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Politica, quale comunicazione?

17/10/2012

Alla soglia delle elezioni della prossima primavera, lo scenario appare preoccupante: la fiducia nei partiti e nella politica in generale è ai minimi storici. Eppure è in questo contesto che si troveranno ad agire anche i comunicatori, che, avranno la responsabilità di scongiurare il rischio che tutto il dibattito si riduca al tentativo di delegittimare l’avversario. Una sfida che è importante vincere, come mostra _Andrea Ferrazzi._

di Andrea Ferrazzi
Più si avvicinano le elezioni politiche della prossima primavera, più cresce la preoccupazione per come esse saranno affrontate anche dal punto di vista della comunicazione. Lo spettacolo di degrado, corruzione e pressapochismo al quale stiamo assistendo rende quasi improba la missione alla quale sono chiamati tutti coloro che parteciperanno attivamente alla campagna elettorale: ridare (almeno un po’ di) credibilità alla politica e alle istituzioni, in un momento in cui prevale la sfiducia. Soprattutto tra i giovani, come emerge dal nuovo capitolo della ricerca Rapporto Giovani, promossa dall’Istituto Toniolo, curata da un gruppo di docenti dell’Università Cattolica e realizzata da Ipsos con il sostegno della Fondazione Cariplo.
I risultati sono eloquenti. Il 94% degli intervistati respinge senza appello i partiti, dando un giudizio fortemente negativo. Molti, secondo gli autori dell’indagine, i motivi di una disaffezione sempre più marcata: l’incapacità di gestire la crisi che ha minato la credibilità del sistema Paese e ha portato al governo dei tecnici, ma pesano anche gli scandali legati ai comportamenti privati, l’eccesso di privilegi stridente con la necessità di austerity imposta dalla recessione, oltre che i continui episodi di abuso dei finanziamenti pubblici.
Alta è anche la sfiducia inflitta alla Camera dei Deputati e al Senato, con voti positivi appena sopra il 10%. Pesano qui in modo negativo – sempre secondo gli autori del rapporto – i vincoli anagrafici di accesso, pari a 25 anni alla Camera e 40 al Senato, che fanno del Parlamento italiano uno dei meno aperti alla presenza delle nuove generazioni in Europa, ma probabilmente anche il fatto di essere considerato un Parlamento di “nominati”, ovvero eletti con liste bloccate senza la possibilità di indicare le preferenze.
Non va molto meglio al Governo. Scarsa la fiducia nell’Esecutivo Monti, seppur un po’ più alta rispetto ai partiti e al Parlamento. Negativo il giudizio dell’83% dei giovani intervistati.
La fiducia cresce in funzione delle prossimità territoriale con i cittadini: la grande maggioranza degli intervistati opta per la bocciatura, ma il numero dei favorevoli sale al 24% nel caso della Regione e al 29% in quello del Comune. Ancor più alti tali valori nelle aree del Paese nella quali la gestione dei servizi verso i cittadini tende ad essere più efficiente. La percentuale di voti positivi per il Comune presenta infatti una forte connotazione territoriale, passando dal 21% del Sud al 40% del Nord Est. Riescono a resistere un po’ di più alla sfiducia generalizzata verso le istituzioni la Presidenza della Repubblica (35% di consensi) e l’Unione Europea (41%). L’Europa stessa è, tuttavia, in difficoltà, ma rimane un punto di riferimento ideale per molti giovani oltre che una via di fuga, soprattutto verso quei paesi che offrono maggiori spazi e opportunità per le nuove generazioni.
Nel complesso lo scenario è desolante. Eppure è in esso che si troveranno ad agire i protagonisti della prossima campagna elettorale. Ad iniziare, ovviamente, dai comunicatori. Che, a mio avviso, avranno la responsabilità (enorme) di scongiurare un pericolo sempre più concreto: che tutto il dibattito politico si riduca al tentativo di delegittimare l’avversario agli occhi dell’opinione pubblica, sperando di esserne il megafono. Se si cederà a questa tentazione, la credibilità già scarsa dei partiti (di tutti i partiti) e della politica nel suo insieme si ridurrà ulteriormente. Non ci saranno vincitori, ma solo vinti. Compresi i cittadini, che si troveranno a vivere in una democrazia sempre più malata.
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