Ferpi > News > Non ha più senso parlare di "media tradizionali"

Non ha più senso parlare di "media tradizionali"

17/11/2010

Continua il dibattito sul ruolo dei media nel delicato momento storico che stiamo vivendo. _Claudio Cosetti,_ di Barabino & Partners, lancia la provocazione sull'inattualità della distinzione tra new e old media.

di Claudio Cosetti
L’evoluzione che ha caratterizzato negli ultimi 24 mesi il sistema dell’informazione sta portando ad una conseguenza, quella dell’inattualità della distinzione tra media “tradizionali” e new media.
Il fatto è importante anche se non ancora così evidente perché si modifica nella sostanza l’annosa diatriba tra due diversi modelli di informazione, quello più tradizionale e centrato su un’informazione professionale e strutturata che passa attraverso i gruppi editoriali e quello idealisticamente più democratico e non filtrato che passa attraverso Internet e le cosiddette social community.
In questa ottica la provocazione su quando sarà pubblicato l’ultimo quotidiano non ha più molta rilevanza in quanto l’interruzione della vendita del cartaceo altro non sarebbe che l’interruzione di un canale distributivo di vendita e non, invece, il venire meno o la sconfitta di un modello di informazione.
Se si analizzano i cosiddetti media “tradizionali”, ad esempio Il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore, si nota come la suddetta evoluzione ha comportato un nuovo modello di informazione che integra off line ossia cartaceo con online con quest’ultimo che ingloba, oltre che un’informazione aggiornata in tempo reale, modalità e strumenti di condivisione dell’informazione quali blog, forum, chat e web tv attraverso l’utilizzo di nuovi applicativi quali, ad esempio l’iPad.
In questo contesto quindi viene meno la differenza tra media tradizionali e new media e si impone la necessità di adottare nuove categorie di analisi che potrebbero, ad esempio, essere quelle tra media strutturati e professionali e media non organizzati.
La differenziazione non è solo accademica ma sostanziale perché, se accettata, comporta una modalità completamente nuova di guardare all’informazione.
Sicuramente i media strutturati e professionali necessitano, in molti casi, di un’ulteriore accelerazione del processo di integrazione dei canali ma certamente l’intero modello non può essere messo in discussione.
Che differenza c’è tra i cosiddetti quotidiani online o i cosiddetti aggregatori e quotidiani ad oggi definiti tradizionali quali Il Corriere? Nessuna se non il fatto che Il Corriere continua a mantenere un canale di vendita rappresentato dalla pubblicazione del cartaceo.
Rimane e permarrà, invece, il dibattito sul fatto che sia vincente l’informazione professionale o invece l’informazione che nasce in maniera non professionale da una pluralità di fonti.
Probabilmente la risposta è che entrambi i modelli possono convivere e anzi che il modello vincente, almeno da un punto di vista sociale, è l’utilizzo sempre maggiore da parte del modello professionale della pluralità di informazione individuale che nasce in Internet.
D’altra parte, anche il tema legato al fatto che l’informazione professionale e organizzata possa filtrare e manipolare l’informazione stessa non dipende solo dal modello informativo ma dal contesto democratico nel quale è inserita e dove, eventualmente, l’esistenza delle fonti libere, individuali e non professionali può concorrere a garantire una libera informazione.
E’ auspicabile quindi che i due modelli – professionale e organizzato verso non organizzato – continuino a coesistere ampliando le possibilità e opportunità di contaminazione e di sinergia, soprattutto legata all’utilizzo da parte dell’informazione professionale del libero pensiero della rete attraverso un opportuno filtro e valutazione critica della qualità e dell’attendibilità della stessa.
Tratto da Il Muro della Comunicazione

E’ di oggi (18 novembre 2010) un approfondimento di Claudio Cosetti rispetto ai contenuti precedenti.
Media tradizionali? In realtà, in molti casi, i più innovativi!
Il tema sui media tradizionali trattato nel post di ieri merita forse un ulteriore spunto di riflessione e di analisi applicata concretamente ad esempi quali Il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore .
L’accezione di media tradizionali è oggettivamente non più utilizzabile perchè fuorviante, non realistico e, soprattutto, non corrispondente alla realtà dei fatti.
L’analisi dell’evoluzione di questi media – ad esempio Corriere e Sole – dimostra infatti come negli ultimi due anni siano stati un vero e proprio motore di innovazione nell’informazione come mai era stato in passato.
L’evoluzione da strumenti di informazione tradizionali e cartacei a strumenti di informazione complessi e articolati su online e offline è significativo così come è significativo il processo di convergenza che nel sito è avvenuto attraverso un mix di articoli giornalistici, televisione (vedi Corriere TV), video, forum, blog.
Il tutto attraverso un crescente processo di partecipazione attiva dei lettori attraverso diverse forme sempre però filtrate e giustamente moderate.
La sfida di questi media non è più quindi quella di evolvere verso nuovi confini ma semmai quella di comprendere due aspetti, quello dell’integrazione tra modello online e offline, anche in termini di contenuti, e quello di mantenere la partecipazione attiva allargando la presenza e l’integrazione con l’nformazione spontanea della rete.
Un ulteriore step è la definizione delle modalità di pricing del prodotto online, free o a pagamento, così come l’organizzazione interna dei ruoli e dei compiti, come ha dimostrato il duro confornto tra il Direttore del Corriere e la redazione.
Meglio quindi guardare ai media tradizionali con una focale diversa perchè più che di media tradizionali si dovrebbe parlare di media convergenti.
Eventi