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Reputation, professionisti a confronto nel corso firmato Ferpi

23/06/2017

Si è svolto lo scorso venerdì il corso “Reputation. Il valore della reputazione” a Milano. Illustri esperti del settore si sono confrontati per ragionare intorno a questo asset così prezioso interrogandosi su come costruirlo, misurarlo, proteggerlo, attraverso l’analisi di due case history d’eccellenza: Costa Crociere e Unipol.

Welcome to the reputation economy. Questo il motto dell’interessante giornata di formazione firmata Ferpi dal titolo "Reputation. Il valore della reputazione" che si è tenuta lo scorso 16 giugno a Milano. Il Corso, in collaborazione con Reputation Institute, ha visto la presenza di: Pier Donato Vercellone, Presidente Federazione Italiana Relazioni Pubbliche, Simonetta Pattuglia, Professore di Marketing e Comunicazione all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Presidente CASP di Ferpi, Fabio Ventoruzzo, Consulting Director Reputation Institute, Paola Rosso, Reputation manager e digital PR di Unipol e Rossella Carrara, Deputy Managing Director APCO Worldwide.

Se è vero che siamo nell'economia della reputazione, allora è indubbio che l'impresa vincente è quella pronta a entrare nella sua fase “adulta”, acquistando la consapevolezza che la corrispondenza lineare tra identità, comunicazione e fatti premia sempre, se si ha una prospettiva non solo di breve periodo. Nell’era della post-verità, dunque, la comunicazione non può essere lasciata al caso, specialmente nella vita aziendale: quello che viene comunicato dall’interno deve necessariamente essere convalidato da quello che il pubblico esterno recepisce e percepisce e che non sempre è in linea con i fatti oggettivi.

Posto che l’impresa non dispone più del controllo assoluto dei canali di comunicazione, l’attenzione deve essere rivolta al general public, il nuovo stakeholder che, in cooperazione con l’azienda, costruisce una reputazione positiva. A partire da questo assunto i relatori hanno dimostrato come nel corso degli anni, gli asset intangibili hanno guadagnato terreno nella vita d’impresa. Ventoruzzo, durante il suo intervento, ha esposto i dati del Reputation Institute, i quali rivelano che oggi l’80% del valore di un’impresa dipende da essi e da come questi vengono comunicati (negli anni ’70 la percentuale era appena al 17%). Un patrimonio importante da preservare e da saper comunicare, dunque: non è un caso che gli italiani sono più propensi a fare acquisti, investire, lavorare in aziende con un forte punteggio reputazionale. Sono comportamenti in larga misura dettati da leve emozionali ma che trovano fondamenta su dimensioni razionali come la qualità dei prodotti, la propensione all’innovazione, la serietà e lo slancio verso tematiche sociali, una leadership forte e lungimirante e una performance in linea con le aspettative dei clienti.

Un altro aspetto focale del Corso ha riguardato la relazione tra awareness e reputazione, che non sempre sono strettamente connesse. Non è detto infatti, che le aziende più conosciute godano di una fiducia maggiore; per costruire la equity reputazionale è più importante agire sulla familiarità degli stakeholder nei confronti dell’azienda, mediante una continua attività di monitoraggio e una comunicazione in grado di scrivere un racconto coinvolgente della propria identità, creando un legame emotivo forte, capace di aumentare la propensione all’acquisto e il passaparola positivo. Rosso pone l’accento su come la reputazione non sia banalmente una questione di immagine, ma consiste nel “mettere a fuoco un posizionamento e una promessa credibili, dopo aver preso consapevolezza della propria identità, aver fatto un buon storytelling ma soprattutto ...un concreto story-doing”.

L’incontro ha evidenziato, inoltre, come la reputazione sia frutto di una gestione strategica che si attiva mediante l’integrazione tra i vari canali: i paid media agiscono come enabler per “traghettare” i consumatori sugli owned media, i quali hanno un maggiore impatto sulla reputazione essendo gli unici a comunicare in maniera esaustiva la storia e la vision dell’azienda. A loro volta questi ultimi agiscono da ponte per incrementare il valore dei messaggi positivi veicolati da terzi sugli earned media, il macro-canale più efficace per creare touchpoints con i potenziali consumatori. Tuttavia, afferma Pattuglia, “alla fine dei “giochi comunicativi” interni alla multicanalità, è la direct experience a impattare maggiormente sulla reputazione”, avendo la caratteristica di offrire al consumatore un’esperienza reale sul prodotto-servizio, in prima battuta, che sia coerente con ciò che viene comunicato nell’universo multimediale.

Il corso ha, infine, posto l’attenzione sulla gestione della reputazione nei momenti di crisi, ricordando come l’impatto sulla reputazione è diverso a seconda dei fattori che possono minacciarla. Anche in questo caso, il monitoraggio continuo è la chiave per arginare eventuali cali di credibilità, al quale segue la messa a punto di piani di mitigazione dei rischi che definiscano le azioni, interne ed esterne, da adottare. L’argomento è stato supportato dall’analisi di due case history rilevanti:

Pierdonato Vercellone e Rossella Carrara hanno presentato il caso di crisis communication che ha riguardato Costa Crociere. Dopo il naufragio all’Isola del Giglio del gennaio 2012, la famosa compagnia marittima ha dovuto avviare un processo di regaining trust and confidence per recuperare la sua reputazione. Vercellone e Carrara hanno mostrato come un piano di comunicazione integrata abbia salvato l’intero orgoglio nazionale, evidenziando come, in quell’occasione, sia stata decisiva la cooperazione tra pubblico e privato e il rapporto fiduciario con gli stakeholders abbia aiutato ad affrontare il disastro.

La giornata si è conclusa con l’intervento di Paola Rosso, che ha raccontato la fusione tra il gruppo assicurativo e Fondiaria-Sai, la ex società della famiglia Ligresti: una fase straordinaria della vita di impresa, che è riuscita a diventare la prima azienda italiana per reputazione nel settore finanziario, con uno score di 69 punti su 100: 10 punti in più rispetto al 2014 (classifica RepTrak su opinione pubblica). Spiega Rosso: “In Unipol abbiamo avviato il processo di reputation management tre anni fa – adottando il modello di Reputation Institute, leader indiscusso del settore – con un approccio integrato, che mette sullo stesso piano la costruzione del valore reputazionale e la sua protezione, sotto la guida congiunta della Corporate Communication e Media Relations e il Risk Management. Monitoriamo in maniera continuativa le percezioni e le aspettative di 7 gruppi di stakeholder (opinione pubblica, clienti, dipendenti, agenti, comunità finanziati, istituzioni, media e opinion maker) con una frequenza che arriva a essere mensile sul general public. Integrando sempre meglio la reputazione nei processi di business planning, facendone una leva di change management interno, possiamo dare pieno compimento alla nostra promessa di 'vicinanza' agli stakeholder.”
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