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Quarant'anni di Relazioni pubbliche

18/05/2010

Ferpi in questi quarant’anni di vita non ha scandito solo l’evoluzione della comunicazione, ma ha saputo anche fabbricare intorno ad essa un sistema di riconoscibilità e di reputazione capace di legittimarla all’interno della società, delle organizzazioni e del pubblico. Lo ha affermato il presidente _Gianluca Comin_ lunedì 17 maggio, a Milano, in occasione dell'evento per i 40 anni della Federazione organizzato ripercorrendo il cammino della professione del relatore pubblico fino ad oggi.

di Gianluca Comin
Esattamente 40 anni fa, nel maggio del 1970, nasceva Ferpi dalla fusione di Fierp e Firp, le prime due organizzazioni della nostra professione.
Erano anni di profonde trasformazioni, di cambiamenti, di messa in discussione dei vecchi paradigmi. La diffusione della televisione e dei periodici, che in pochi anni divennero i protagonisti della nuova comunicazione, richiedeva professionalità in grado di gestire l’immagine e di veicolare i messaggi delle imprese e dei loro prodotti al grande pubblico.
Le relazioni pubbliche erano approdate nel nostro Paese nell’immediato dopoguerra e Alvise Barison, che diventerà anche il primo Presidente di Ferpi, ne era stato il precursore. A lui con Lino Cardarelli, Alceo Moretti, Guglielmo Trillo, Giacomina Lapenna, un giovanissimo Attilio Consonni e Gherarda Guastalla Lucchini va il nostro affettuoso saluto. Un ricordo affettuoso anche a Guido de Rossi del Lion Nero, Aldo Chiappe e altri nostri padri che non ci sono più.
I bisogni dei consumatori venivano soddisfatti da un unico medium, da un’unica piattaforma: la televisione, accusata, appena qualche anno dopo, con il processo alla pubblicità prodotto dall’eco del libro I persuasori occulti di Vance Packard.
In quegli anni alcune grandi organizzazioni cominciavano ad istituire le Direzioni Comunicazione: penso all’Olivetti, alla Pirelli, alla Ferrero, alla Esso, alla Rai. Ma la spesa in comunicazione e pubblicità era lo 0,6 del Pil nazionale rispetto all’1,5 della Francia e all’1,9 dell’Inghilterra (Upa su dati Istat, 1976).
La comunicazione delle aziende passava dai quotidiani, dai tantissimi settimanali e periodici, dalle grandi sponsorizzazioni culturali ma era ridotta a mera attività strumentale pensata come servizio a valle di momenti decisionali interni dell’impresa o di altre organizzazioni.
E proprio in quegli anni nacquero iniziative editoriali ancora oggi di primo piano: è il caso di Prima Comunicazione nel 1973, periodico d’informazione interamente dedicato all’editoria, al giornalismo, alla comunicazione d’impresa e dell’Istituto di Formazione in Relazioni Pubbliche che Milano inaugura qualche anno dopo.
Negli anni ’70 dunque le Relazioni pubbliche cominciano ad affermarsi nello scenario italiano, ma sono gli anni ’80 che le consacrano come funzione indispensabile per le imprese.
Dalle attività di relazioni con i media, quella che ancora oggi chiamiamo ufficio stampa, iniziano a farsi largo anche altre attività che ne diventeranno funzioni specialistiche: le relazioni istituzionali, la lobbying con i grandi poteri (governo, banche, associazioni industriali, organismi internazionali, cerimoniale, etc.), le relazioni industriali, le relazioni internazionali.
Un corrispondente dell’epoca di un noto quotidiano – curioso di Rp – oggi tra i più autorevoli rappresentanti della Federazione a livello internazionale nonché Presidente Ferpi dal 2000 al 2003 (Toni Muzi Falconi) – racconta così i comunicologhi dell’epoca:
sono più di un migliaio nel nostro Paese i professionisti delle Rp, in realtà non più di una cinquantina possono essere considerati dei veri e propri esperti in relazioni pubbliche. E i più giovani, vengono relegati in posizioni di secondo piano e ridotti a consulenti aziendali.
Quarant’anni dopo i Relatori pubblici nel nostro Paese sono più di 100.000 e siamo completamente sommersi dalla conoscenza.
