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Parole e idee dedicate a Franco Carlini

21/01/2009

Un interessante aggiornamento di Toni Muzi Falconi a seguito della tavola rotonda "Politica condivisa: altruismo e democrazia nella rete" svolta nei giorni scorsi a Genova, in ricordo di Franco Carlini.

Nei giorni scorsi presso l’Università degli Studi di Genova si è svolto l’incontro – organizzato da Totem – per continuare a discutere di internet, della rivoluzione digitale e delle sue conseguenze sulla cultura, la società e la politica con l’approccio libero e multidisciplinare che era di Franco Carlini, prematuramente scomparso alla fine di agosto 2007.


In occasione del convegno, gli organizzatori, hanno pubblicato un interessante testo inedito con le “Idee per un saggio sull’economia della conoscenza e dell’altruismo”.


Leggi qui “Il circolo della conoscenza. Un inedito di Franco Carlini”.



Caro Franco,


Sono certo che ti sei parecchio divertito martedì scorso ad ascoltare i diversi interventi, e vedere tanti amici stipati e tanti giovani in piedi nell’aula dell’Università di Genova.
I tuoi Totemini hanno fatto davvero un ottimo lavoro e i contenuti della discussione sono stati tutti buoni e in qualche caso anche ottimi.
Bella soddisfazione per te: sono in fase di sorpasso…


Ne approfitto per esprimerti il rammarico di non potermi confrontare con te, come sovente usavamo fare, in merito ad alcuni sviluppi delle riflessioni e della pratica professionale che vado conducendo ispirato da una conversazione continua con diversi interlocutori, studiosi e professionisti, di ogni parte del mondo.
Mi manchi molto.
Mi manca la tua prospettiva, il tuo punto di vista e, soprattutto mi chiedo come avresti interpretato questa situazione di crisi globale e – proprio il giorno del convegno in tuo onore! – l’insediamento di Obama.


Intanto però ti aggiorno sullo ‘stato dell’arte’ del lavoro che sto sviluppando, in collaborazione con colleghi asiatici, africani, australiasiani, latino e nord americani in merito alle dinamiche dei ruoli e delle funzioni della comunicazione. La prospettiva di partenza è organizzativa, sistemica e relazionale.
Le assonanze, le associazioni di idee, i link con tante delle cose indicate a Genova da Andrea Ranieri, Luca De Biase,Carlo Formenti, Anna Masera, Enrico Grazzini……(quelli che ho ascoltato..).ci sono tutte e credo che anche a loro possa interessare questo aggiornamento.


1.
Il corpo di conoscenze delle relazioni pubbliche, formatosi in larga parte nel ventesimo secolo, assumeva come dominante una funzione mirata a ‘persuadere’ i pubblici influenti di tutte le organizzazioni (private, sociali e pubbliche) attraverso un ascolto preventivo di quei pubblici (opinion leader, le cui opinioni sono ritenute capaci di influenzare gli altri) orientato ad una comunicazione-a maggiormente efficace.


E’ il modello (che risale agli anni venti del secolo scorso e che ha vissuto infiniti perfezionamenti) di ‘scientific persuasion’ di Edward Bernays (il vero inventore del marketing e uno dei personaggi più influenti del 20esimo secolo) che ben ricordi e che ha plasmato di sé in tutto il mondo l’american way of life, con tutti i graditi vantaggi e le, meno gradite, sue conseguenze ‘collaterali’.


2.
Infinite le ragioni (che ti risparmio perché le conosci meglio di me) per cui questo modello è saltato, anche se ancora tenacemente applicato da tante organizzazioni, e sono ormai quasi 30 anni che alcuni studiosi e professionisti si sforzano di delineare e declinare una nuova cornice di riferimento che tenga conto delle dinamiche indotte dalla discontinuità che le concettualizzazioni del tempo e dello spazio, indotta dalle nuove tecnologie, hanno prodotto nelle nostre società (non solo occidentali) accelerando paurosamente i processi di globalizzazione.


