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Relazioni pubbliche: quale accountability?

02/03/2004

L'appassionato dibattito dell'élite mondiale delle rp sui temi della valutazione e della misurazione nella nostra professione. Un editoriale di Toni Muzi Falconi

Sono un migliaio nel mondo i soci Ipra (International public relations association, www.ipra.org). Sono professionisti senior che si considerano, e verosimilmente sono, l'élite della comunità professionale. Fra gli strumenti di interazione dei soci è anche un gruppo virtuale che viaggia su yahoo e sulla posta elettronica. Mai nel recente passato ha suscitato tanti interventi appassionati la domanda sulla valutazione e la misurazione delle relazioni pubbliche circolata il 10 febbraio scorso del tedesco Michael Schroeder. In due settimane i soci Ipra hanno ricevuto ben 30 messaggi sul tema da altrettanti soci di ogni Paese: dal Ghana al Sud Africa, dagli Stati Uniti all'Inghilterra, dalla Turchia al Giappone, dal Kenya alla Malesia. Ed ecco la domanda di Schroeder: vorrei approfondire la discussione sul sistema balance score card applicato alla relazioni pubbliche. Quali esperienze, strumenti, casi di eccellenza potete riferire dai mercati in cui operate? Prima di procedere, è bene ricordare che la balance score card è un sistema di misurazione e di valutazione manageriale accreditato e usato in molte organizzazioni, lanciato nel lontano 1994 dal libro dallo stesso titolo pubblicato dalla Harvard Business School Press, autori Kaplan e Norton. In sintesi, il messaggio dei due autori è 'non puoi gestire se non puoi misurare e non puoi misurare se non puoi descrivere'. Al messaggio di Schroeder risponde il malese Zaiton che dice che la sua organizzazione usa da tempo proprio quel sistema per misurare ogni attività di rp. Ecco allora un accorato messaggio dell'americano Croft che chiede: ma di cosa state parlando? aiutatemi a capire! Interviene allora l'inglese Peter Walker che invita a non farsi abbindolare dalle società di consulenza che lo propongono. David Bennet dal Kenya sostiene che chi esce dalle business schools sa di queste cose, mentre l'inglese David Davis deplora l'applicazione delle tecniche di management alla nobile arte delle relazioni pubbliche. Replica sorpreso l'americano Harshad per dire che uno strumento per misurare le rp ci deve pure essere e lo si deve applicare, piaccia o non piaccia. Kenneth Campbell anche lui perora la causa dell'applicazione del sistema alle rp, e la stessa tesi viene sostenuta con forza e argomenti dall'americano Frank Ovaitt, mentre rientra nel dialogo lo scettico Al Croft sostenendo che la discussione gli sta facendo venire il mal di testa. Dall'Uganda, Grache Aichire chiede ulteriori lumi sul sistema, mentre dal Kenya ricompare Gavin Bennet con ulteriori delucidazioni. Peter Walker fa uno sforzo di descrizione del sistema mentre Grache Aichire ringrazia e Bennet ora riconosce che la questione è più chiara. Il pakistano Zuberi riafferma l'importanza dello strumento e Mavhold ringrazia anche lui Walker, e così fa Abarshi. Dal Kenya interviene Fatuma che chiede di conoscere una applicazione pratica ricevendo subito una risposta irata di Bennet, sempre dal Kenya, e poi dal nigeriano Shuaib, dalla kenyota Alwala, dalla svizzera Rohr e ancora da Walker, l'inglese Lane, di nuovo Walker, mentre ritorna nel ring il malese Zaiton, e ancora lo scettico Croft approvato da Fatuma che insiste per un esempio applicativo. Entrambi si beccano una dura risposta di Walker che dice: attenzione acqua non pagare, cammello non bere!Tutta questa lunga tiritera per segnalare come il tema della misurazione e della valutazione del nostro lavoro è oggi all'attenzione prioritaria dei nostri migliori colleghi in tutto il mondo e non una fisima di qualche sprovveduto che non accetta di accontentarsi di generiche parole sulla reputazione, indicata come nuovo paradigma - però paradossalmente inverificabile, incontrollabile e ingestibile - delle relazioni pubbliche. Anch'io sono convinto - e da quando ho cominciato a fare questa professione nel 1961 e non da un recente lettura di Fombrun - che la reputazione di una organizzazione è importante e che le relazioni pubbliche si devono anche proporre di rafforzare e migliorare la reputazione di idee, prodotti, servizi e delle organizzazioni per cui lavorano. E allora? Dove sta la novità? In che senso è cambiato il paradigma? Ma di cosa stiamo parlando? La questione è che la reputazione di una organizzazione dipende da moltissimi fattori, fra i quali sono anche i suoi comportamenti e come questi vengono comunicati. Ma come si fa a capire quanto la reputazione è orientata da un fattore o da un altro? Pur accettando la capziosa distinzione fra immagine e reputazione, non si riesce a capire come un relatore pubblico possa misurare e valutare il suo lavoro basandosi su una di queste varibili. E a chi poi parla di gestione della reputazione e dall'alto della sua autorevolezza conclude l'intervento sostenendo che solo accettando le sue premesse si può continuare a discutere, replico con fastidio intellettuale che più che di autorevolezza in questo caso si deve parlare di autoritarismo. Che è ben altra cosa! Insomma, questa querelle è utile se aiuta a focalizzare la nostra attenzione sul tema della valutazione e la misurazione del nostro lavoro. Che poi l'oggetto siano le relazioni, l'immagine, la reputazione, l'identità... che importa? L'importante è che si possa fare. Parafrasando gli autori della balance scorecard: se la reputazione, relazione, identità o immagine che sia, si può descrivere si misura, e se si può misurare si gestisce. Sotto a chi tocca...Toni Muzi Falconi
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