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Rp online - Data Privacy Day: tra riservatezza e informazione

05/02/2015

Nell’era dell’Internet of Things, il rapporto tra privacy e informazione è sempre più difficile. Un tema delicato che merita una riflessione, dati anche i ruoli e le professioni coinvolte. L’analisi di Valentina Citati, nella rubrica Rp online di questa settimana.

“Nella società digitale, noi siamo i nostri dati: da questa semplice considerazione bisogna partire per ricercare nuove e più efficaci forme di tutela delle nostre libertà”. Queste le parole di Antonello Soro, Garante della Privacy, in occasione del convegno tenutosi a Roma lo scorso 28 gennaio per celebrare la Giornata della protezione dei Dati Personali, iniziativa finalizzata a sensibilizzare i cittadini sui temi della tutela della riservatezza, dignità della persona e libertà fondamentali. Diritti molto attuali in particolar modo per il mondo connesso in cui viviamo e per le novità tecnologiche in arrivo (il cosiddettoInternet of Things, lo sviluppo dei big data, la realtà aumentata, etc.) destinate a modificare ulteriormente le nostre vite. Una riflessione che si pone urgente vista la posta in gioco e la quantità di ruoli e professioni coinvolti (tra cui le Rp).

La difesa dei dati sensibili nell’era dell’Internet of Things


Oggi, infatti, il tema della privacy non è più questione tecnica confinata nelle stanze polverose di giuristi e tecnocrati ma è qualcosa con ci confrontiamo tutti ogni giorno in quanto strettamente connesso alla crescente condivisione di dati e informazioni personali attraverso i social media e Internet. Le nostre ‘identità digitali’ ci rappresentano come mai prima, influenzando sempre di più relazioni e situazioni della vita reale. Il confine tra online e offline non esiste più dal momento che attraverso telefonini e smartphone siamo costantemente connessi ad un flusso di informazioni e di relazioni che implicano uno scambio di dati continuo. Nell’era dei ‘Big Data’ le aziende hanno accesso quasi in tempo reale a queste informazioni spesso raccolte senza alcun intervento attivo e consapevole delle persone. Tutto ciò determina una crescente difficoltà nel seguire il percorso dei dati, di mantenere un controllo in situazioni di asimmetria informativa.

Secondo il nuovo Rapporto Italia 2015 di Eurispes siamo un popolo di iperconnessi: il 67% del campione afferma di possedere uno smartphone (che ha superato il pc come prodotto tecnologico più diffuso nelle famiglie ) e ben il 95,7% ha un profilo su Facebook. Tuttavia, dalla stessa ricerca, emerge come il 43,1% di questi soggetti ha sentito violata la propria privacy vedendo pubblicate foto e video in cui si era presenti o tramite frasi che rivelavano propri fatti personali. Allo stesso modo uno studio di Mozilla condotto da Harris Poll riporta che il 68% delle persone che navigano in Italia è preoccupato che le società che operano su internet sappiano troppo su di loro. Sempre il 68% ha la sensazione che i propri dati personali come il numero di telefono, codice fiscale, numero della carta di credito sul web siano meno riservati oggi rispetto a un anno fa. Più della metà (54%) degli italiani su internet non si fida del fatto che il proprio diritto alla privacy venga rispettato online sia dagli altri che dalle aziende. Infine uno studio di Adroit Digital ha rivelato che il 58% del campione non gradisce il fatto di dover fornire molte informazioni per ottenere offerte speciali o servizi dai retailer, mentre l’82% non apprezza che gli inserzionisti online abbiano così tante informazioni personali.

Approcci e soluzioni a confronto: il ruolo delle Rp


In questa spinosa partita tra esigenze normative, da un lato, e flessibilità richiesta per non ostacolare gli investimenti e, quindi, frenare l’innovazione, dall’altro, si differenziano due approcci. I garanti europei della privacy, diffidenti di fronte al carattere invasivo dell’IoT, hanno espresso già un parere tema (art. 29 Working party) che forse però applica in modo troppo rigido principi di privacy nati e pensati in altri contesti. La Federal Trade Commission statunitense, invece, si è limitata ad emettere alcune linee guida che, seppur ricalcando in parte i principi della normativa europea, non dettano regole stringenti nel timore che una eccessiva regolamentazione possa ridurre la crescita di un mercato non ancora maturo.

Per comprendere la posta in gioco basti citare un recente studio di Accenture che stima una crescita del 2% del Pil americano entro il 2030 grazie all’IoT mentre prevede uno sviluppo molto minore per altri paesi (Italia, Spagna, Russia) a causa di deficit infrastrutturali, istituzionali e produttivi.

Si rende, perciò, sempre più necessario un momento di confronto costruttivo tra tutti gli interlocutori interessati al fine di individuare regole e principi condivisi tali da garantire sicurezza senza sacrificare l’efficienza di dispositivi e processi.
Confronto e dibattito a cui non possono e non devono mancare il contributo delle competenze e delle esperienze dei professionisti delle relazioni pubbliche e di tutto il mondo organizzativo. Non è un caso che il Codice di Comportamento Professionale di Ferpi inscriva il rispetto dell’equilibrio tra riservatezza e informazione tra i principi etici fondanti della professione:

“Articolo 3 – Nell’esercitare la sua attività professionale ogni iscritto alla FERPI è tenuto a rispettare i principi della dichiarazione universale dei diritti umani con riferimento specifico alla libertà di espressione e alla libertà di stampa ed informazione, da cui deriva per effetto concreto il diritto di ogni individuo di ricevere tutte le informazioni; questo con il solo limite che deriva dall’opportuna riservatezza delle informazioni a carattere confidenziale o di segreto industriale.”

In un mondo sempre più connesso la necessità di connessione e di concertazione tra le diverse realtà (regolative, istituzionali, professionali e associative) diventa cruciale per non perdere la sfida del secolo tra sicurezza e innovazione.
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