora per modificarle o per promuoverle: una cosa ben diversa».
Bistoncini sospira: esistono ben sei proposte di legge per regolamentare l’attività di lobbying e sarebbe ora di farla «Ci vorrebbe un Albo delle società specializzate in lobbying e in advocacy sotto la supervisione di un ente come il Cnel a garanzia di terzietà e di controllo sulle loro attività. Sarebbe fondamentale fare come negli Usa, dove se vai a fare attività politica in prima persona, in un ente o come spin doctor, poi per almeno due anni ti devi fermare dalla lobbying». Qui la polemica è con Claudio Velardi e la sua multiforme attività: «Il bravo lobbista deve essere discreto e star sempre un passo indietro». Bisignani? «Tra uno come me e uno come lui c’è un abisso» taglia corto. Poi sostiene che i comitati promotori del referendum su acqua e nucleare «hanno fatto lobby su larga scala», una sorta di lobbismo democratico. Infine rivela: «L’unica volta che mi sono sentito preso in giro da un politico? Da Massimo D’Alema, allora ministro degli Esteri. Curavo gli interessi degli italiani scappati dalla Libia nel 1972 ed espropriati da Gheddafi». Sarà anche l’anti Bisignani, ma non è che lo freghi facilmente, il lobbista.
Tratto da Panorama Economy
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