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Lobbying in Italia: il settore cresce, ma le sfide non mancano

16/12/2024

Giuseppe de Lucia

Il mondo delle lobby in Italia ha chiuso il 2023 con risultati di tutto rispetto. Guardando ai numeri, si nota come alcune delle principali società – nomi come Cattaneo Zanetto, Comin, Inrete, Utopia e FB – abbiano superato i 7 milioni di euro di fatturato, con alcune punte che toccano i 16 milioni. 

Una crescita che conferma quanto questo settore stia diventando sempre più centrale nel panorama economico e politico del Paese.

Quello che è evidente dai dati è che se da un lato i grandi player continuano a macinare successi, dall’altro ci sono tante realtà più piccole che, pur raggiungendo il milione di euro, sono molto distanti dai big player. E questo apre una riflessione importante: cosa sta accadendo a un mercato che, pur in espansione, mostra segni di forte polarizzazione?

Ci sono diversi fattori che spiegano questa crescita. Da una parte, la crescente complessità del contesto normativo spinge sempre più aziende a cercare consulenti esperti che sappiano districarsi tra regolamenti, leggi e decisioni istituzionali. È un lavoro di precisione che richiede competenze, relazioni e strategie su misura. Dall’altra, però, c’è un dato che fa la differenza: i grandi gruppi non si limitano più ai tradizionali public affairs. Al contrario, offrono una gamma di servizi che va dalla gestione dei rapporti con i media all’organizzazione di eventi, fino a consulenze legali e strategiche. È questa diversificazione a fare la differenza.

Un esempio? Mentre una realtà specializzata – che tenderei a definire boutique per la loro focalizzazione su ambiti specifici – si concentra esclusivamente sull’interlocuzione con le istituzioni, i leader del mercato possono affiancare il cliente anche nella costruzione della sua reputazione mediatica o nella pianificazione di eventi che rafforzino la sua posizione pubblica. Questo permette non solo di rispondere a un ventaglio più ampio di esigenze, ma anche di attrarre clienti disposti a investire maggiormente.

Di fronte a queste dinamiche, le strutture più contenute rischiano di trovarsi in difficoltà. La loro forza, spesso, è la specializzazione in un ambito preciso – come il lobbying puro – ma il mercato sembra premiare chi offre un approccio più completo. Non è facile per queste realtà ampliare i propri servizi: servono investimenti, risorse e un’organizzazione che non tutti possono permettersi.

Inoltre, i grandi gruppi beneficiano delle economie di scala: possono sostenere costi più elevati, accedere a tecnologie avanzate e attrarre i migliori talenti. Questo crea un vantaggio competitivo difficile da colmare per chi dispone di risorse più limitate.

Un’altra dinamica interessante è l’arrivo dei fondi di investimento. Sempre più spesso, questi attori guardano al settore delle lobby come a un’opportunità redditizia. E non è difficile capire perché: si tratta di un mercato in espansione, con margini di profitto interessanti e una domanda in costante aumento.

Per le società che riescono a intercettare questi capitali, si aprono nuove possibilità: espansione, innovazione, internazionalizzazione. Ma il rovescio della medaglia è che questo afflusso di risorse rischia di allargare ulteriormente il divario tra i grandi e le altre. I primi, sostenuti da capitali esterni, possono accelerare la loro crescita. Gli altri, invece, devono arrangiarsi con i mezzi a disposizione.

Quello che emerge è un settore in fermento, che cresce e si evolve, ma non senza contraddizioni. Da un lato, le prospettive sono positive: la domanda di servizi di lobbying è destinata a rimanere alta, grazie alla complessità del contesto normativo e alle crescenti esigenze delle imprese. Dall’altro, però, le sfide non mancano, soprattutto per le realtà più piccole, che devono trovare modi per differenziarsi e restare competitive.

Le strategie possibili? Puntare su una maggiore specializzazione, magari in settori di nicchia, o cercare alleanze strategiche con altre realtà per ampliare l’offerta senza rinunciare alla qualità. L’innovazione tecnologica potrebbe essere un’altra strada: le società più lungimiranti stanno già investendo in strumenti digitali per analisi e monitoraggio legislativo.

Insomma, il mondo delle lobby in Italia è in evoluzione. E se da una parte le opportunità non mancano, dall’altra sarà fondamentale sapersi adattare a un mercato sempre più competitivo e complesso.

 

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