3.
In estrema sintesi siamo arrivati a concordare una piattaforma generale imperniata su due paradigmi generali e integrati:


a)
la discontinuità che in questi ultimi mesi ha investito tutte le organizzazioni (private, pubbliche e sociali) in tutto il mondo è un fenomeno profondo che impone una revisione drastica dei modelli di direzione fin qui adottati e di cui i fenomeni finanziari ed economici sono soltanto due effetti perversi.


Le relazioni-con (e non più la comunicazione-a) i pubblici influenti (stakeholder?) assumono una centralità nei processi di governance, prima ancora che in quelli di management. E la qualità di queste relazioni (certamente valutabile…abbiamo fatto anche questo, lo abbiamo sperimentato e..funziona assai bene!) riveste un valore strategico per la durabilità dell’organizzazione nel tempo.
Il processo che abbiamo condiviso si chiama stakeholder relationship governance (governo delle relazioni…Franco, ti ricorda qualcosa? ne abbiamo parlato più volte negli anni scorsi e ci avevi anche aiutato nel lontano 2000 ad avviare una piccola community sul tema dall’interno del sito Ferpi senza però (ma è stata soprattutto colpa mia) investirci troppo.


Beh, credimi Franco, il Gorel è oggi davvero, e finalmente!, la nuova frontiera delle organizzazioni nella società e, a livello internazionale, abbiamo fatto dei bei passi avanti -contando anche sul vantaggio che siamo stati (chi più chi meno) capaci di assorbire molti stimoli dalla cultura della rete; dalle neuro scienze e dalla biologia culturale soprattutto in chiave di intreccio sempre meno automatico (come era una volta) fra opinioni e comportamenti; e dalla ormai diffusa consapevolezza che la qualità dei processi decisionali e, ancora più importante, il rispetto dei tempi di implementazione di quelle decisioni (assunto oggi a indicatore qualitativo della stessa qualità della decisione) dipendono in larga parte dalle modalità con cui le organizzazioni ascoltano, coinvolgono, negoziano i pubblici influenti.
Prima, durante e dopo la decisione.


b)
La nostra è per definizione una professione globale e le organizzazioni con le quali lavoriamo devono, anche quando hanno perimetro locale e circoscritto, avere una prospettiva globale.
La porosità diffusa è tale che non si può fare diversamente e nessuno meglio di te lo sa.
Dunque, le organizzazioni devono lavorare applicando quello che abbiamo definito il paradigma dei principi generici e delle applicazioni specifiche che supera la classica contrapposizione globale/locale andando però ben oltre la sua crasi stereotipata di glocale.


In pratica, in ogni parte del pianeta una organizzazione si racconta applicando alcuni principi generici (propri e specifici di cultura organizzativa) e di alcune applicazioni specifiche riferite al singolo territorio (stiamo discutendo se il concetto di Stato nazionale abbia ancora senso o se non sia meglio specificare il concetto di territorio tenendo conto che le applicazioni specifiche sovente variano più da Milano a Salerno che non da Italia a Inghilterra….ma è tutto da valutare..)


Con la importante sottolineatura che i principi generici hanno senso soltanto e quando siano stati individuate e approfondite le applicazioni specifiche….altrimenti si ricade nel modello di gestione globale dell’organizzazione che sappiamo non funzionare.
Per capirci, le applicazioni specifiche hanno a che vedere con l’analisi e le implicazioni sui comportamenti organizzativi di sei variabili fondamentali:


il sistema istituzionale/legale, quello politico, quello economico, quello di cittadinanza attiva, quello socio culturale e quello dei media.


L’integrazione concettuale e operativa di questi due paradigmi è il prossimo passo che ci aspetta.
So bene che ti è impedita la parola, ma voglio sperare che fra i tanti tuoi amici e collaboratori non vorranno farci mancare idee, suggerimenti, critiche e impressioni.


Toni Muzi Falconi



(In alto un’immagine della tavola rotonda)
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