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Quando Bruno Vespa intervista in tv Silvio Berlusconi svolge la funzione di giornalista o di capo de

14/04/2004

Comunicatore mestierante: dal Manifesto di domenica scorsa un approfondimento di Franco Carlini.

Ecco come le trasformazioni politiche cambiano anche la comunicazione pubblica e il ruolo dei responsabili delle relazioni esterne. Spiccano la nuova centralità assunta dal concetto di «reputazione» e la grande novità di Google, che ora si quota in BorsaSia lecito per una volta dissentire da Michele Serra: commentando la puntata di "Porta a Porta" in cui un monologante Silvio Berlusconi illustrava le sue opere pubbliche, Serra ha scritto su La Repubblica di venerdì che Vespa "non si  rende minimamente conto di non avere fatto il giornalista, ma il pierre del governo". Ora non c'è dubbio sul fatto che le trasmissioni di Vespa abbiano poco a che fare con il giornalismo migliore -  quello che per partito preso incalza i poteri, quali che essi siano -  e del resto si comportava così anche con D'Alema. Ma Serra sbaglia quando lascia intendere che gli addetti alle Relazioni Pubbliche (i "pierre" appunto) abbiamo per loro missione esclusiva quella di lucidare l'immagine del committente, a tutti i costi e con ogni trucco: degli "spin doctor" insomma.Non c'è dubbio che il compito principale di un comunicatore sia quello di valorizzare il meglio della propria organizzazione verso il pubblico esterno dei cosiddetti "influenti" (gli stakeholder), ma questa funzione è distinta da quella del marketing e della pubblicità. Oltre a tutto in un mondo dove le fonti di informazione sono molteplici, le esagerazioni non reggono: esse risultano insostenibili e sono perciò controproducenti.Un esempio serve a chiarire la questione: nei mesi scorsi un'azienda milanese che si era avventurata in operazioni finanziarie discutibili venne visitata dalla Guardia di Finanza per un doveroso sequestro di documenti. Cosa fece nell'occasione il direttore della comunicazione? Non pensò nemmeno per un momento di tentare di nascondere la cosa o di di minimizzare l'episodio.  Prese invece l'iniziativa di avvisare le redazioni, giocando d'anticipo e ovviamente offrendo la propria interpretazione. In questo modo rafforzò i rapporti di fiducia con la stampa, all'insegna della trasparenza e della disponibilità a collaborare e nello stesso tempo si assicurò che il suo messaggio comunque arrivasse.Dunque i casi sono due: se Bruno Vespa avesse ancora l'orgoglio di un giornalista del servizio pubblico porrebbe qualche domanda fondata e documentata a chi gli sta di fronte e nell'occasione avrebbe mandato i suoi redattori a documentare il moltissimo ancora da fare e le strade rattoppate. Se poi fosse anche spiritoso avrebbe invitato in trasmissione quello straordinario personaggio chiamato Ingegner Cane, l'ironico progettista del Ponte che animava le puntate di "Mai Dire Domenica" (una produzione Mediaset).Nel secondo caso, se Bruno Vespa volesse svolgere soltanto quel ruolo di buon "pierre" che Serra gli rimprovera, non avrebbe comunque esposto il suo committente alla cattiva figura di annunciare dei lavori iniziati sulla Livorno-Civitavecchia o nelle accidentate strade siciliane. Ne avrebbe invece intercettato il pennarello, quantomeno fingendo di obbiettare, per evitare che infliggesse troppi danni alla sua reputazione. In entrambi i casi c'è la prestazione è risultata inadeguata, quella giornalistica come quella del "pierre".Con la parola "reputazione" si arriva al cuore di una discussione teorico-pratica accesa in questi mesi tra i Relatori Pubblici, un dibattito che è stato sistematizzato da Emanuele Invernizzi,  nella sua prolusione all'anno accademico della Iulm di Milano. Secondo il docente, uno dei fenomeni più vistosi degli ultimi anni è il cambiamento nella "finalità delle relazioni pubbliche che da creazione dell'immagine sempre più diventa governo, gestione e sviluppo della reputazione". Il che peraltro va di pari passo con un'altra tendenza  recente, ovvero "il progressivo riferimento della comunicazione a valori eticamente fondati e, in particolare, alla comunicazione della Corporate Social Responsibility".Probabilmente è eccessivo interpretare questa evoluzione come un  mutamento di paradigma delle Rp, ma certo sono in atto degli spostamenti di obbiettivi e di ruoli, anche perché nel mercato globale e in presenza di una rete altrettanto globale della comunicazione, la reputazione è tanto difficile da costruire quanto facile da perdersi addirittura in pochi giorni. La costruzione chiede tempo e costanza, non è una campagna pubblicitaria di cartelloni giganti, mentre la crisi e la delusione possono precipitare rapidamente e propagarsi per il mondo anche a partire da episodi minori. Nello stesso tempo e sempre più spesso i "clienti" basano le loro scelte su criteri di fiducia e di affidabilità. La costruzione dell'immagine resta un importante, ma non si danno più immagini fondate sul nulla o sul falso, e quando esistono durano poco. Di fronte a situazioni di crisi, la tecnica di negare e cambiare le carte in tavola non regge e il pubblico sembra apprezzare maggiormente l'onesta ammissione delle difficoltà piuttosto che l'enfasi infondata. Stupisce che Berlusconi non l'abbia ancora capito e perseveri in tali errori di comunicazione, andando in cerca di un applauso che non gli arriva e che meno gli arriva più lo spinge a sbagliare.Berlusconi a parte, è proprio sulla reputazione e sulla fiducia che essa genera che si fondano alcuni dei successi dell'economia digitale. Il più recente è quello del motore di ricerca sul web chiamato Google, che nei prossimi mesi andrà in borsa con una pubblica offerta di azioni (Ipo) che si annuncia molto ricca. Google, inventato dal nulla nel 1998 è certamente dotato di un ottimo software di ricerca delle pagine web e di un algoritmo assai efficace per metterle in fila secondo rilevanza. Ma se tanto piace, è anche per due motivi correlati: il primo è l'assenza di fronzoli, tanto più significativa mentre tanti altri portali si andavano riempiendo di animazioni e grafiche rigonfie; in questo caso l'essenzialità delle prestazioni è esattamente quello che piace ai molti utenti che a Google si rivolgono proprio per destreggiarsi nell'eccesso di informazioni. Il secondo motivo che fonda la reputazione di Google è di essere autonomo (anzi automatizzato) nelle gerarchie che propone, di modo che a nessuno viene il dubbio che un sito risulti in posizione migliore solo perché appartiene a un inserzionista pubblicitario più danaroso. E' la stessa differenza che passa tra una guida dei ristoranti come la Michelin (che può sbagliare, ma non sbaglia perché influenzata dalla pubblicità) e certi opuscoli dove risulta chiaro che non compaiono i migliori ristoranti, ma solo quelli che hanno pagato: alla prima si dà fiducia, i secondi li si sfoglia con legittima diffidenza.Nota: La proluzione di Invernizzi e il successivo dibattito si possono leggere sul sito della federazione Italiana delle Relazioni Pubbliche, all'indirizzo:www.ferpi.it/diario/diario_vis.asp?Cod=03162004160155
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