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Rp e crisi: la vera sfida è la ricostruzione

06/09/2005

Vi proponiamo un articolo tratto da Puntocom dell'11 di agosto, a firma del nostro socio Ruben Razzante

Non solo durante le calamità: il ruolo cruciale dei relatori pubblici verso i media e le istituzioni.Il punto sul tema secondo Michael Morley, a capo della task force che ha seguito il "caso tsunami".La tragedia dello tsunami ha sconvolto l'intero pianeta e ha accresciuto in ogni essere umano la sensazione di precarietà. Quella tragedia è stata catalogata come il frutto imponderabile di una fatalità misteriosa. La verità è che ha rappresentato, oltre che un immane disastro, anche un flop clamoroso di ogni forma di comunicazione. Il 26 dicembre 2004 il mondo intero, ferito da un terribile maremoto abbattutosi su popolazioni povere e indifese, si è interrogato su tante cose: sulla violenza della natura, sull'ineluttabilità di certe tragedie, ma anche sull'impossibilità, per molte delle 250.000 persone morte, di accedere al sistema di comunicazione globale. Forse molte di quelle vite non sarebbero state spazzate via se lo tsunami non fosse stato un caso emblematico di comunicazione mancata o inefficace. Anche a diverse ore di distanza dalla scossa, nessuno sapeva dell'arrivo dell'onda.Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che pure hanno avvicinato i popoli nella consapevolezza globale della tragedia, accomunandoli nel dolore e nella gestione della macchina dei soccorsi e della solidarietà, sono state inefficaci nell'avvertire le popolazioni interessate dall'imminente pericolo.I deficit del sistema dell'informazione e della comunicazione sono stati ben illustrati nel rapporto di una task force della Global Alliance for Public Relations and Communication Management sulla risposta delle rp allo tsunami che ha colpito paesi fra i più poveri del mondo (rapporto presentato a Trieste, durante l'ultimo Festival mondiale delle relazioni pubbliche, da Michael Morley, vicepresidente della Edelman Public Relations Worldwide e leader di quella task force).Dal rapporto emergono iniziative assunte da associazioni professionali, imprese, individui. I commenti e le opinioni di organizzazioni sociali, governative e dei mezzi di informazione offrono uno spaccato dell'incidenza che le relazioni pubbliche hanno avuto sull'intera vicenda. Il rapporto si conclude con le raccomandazioni ai professionisti delle relazioni pubbliche e le loro associazioni su come in futuro sviluppare le competenze, anche al fine di attutire gli urti dei disastri naturali sulle popolazioni coinvolte, e, perché no, anche nella prospettiva di prevenire altre tragedie attraverso efficaci sistemi di avvertimento precoce. D'altronde, tre mesi dopo lo tsunami, si è verificato un nuovo terremoto in Indonesia e, in quella circostanza, l'allarme si è diffuso subito a macchia d'olio e la popolazione ha avuto la possibilità di mettersi in salvo. Il rapporto presentato da Morley illustra il ruolo svolto dalle rp, non solo per avvertire la popolazione di quanto stava accadendo, ma anche per agevolare l'afflusso di aiuti e il ritorno ad una parziale normalità.«La mission del nostro gruppo di lavoro - ha spiegato Morley - era anche quella di considerare come le relazioni pubbliche potessero fornire un aiuto nel medio-lungo periodo e come potessero essere impiegate per impedire disastri futuri. Dopo una fase di ascolto e di interviste è emerso che le relazioni pubbliche avevano un ruolo fondamentale sia nel coordinamento degli aiuti, sia nella raccolta di fondi».Il lavoro della task force si basava su dei questionari sottoposti ai responsabili delle relazioni pubbliche dei governi delle zone colpite per identificare quello che i Paesi coinvolti ritenevano di dover fare. «Dopo un'accurata analisi dei media - ha aggiunto Morley - è emerso che i giornali e i mezzi di comunicazione non hanno messo in evidenza il ruolo strategico giocato dalle relazioni pubbliche all'interno della fase di coordinamento e di comunicazione». Ora, però, la sfida è un'altra: assicurare che il potere delle relazioni pubbliche sia incanalato nello sforzo di ricostruzione delle comunità colpite dallo tsunami, aiutando nel contempo a mantenere elevata l'attenzione dell'agenda politica ed economica globale sui bisogni delle popolazioni interessate. Per raggiungere tale obbiettivo sarà indispensabile mantenere alto anche il livello di attenzione mediatica. Il rischio, infatti, è che si spengano definitivamente i riflettori sul teatro di quell'immane tragedia. Tra i traguardi che la task force ritiene imprescindibili c'è anche quello di definire un gruppo di lavoro specifico per il rilancio del turismo nelle zone colpite, al di là delle pur lodevoli iniziative di singoli tour operators.Nel frattempo, però, questa tragedia ha richiamato alla mente delle persone di buon senso il ritardo incolmabile che miliardi di persone scontano sul piano delle forme di comunicazione più elementari. Attualmente, come ha ricordato di recente Jeremy Rifkin, noto economista e filosofo statunitense, due persone su tre non hanno mai fatto una telefonata e un terzo della popolazione mondiale non ha neppure accesso all'energia elettrica e non è collegato ad alcuna rete. Il tema del digital divide è, dunque, un'altra frontiera di primo piano nell'agenda degli impegni della comunità mondiale.Ruben Razzante(Su tsunami, Morley e Katrina si veda anche l'articolo di questa settimana di Toni Muzi Falconi)
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