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L´ossessione del Cavaliere: un articolo di Ilvo Diamanti sui personaggi più potenti agli occhi degli

03/01/2005

Da La Repubblica di lunedì 3 gennaio 2005.

MAPPEL´OSSESSIONE DEL CAVALIERESondaggio Demos-Eurisko sulle aspettative per il 2005 e sui personaggi più importantiL´anno nero che verrà ILVO DIAMANTIÈ uno scenario un po´ monotono, quello offerto dalle opinioni degli italiani sull´anno appena finito e sull´anno appena cominciato. Grigio. Scuro. Così lo riproduce l´indagine Demos-Eurisko condotta poche settimane fa. Quando non si era ancora abbattuta, nell´Asia Sud-orientale, la catastrofe dello tsunami. Nondimeno il passaggio dell´anno appariva faticoso e arduo. Accompagnato da poche speranze. Mentre l´album delle figure "memorabili", in questa fase, risulta ridondante e ripetitivo. Punteggiato da immagini che riproducono, fino alla noia, un solo soggetto. Silvio Berlusconi. Che due persone su tre (nel campione rappresentativo intervistato da Demos-Eurisko) considerano "l´uomo che ha più potere nel paese, in questo momento".Il più potente d´Italia. Senza apprezzabili concorrenti, a bilanciarlo. L´unica figura che negli ultimi anni abbia concretamente contribuito a temperare le sue scelte, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, invece, viene indicato alla testa della scala del potere dal 10% degli italiani. Tutti gli altri, imprenditori, politici e uomini dei media, finiscono, confusi, nello sfondo. Berlusconi. Fa parte del paesaggio nazionale. Nel bene e nel male. In tutti i settori. Segue di poco Gianfranco Fini nella classifica dei "migliori" della politica italiana del 2004. Ma è nettamente primo nella graduatoria dei "peggiori". Tale è definito non solo dai "partigiani" della sinistra, ma anche dagli elettori della sua coalizione. Perché è il più "potente", non il più amato. Neppure dai suoi. Nell´economia. È al 3° posto della graduatoria dei "migliori". Preceduto dal "suo" ideologo e superministro, Tremonti. Sacrificato, l´estate scorsa, per sedare la rivolta degli alleati. Ma, di nuovo, nella classifica dei "peggiori", è lui a primeggiare. Affiancato, ancora, da Tremonti. Berlusconi. La sua presenza è visibile in tutti i campi. Non solo attraverso indicazioni esplicite e dirette. Sulla scena internazionale, infatti, appare implicitamente: attraverso il suo "amico", George W. Bush. Secondo fra i migliori e - senza storie - il "peggiore". Mentre nello sport prevale Schevchenko. Giocatore del "suo" Milan. E nello spettacolo si riconosce il suo marchio, dietro a personaggi come Gerry Scotti; e, ancor più, Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Per non parlare di Emilio Fede.Insomma, il piccolo mondo contemporaneo degli italiani propone a ogni angolo, in ogni direzione, la stessa immagine. Segnale di alcune tendenze del nostro tempo, che negli ultimi anni si sono rafforzate.1) In primo luogo, lo sconfinamento disciplinare, la despecializzazione. La scomparsa di confini chiari e netti: fra politica, economia, sport, spettacolo, media. Fra locale e globale. La commistione di linguaggi e di codici. I politici che affollano le tivù. I presentatori e gli attori della tivù che fanno politica. Diventano parlamentari europei, portavoce dei partiti maggiori. I politici, gli attori, i musicisti che frequentano gli eventi sportivi (puntualmente rilanciati dai media). E, in prima persona o attraverso i loro amici, diventano proprietari di società (oppure allenatori) di calcio e di altre discipline; e dicono la loro su tutto. Basta guardare una trasmissione della domenica o del lunedì sera, dedicata al campionato, per finire in un tumultuoso processobiscardiano (padre, insieme