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Quale futuro per le relazioni pubbliche?

13/07/2011

Oltre 150 accademici e professionisti delle Rp si sono dati appuntamento a Barcellona per fare il punto sulla professione di relatore pubblico e discutere degli scenari futuri che si prospettano ricchi di cambiamenti radicali, di percorsi accidentati e di sfide affascinanti. _Mario Iannello_ racconta i punti più importanti dell’incontro e gli spunti emersi.

di Mario Ianniello
L’avveniristica cornice del Media Centre di Barcellona, a pochi passi dalla Torre Agbar, è stata, il 28 e 29 lo scenario della Barcelona Meeting Com#1: International PR 2011 Conference Competing Identities: PR in the 2010s, dove circa 150 accademici e professionisti provenienti da tutto il mondo (Australia, Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Nuova Zelanda, Polonia, Svizzera e USA oltre naturalmente a Catalogna e Spagna) hanno risposto all’appello del professor David Mc Kie per confrontarsi sul ruolo delle relazioni pubbliche e sul futuro della disciplina.
Organizzata da Universitat Oberta de Catalunya, Universitat “Pompeu Fabra” Barcelona, The University of Waikato e University of Stirling, la conferenza aveva l’obiettivo dichiarato, a partire da una discussione plenaria insieme a Robert L. Heath, autore di due edizioni dello Handbook of Public Relations (“a quando la terza?” hanno chiosato molti degli intervenuti) di suscitare un dibattito sulla direzione e le potenzialità della disciplina, lasciando spazio a una serie di interventi di accademici e professionisti che si sono confrontati a lungo e con passione.
A condire il tutto ha pensato il vulcanico McKie che, ostentando le sue origini scozzesi (e ci ha finalmente svelato che il kilt non è, come credevamo, un simbolo della sua nazione ma una riuscitissima azione di relazioni pubbliche di Walter Scott, nel tentativo di creare un simbolo nazionale che portasse con sé una parte di ridicolo per ammorbidire i bellicosi guerrieri del nord) è rimasto solidamente attaccato alla barra della conferenza, alternando riflessioni profonde a pressanti inviti ai relatori a restare nei tempi (…”or I’ll break your legs!” è stato uno dei commenti più teneri!).
L’Italia, in questo consesso, è stata rappresentata dal paper intitolato Rigour, Relevance or What? Some Reflections on PR Research Paradigms and Methods, a firma di Paolo Fedele, Mario Ianniello e Nicola Strizzolo del LAREM (Laboratorio di Ricerca Economica e Manageriale) dell’Università di Udine. Il lavoro ha proposto, sulla traccia delle ricerche di Michael Barzelay della London School of Economics, l’approccio della design science come possibile momento di raccordo tra le esigenze di rigore scientifico degli accademici e di rilevanza applicativa dei professionisti delle relazioni pubbliche. Ponendosi volutamente a metà strada fra teorizzazioni di ampia portata e conoscenze operative, questo approccio cerca di rispondere al dilemma “rigore/rilevanza” offrendo come prodotto di ricerca una serie di prescrizioni utili a risolvere classi di problemi (intervento + contesto = risultato). Queste prescrizioni sono allo stesso tempo radicate in una rigorosa base teorico-scientifica e testate ripetutamente sul campo in ambiti operativi rilevanti. Lo studio di più casi aziendali per il tramite dello stesso modello di lettura è la soluzione metodologica che permette di conciliare le due esigenze.
Il coordinatore scientifico del LAREM, Luca Brusati, ha sottolineato come questo lavoro, che ha visto cooperare aziendalisti e sociologi, racchiuda una delle caratteristiche peculiari del corso di laurea in RP dell’ateneo friulano e della pluriennale attività del Laboratorio: “la multidisciplinarietà non rappresenta più per le Relazioni Pubbliche solo un requisito che arricchisce la valenza scientifica della ricerca, ma permette di garantire ai professionisti la necessaria rilevanza dei risultati ottenuti, offrendo modalità di lettura adeguatamente complesse di una realtà in costante mutamento”.
Un resoconto del dibattito che si è svolto a Barcellona in merito alle prospettive di sviluppo delle Relazioni Pubbliche va senz’altro al di là dello scopo di questa breve comunicazione; il comitato organizzatore del Convegno deciderà a breve il modo migliore per condividere le relazioni degli speaker presenti. Come testimoniato dalle continue riflessioni sullo stato della disciplina, argomento oggetto di una sessione specifica di Bledcom 2010 e addirittura del call for papers di Bledcom 2012, sembra inevitabile che il secondo decennio sia testimone di cambiamenti radicali, di percorsi accidentati e di sfide affascinanti.
Come sempre, possiamo scegliere di stare a guardare o metterci in gioco.
Forse questa volta il vento di cambiamento potrebbe soffiare proprio dal sud Europa, portando con sé i colori e la fragranze uniche della nostra terra. Dando vita, magari, a una primavera mediterranea.
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