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Relatori pubblici e giornalisti alle prese con il dopo Tanzi

27/01/2004

di Toni Muzi Falconi

La vicenda Tanzi & c. ha indotto l'accelerazione di nuove regole che coinvolgono i diversi soggetti della catena della comunicazione e informazione finanziaria, al fine di tutelare gli investitori, insieme all'integrità delle imprese, dei collaboratori, dei fornitori, delle istituzioni e delle comunità locali. Le nuove regole di cui in questi giorni si va a decidere, prevedono maggiori poteri di indagine e di sanzione alle istituzioni vigenti, norme ulteriormente vincolanti per il lavoro di revisori, analisti, consulenti finanziari e di investimento, banche di investimento e banche ordinarie. Non risultano, ad oggi, previste nuove norme per i comunicatori e/o investor relators delle società quotate e neppure per i giornalisti che quotidianamente riferiscono attraverso i più diversi canali di comunicazione sulla vita delle società quotate, e nessuno vorrà negare che queste due professioni siano rilevanti, e forse più di altre, per la diffusione di informazioni che orientano atteggiamenti, opinioni e decisioni degli investitori (il termine risparmiatori e improprio e anche demagogico) e che quindi, anche per costoro, nuove e più stringenti regole siano urgenti.La direttiva europea sul market abuse che il Governo si propone di recepire include tra i soggetti vigilati, per la prima volta, anche i giornalisti finanziari. Peraltro, la legge comunitaria dispone a loro favore una deroga purchè siano in vigore adeguati codici di autoregolamentazione per assicurare sufficiente livello di trasparenza (anche in  relazione a potenziali conflitti di interesse). In questa direzione è in corso un intenso lavoro dell'Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa per adeguare l'esistente codice di autodisciplina professionale.Anche per i comunicatori (interni, esterni e ovviamente compresi gli investor relator) sono stati recentemente rivisitati i rispettivi codici di autoregolamentazione: per la Ferpi, persone fisiche che operano nelle e per le organizzazioni, si è registrata nel Giugno 2003 l'approvazione del recentissimo Protocollo Etico della Global Alliance for Public Relations and Communication Management che si è aggiunto al Codice Etico del 1987; mentre per Assorel, l'associazione che raggruppa le società di consulenza in relazioni pubbliche e che da qualche settimana è entrata in Confindustria, nel Febbraio 2003 sono stati approvati i Principi Professionali e Codici di Comportamento delle Relazioni Pubbliche in Italia.Ma non è sufficiente, occorrono maggiori specificità riferite alle informazioni relative alle società quotate in Borsa e il lavoro fatto dal gruppo di BorsaItalia coordinato da Nardozzi rappresenta un importante punto di riferimento.In questi ambiti e tenendo conto della discussione fra comunicatori e giornalisti avviata in Inghilterra dopo la vicenda Campbell, una ipotesi di maggiore trasparenza potrebbe prevedere che le informazioni scritte (comunicato stampa, brief, backgrounder etc...) prodotte da un comunicatore (esterno/interno) rechino ben visibili il nome del compilatore, la sua organizzazione di appartenenza e, ove fosse diversa, per conto di quale azienda quella informazione viene prodotta e distribuita. Si potrà obiettare che questo avviene già nella gran parte dei casi ed è prevista dai codici di autoregolazione esistenti. Già, nella gran parte ma non in tutti. Rendere questo comportamento esplicitamente vincolante impegnandosi a vigilarne il rispetto eviterebbe, a valle, che le informazioni ufficiose e ‘non attribuibili' circolino in documenti talvolta preparati dagli stessi comunicatori. E analogo comportamento varrebbe ovviamente anche per le informazioni passate verbalmente ai giornalisti in colloqui diretti o telefonici, cui il comunicatore avrebbe comunque sempre l'obbligo di far seguire una comunicazione scritta. Inoltre, sarebbe essenziale che al comunicatore venisse fortemente raccomandato di indicare quali fonti, fra quelle utilizzate nella compilazione dei materiali informativi, sono di natura interna all'azienda (la cui responsabilità a tutti gli effetti ricade quindi sulla stessa) e quali sono di fonte esterna (pareri di analisti o di investitori istituzionali o di altri consulenti) da indicare per nome e cognome, così che la responsabilità eventuale ricada sulla fonte primaria. In più il comunicatore dovrà comunque rispettare, in quanto dirigente o consulente dell'azienda, le ulteriori regole (conflitto di interessi, tempestività, pariteticità e simultaneità della divulgazione..) che si vorranno prevedere sia per gli altri dirigenti che per gli altri consulenti.Per i giornalisti, pur nel pieno rispetto dell'autonomia prevista dalla legge vigente, si potrebbe prevedere la forte raccomandazione di riportare nei resoconti le medesime indicazioni di cui sopra, con l'aggiunta della esplicitazione di una terza categoria di fonti: quelle non citabili, indicate proprio come tali. In più, come avviene già in molte testate, si potrebbe prevedere l'esplicitazione di interessi diretti del giornalista e della proprietà della testata, così come si potrebbe ipotizzare che la testata renda costantemente noto al pubblico l'elenco dei suoi principali investitori pubblicitari e assicuri una prassi di maggiore visibilità e tempestività all'esercizio del diritto di rettifica. Così facendo il lettore potrà avere accesso, articolo per articolo, a un quadro ragionevolmente più completo delle fonti, e attribuire consapevolmente a ciascuna la credibilità che valuterà opportuna, sapendo peraltro che l'insieme dell'articolo fa parte del legittimo e indispensabile diritto del giornalista di esprimere valutazioni e interpretazioni delle notizie. Del resto, va sottolineato il concetto che l'investimento è un atto che comporta sempre un rischio, anche se in misura diversa strumento per strumento, titolo per titolo, e sia i comunicatori  che i giornalisti devono fare ogni sforzo per rendere il rischio trasparente e comprensibile.Naturalmente sono molte le sensate obiezioni a questa ipotesi di lavoro. A partire da quella che, nella maggior parte dei cas,i i giornalisti più consapevoli integrano insieme più fonti (attribuibili a tutte e tre le categorie indicate) per preparare il loro articolo e che l'obbligo di citazione renderebbe i pezzi simili a degli elenchi telefonici (ma alcuni giornali internazionali, come Le Monde, lo fanno già..ad esempio esplicitando che il testo di una intervista è stato letto e approvato dall'intervistato prima della pubblicazione). Una seconda obiezione si riferisce specificamente ai media non a stampa e non su Internet come la radio e la tv poiché inevitabilmente i pezzi si dovrebbero allungare fino a rendersi complicati per il radio-telespettatore.Le obiezioni potrebbero continuare ma c'è da chiedersi se gli svantaggi non siano minori rispetto al vantaggio di rendere comunicatori e giornalisti maggiormente responsabili di quello che fanno, sempre nell'interesse pubblico.Toni Muzi Falconi
Sull'argomento etica, il Corriere della Sera di lunedì scorso, nel supplemento CorrierEconomia, dedica tre pagine allo speciale "Etica o lifting? - Secondo una ricerca sulle grandi società, chi realizza il bilancio sociale ha anche una buona governance. Ma non è sempre così. Per qualcuno è solo marketing. Quel che è certo è che sta nascendo un nuovo business, con un esercito di consulenti. Senza regole."La patente di bontà diventa un businessMolti parlano di etica, qualcuno la praticaSolo un mese fa.. Tanzi presentava il rapporto ambientale
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