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Quello che possiamo fare. Riflessioni sulle parole di Maria Ressa e il ruolo dei comunicatori nel disordine informativo

27/01/2025

Luca Alfieri

In un mondo dove gli algoritmi guidano le nostre scelte e influenzano il nostro modo di pensare, diventa fondamentale comprendere come funzionano queste dinamiche e imparare a riconoscere i tentativi di manipolazione.

 

Il discorso tenuto dal Premio Nobel per la Pace Maria Ressa in occasione del Giubileo della Comunicazione ruota intorno ad alcuni concetti centrali per chi si occupa di comunicazione e relazioni pubbliche: da un lato la presa di coscienza dell’esistenza di un disordine informativo che, per mezzo di un’invasiva manipolazione tecnologica degli individui, danneggia la fiducia alla base delle strutture democratiche; dall’altro la consapevolezza che attraverso l’assunzione di responsabilità, la collaborazione e soprattutto la speranza intesa come forza proattiva, è possibile contrastare la deriva verso cui la società sembra scivolare.

 

Affrontare questa problematica non è una cosa facile e non potrebbe essere altrimenti: usando una metafora utilizzata dalla stessa Ressa, come in una nuova Hiroshima le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno fatto esplodere una bomba atomica nel nostro sistema informativo. Gli algoritmi sono entrati nella nostra quotidianità, hackerando i nostri sentimenti, le nostre percezioni, la nostra visione del mondo e – di conseguenza – il nostro modo di agire.

 

La rete e le piattaforme social ci hanno consentito di raggiungere obiettivi prima impensabili, permettendoci di comunicare e relazionarci con persone fisicamente distanti da noi. Sono anche cresciute in maniera esponenziale le nostre possibilità di realizzare sogni e progetti. Allo stesso tempo però hanno creato nuove solitudini, molto più numerose e amplificate, che hanno lasciato spazio a sentimenti negativi come odio, rabbia, paura.

 

Questa negatività è stata terreno fertile per chi – avendone i mezzi e le competenze – ha saputo seminare narrazioni non autentiche e non suffragate da fatti, danneggiando la fiducia alla base dei sistemi democratici. Perché l’obiettivo di chi dissemina false narrative (obiettivo condiviso anche da chi sfrutta le piattaforme social con finalità di controllo geopolitico e di information warfare) non è farci credere in qualcosa ma farci dubitare di tutto.

Queste riflessioni trovano una forte eco anche in Italia e in Europa, dove il disordine informativo ha spesso alimentato divisioni sociali e polarizzazioni politiche. Basti pensare alla diffusione di false informazioni durante la pandemia o alle campagne di disinformazione mirate a influenzare le elezioni. In Italia, il dibattito sul ruolo delle piattaforme social nella propagazione di fake news è più vivo che mai, con richieste di maggiore regolamentazione e trasparenza. Inoltre, la lotta alla disinformazione si intreccia con sfide geopolitiche cruciali, come la difesa della democrazia europea dalle influenze esterne. In questo scenario, la consapevolezza e la responsabilità individuale diventano elementi imprescindibili per difendere quei valori che stanno alla base del nostro vivere civile.

 

Le responsabilità di questa deriva sono naturalmente anche dei comunicatori, sia per passiva o inconsapevole inazione, sia per volontaria e consapevole azione. Non è dunque questione di buoni o cattivi, di noi e loro. Il problema coinvolge tutti e ci chiama tutti all’azione.

 

E qui tornano in nostro soccorso le parole e i consigli di Maria Ressa: collaborare per ricreare quella fiducia che ora vive sotto costante minaccia; parlare con chiarezza morale, per non lasciare campo libero alle ingiustizie; proteggere gli individui più vulnerabili e fragili; riconoscere e utilizzare il proprio potere.

 

È una call to action per chi si occupa di comunicazione ed ha anche a cuore la sicurezza della società, della democrazia, della stabilità. Non si tratta solo di avere fiducia che le cose miglioreranno, ma di prendere posizione, di agire con coraggio e determinazione, soprattutto in un contesto in cui la fiducia nei sistemi democratici è costantemente minata. La speranza, in questo senso, diventa una scelta consapevole e quotidiana, una resistenza attiva contro il cinismo e l'indifferenza che alimentano il disordine informativo.


Un elemento cruciale per contrastare la manipolazione tecnologica è ad esempio l’alfabetizzazione digitale. In un mondo dove gli algoritmi guidano le nostre scelte e influenzano il nostro modo di pensare, diventa fondamentale comprendere come funzionano queste dinamiche e imparare a riconoscere i tentativi di manipolazione.

Prendere parte attiva in programmi di educazione digitale – nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nella società in generale – significa dotare gli individui di strumenti per difendersi dal disordine informativo e partecipare consapevolmente alla vita democratica. Solo attraverso una maggiore consapevolezza collettiva si potrà arginare l’impatto di chi utilizza la tecnologia come arma per generare caos e sfiducia. In questo, chi si occupa di comunicazione può svolgere un ruolo centrale.

 


 

*foto da Rappler.com | Richel Mascarinas/PonD News Asia 

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