Tutti accediamo all’informazione o all’intrattenimento su una pluralità di piatteforme e di mezzi: Tv, Internet, Stampa, Digitale Terrestre, Social Network.
Se diamo uno sguardo ai numeri ci accorgiamo come il web abbia spopolato: siamo oltre 24 milioni a navigare in rete. Scriviamo sui blog, abbiamo un profilo su Fb, votiamo, giudichiamo, sosteniamo politici, prodotti e imprese.
Comunicazione oggi è sinonimo di reputazione, strategia, ricerca del consenso.
Istituzioni, politici e fondazioni sono entrati in questo campo. Il successo di Milano e dell’Italia con l’assegnazione dell’Expo 2015 ha dimostrato il peso che i fattori comunicativi e relazionali (integrati in un complesso quadro di interventi) assumono oggi sul terreno della competizione internazionale legando sia logiche di promozione esterna che logiche di consenso locale.
Oggi non c’è impresa di qualsiasi dimensione, che non vanti almeno un addetto o un’agenzia di comunicazione;
• le prime 100 aziende di Assonime hanno una direzione comunicazione (Ricerca IULM/convegno Euprera 2008);
• le PA hanno URP e funzioni organizzate per dialogare con i cittadini;
• gli imprenditori promuovono il proprio business con la comunicazione, lo costruiscono in base all’analisi degli stakeholders.
E’ cominciata dunque la seconda era della comunicazione: le organizzazioni, comprese le Pmi, e gli individui (politici in testa) hanno capito che non se ne può fare a meno. Essa ha assunto un ruolo di primo piano strategico e trasversale ad ogni altra funzione, nella governance delle organizzazioni.
Ed è cresciuto l’investimento economico che ogni azienda è disposta a sostenere in termini di comunicazione: lo testimoniano i dati più recenti sull’advertising, il settore più in difficoltà negli ultimi anni. Il primo trimestre del 2010 si è chiuso con una crescita degli investimenti del + 4,0% rispetto allo stesso periodo del 2009 con volume complessivo superiore ai 2,2 miliardi di Euro (Nielsen).
In piena crisi, dunque, le aziende non hanno ridotto i loro investimenti ri-cogliendo in essa un’opportunità. E la crisi ha fornito le soluzioni del futuro: responsabilità, innovazione e trasparenza.
In questi quarant’anni, Ferpi non ha scandito solo l’evoluzione della comunicazione, ma ha saputo anche fabbricare intorno ad essa un sistema di riconoscibilità e di reputazione capace di legittimarla all’interno della società, delle organizzazioni e del pubblico.
La nostra “grande famiglia”, grazie al lavoro dei Presidenti che negli anni si sono succeduti, ha saputo non solo interpretare i cambiamenti e i bisogni dei suoi iscritti, ma anche conferire status alla professione, esportando nel mondo il valore dell’esperienza e la forza dell’innovazione.
Basta dare uno sguardo agli obiettivi che la Federazione si era posta all’atto della sua costituzione, che ancora oggi ne rappresentano l’identità e la sua mission, per conoscere quanto lavoro tutti, soci, gruppo dirigente, giovani, abbiano fatto:
1. ottenere il riconoscimento giuridico della professione
2. identificare e indicare le linee di sviluppo delle Rp nel nostro Paese
3. precisare i contenuti operativi dell’attività professionale
4. chiarirsi e chiarire erga omnes, le specificità e le differenze tra Rp e giornalismo
5. individuare e rendere cogenti gli aspetti deontologici propri della professione
Cosa abbiamo fatto:
1. Il nostro impegno per il riconoscimento professionale verrà a breve finalmente premiato. E’ di questa mattina la “notizia” che la II^ Commissione CNEL ha trasmesso al Ministero di Giustizia il parere positivo sulle nostre pratiche in corso.
2. Ferpi è diventata un’associazione autorevole, la prima associazione di professionisti del settore. Grazie anche al lavoro delle altre associazioni parole quali relazioni pubbliche, media relations, public affairs, etc. non sono più confinate nei salotti o in circoli ristretti ma sono patrimonio di cittadini, studenti, imprese di tutte le dimensioni.
3. Siamo stati in grado di definire i contenuti delle attività professionali: gli strumenti che l’associazione ha offerto, dalle pubblicazioni al sito, fino agli incontri e ai dibattiti, hanno chiarito i confini tra i mestieri ed eletto la figura del relatore pubblico a professione universalmente riconosciuta.