a Maurizio Mosca, dello "sport-come-spettacolo-totale"), dove convergono figure di ogni genere e campo. Calciatori, veline, ministri, politici, giornalisti, cuochi, magistrati, attori. Tutti insieme. A dire. Nonimportaché.2) In secondo luogo, la perdita del senso di realtà. Perché lo scambio fra il mondo reale e mediale è talmente fitto, talmente profondo, che diventa un´impresa ardua e ardita discernere. Distinguere. Il vero dal verosimile. Lo spettacolo dalla realtà. Anche perché la realtà non sembra tale, se non ha spazio sui media. Mentre la narrazione mediatica, parallelamente, diventa vera. Normale. Familiare. Anche se in determinati momenti la realtà prende il sopravvento. Quando la distanza dalle rappresentazioni proposte diventa troppo ampia, com´è avvenuto nel corso dell´anno passato, in relazione alla condizione economica e al costo della vita. Oppure, quando irrompono tragedie immense, come quella provocata dal maremoto. Una settimana fa. Allora sono i media a inseguire la realtà. Piegandosi ad essa. Anche se la replica infinita rischia di generare assuefazione. Di abituarci. Trasformando la catastrofe e il dolore in spettacolo. E noi, di nuovo, in spettatori.Berlusconi, più di ogni altro (forse non solo in Italia), ha colto queste tendenze, interpretato queste novità. Contribuendo, a sua volta, ad affermarle. E a moltiplicarle. Impegnato a impersonare tutte le principali parti dello spettacolo della vita pubblica. Nazionale e globale. Presidente-imprenditore; ma anche presidente-operaio, pensionato, casalinga, per-sempre-giovane, calvo e nuovamente capelluto, rugoso e liftato, ammalato e guarito, premier potente (perché) amico dei potenti della terra. Come stupirsi se gli italiani lo vedono dappertutto? Se non riescono a distinguere la sua immagine reale da quella virtuale? E´che Berlusconi, agli occhi della gente, si è progressivamente trasformato in icona. Una costruzione fantastica. Una maschera popolare. Cui vengono attribuiti diversi significati. Bersaglio di sentimenti diversi e opposti. Ammirazione, ma anche ripulsa. Attrazione, ma anche "odio". Come ha esplicitamente riconosciuto il muratore che lo ha aggredito, nei giorni scorsi, a Roma. Comportamento intollerabile, prima ancora che intollerante. Ma emblematico, sintomatico, di cosa rappresenti oggi Berlusconi per molti italiani. La misura del bene e del male. Del giusto e dell´ingiusto. Una sorta di ossessione.Il che, peraltro, costituisce, per la sua leadership "totale", un rischio. Perché gli italiani non amano i "troppo" forti. I "troppo potenti". I "troppo". Li guardano con timore e invidia. Magari li seguono. Ma a distanza. (Non a caso, ad eccezione della graduatoria del potere, Berlusconi non appare mai in testa alla classifica dei "migliori").Tuttavia, per chi ambisce a scalzarlo, a ridimensionarne il ruolo, soprattutto in politica, questo scenario appare particolarmente critico. Perché sancisce, senza ombra di dubbio, che viviamo nell´epoca e nella repubblica di Berlusconi. Dove Berlusconi popola i sogni e gli incubi degli italiani. Fornisce valori e disvalori. Funziona da bussola. Per batterlo, l´opposizione, gli oppositori - per motivi politici, culturali e antropologici - dovrebbero augurarsi - e operare per - un 2005 sberlusconizzato. Dove, cioè, fosse possibile parlare di politica, cultura, società, spettacolo, sport, senza fare riferimento al suo nome. Senza evocare la sua immagine. Il che appare francamente difficile. Visto che anche questa indagine, questa mappa, questo articolo, per dimostrare l´importanza del silenzio su Berlusconi, ne hanno pronunciato il nome e rilanciato l´immagine qualche decina di volte.
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