Non possiamo e non dobbiamo però considerare questo processo concluso perchè la nostra è una professione in continua evoluzione.
4. Consapevole del ruolo fondamentale che ha il rapporto con il sistema dei media, Ferpi in questi anni ha sempre cercato un confronto diretto con i Responsabili dell’Ordine dei Giornalisti e della FNSI, sia a livello nazionale che a livello locale, promuovendo incontri, tavole rotonde seminari e progetti di collaborazione finalizzati a consolidare e migliorare il rapporto tra giornalisti e relatori pubblici. La partnership con la Fondazione Valentino/ Premio Internazionale Ischia di giornalismo con il premio Il comunicatore dell’anno ne rappresentano un’importante espressione.
Attraverso i media della Federazione, il sito internet, la newsletter e il magazine, poi, da oltre 5 anni abbiamo avviato una riflessione congiunta sul rapporto giornalisti – comunicatori attraverso un dialogo serrato con i più autorevoli direttori di testate italiane. Senza dimenticare che da due anni Ferpi interviene al Festival del Giornalismo di Perugia portando testimonianze e confrontandosi con i giornalisti sul rapporto tra informazione e comunicazione.
5. E’ stato redatto un Codice Deontologico che noi tutti sottoscriviamo nel momento di iscrizione all’Associazione. Non si tratta di un puro atto formale ma dell’impegno ad operare secondo un’etica professionale nell’attività quotidiana, consapevoli anche della responsabilità sociale ed economica che il nostro ruolo oggi comporta.
Non solo abbiamo quasi compiuto il percorso che ci eravamo prefissi. Ma abbiamo fatto anche di più:
• siamo cresciuti: all’inizio eravamo in 198, oggi siamo 1.000. Questo numero vuole essere un punto di partenza per avvicinarci ai 100.000 comunicatori che operano in Italia.
• ci siamo arricchiti nei nostri profili: in passato, gran parte degli iscritti a Ferpi era costituito da capi ufficio stampa di organizzazioni. Oggi, la Federazione è popolata da Direttori della Comunicazione di grandi organizzazioni, Operatori delle istituzioni, Titolari di Agenzie, giovani professionisti, studenti e docenti di RP.
• abbiamo reso Ferpi un modello internazionale: basti pensare ai rapporti con il Cipr inglese, la Global Alliance for Pr and Communication Management, Euprera, e al ruolo che alcuni soci Ferpi hanno raggiunto in queste organizzazioni. Penso a Roberto Zangrandi, Emanuele Invernizzi, Toni Muzi Falconi e Amanda Succi.
• Ferpi è diventata un centro autorevole di formazione e di aggiornamento: attraverso un sistema integrato di strumenti, dai corsi di aggiornamento dedicati ai soci a quelli di avviamento alla pratica professionale per i giovani neolaureati e gli operatori del settore, abbiamo rinnovato ogni anno il nostro impegno verso una formazione di qualità.
• abbiamo, anche per questo, rafforzato il dialogo tra il mondo accademico e la comunità professionale siglando una serie di Convenzioni con le principali università italiane (La Sapienza, Catania, Udine e Gorizia, IULM – e una con il CRIET) e dal 2005 Ferpi ed Assorel, insieme, valutano, con il prezioso coordinamento di Emanuele Invernizzi il gruppo Consulta Education, la qualità dei Corsi di Laurea in Comunicazione e Relazioni Pubbliche proposti dalle Università.
• abbiamo anche rinnovato l’identità dell’Associazione. Un nuovo logo, due campagne pubblicitarie e il nuovo sito sono alcuni esempi.
• oggi possiamo dire di rappresentare gli interessi dei comunicatori e di valorizzare la professione, di essere osservatorio, luogo di scambio e laboratorio di innovazione.
Da queste solide basi vogliamo continuare a crescere:
• la sfida centrale che abbiamo davanti è quella di continuare a seguire l’evoluzione, ad interpretarla e a determinarla.
• analizzare gli scenari, anticipare le visioni e porre basi per preziose “contaminazioni”. Così pensiamo di affrontare i prossimi anni. Così pensiamo di continuare a costruire la nostra professione.
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