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Scegliamo di comunicare per unire

21/07/2025

Daniela Poggio, Vicepresidente FERPI

Può esistere una disciplina delle Relazioni umane come crasi tra Relazioni pubbliche e Risorse umane? Abbiamo risposto a Napoli, in occasione dell’Assemblea.

 

Negli ultimi due anni, FERPI ha dimostrato che al centro della comunicazione ci sono – e devono esserci – le Relazioni umane. La ricostruzione del nostro tessuto associativo è avvenuta grazie all’energia di professionisti che si sono riconosciuti, prima di tutto, come persone. Di questo va dato grande merito a Filippo Nani, che ha percorso l’Italia con passione, costruendo connessioni vive. Non sempre siamo stati d’accordo. Non sempre abbiamo condiviso metodi. Ma ogni volta che questo “villaggio” si ritrova, sa esprimere umanità, gioia e contenuti.

 

Questa esperienza mi ha fatto riflettere sul ruolo del comunicatore oggi. Viviamo in una società attraversata da conflitti profondi, dove la polarizzazione spesso impedisce il dialogo, fino a negare – o cancellare – l’altro. Ed è affiorata una suggestione che nasce anche dalla mia recente esperienza di comunicatrice in ambito Risorse umane. Una esperienza non isolata, in quanto sempre più spesso ci si imbatte in ricerche di persone esperte o specializzate in “People Engagement”, “Change Management”, “Inclusion, Diversity & Wellbeing”, “Internal Communication”, “People Experience”.

 

In una parola, si sta cercando di ridefinire l’esperienza complessiva di chi lavora in un contesto aziendale o comunque organizzato: la cosiddetta “Employee Total Experience”.

E cosa c’entra, direte, con le Relazioni pubbliche? Qualcosa c’entra se la società Seenit arriva perfino a esplicitare che si può misurarne l’impatto sulle dimensioni di Government Affairs, Investor Relations, Corporate PR, Media, Public Opinion.

 

Le relazioni sono nodi tra persone, e la loro qualità, quel capitale umano che oggi chiamiamo talento, è merce rara nell’ardua, eppure così necessaria, ricomposizione delle società. E mi sono chiesta: se osassimo una crasi tra Risorse umane e Relazioni pubbliche? Ne nascerebbe una ipotesi di lavoro interessante: può esistere una disciplina delle Relazioni umane nella cosmogonia deontologica della nostra professione? E cosa dovrebbe definirla?

 

La risposta, l’abbiamo data in occasione della Assemblea delle socie e dei soci che si è tenuta a Napoli, il 12 luglio ed è iscritta nel Manifesto per una Comunicazione Equa, la cui stesura è stata coordinata ed esposta da Santina Giannone nell’ambito della commissione sulla parità di genere.

 

Non solo, anche il Codice di Autoregolamentazione per la gestione etica della comunicazione, esposto da Luca Poma, offre un contributo importante, così come la riflessione portata in assemblea da Vincenzo Manfredi, portavoce del FERPILab, sulla competenza delle Relazioni pubbliche nel governare sistemi complessi inseriti in dinamiche di influenze. E allora è giusto, anzi è doveroso che le pratiche di comunicazione e Relazioni  pubbliche siano sempre precedute da alcune domande: quello che penso, dico e scrivo (o suggerisco di), crea unità o disunità, crea armonia o disarmonia, crea valore o distrugge valore, agisce per trovare ciò che abbiamo in comune (communis agere) o ciò che ci divide, mette al centro la dignità della persona o la calpesta?

 

Una prospettiva che si tiene insieme a quel disarmo della parola, invocato da Papa Francesco nel messaggio dedicato ai comunicatori in occasione del Giubileo, e a quel disarmo interiore, già slogan della campagna Senzatomica, proposta dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai fin dal 2003. Perché la parola può davvero essere pace o essere guerra, prima ancora delle armi.

 

Umanesimo, responsabilità e guida, non a caso, sono state le parole indicate anche da Daniela Bianchi in quell’atto di futuro richiamato da Filippo. Il che ci impone oggi di lavorare con ancora più serietà e forza affinché la “comunicazione responsabile” entri negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’agenda 2030, come proposto da Global Alliance.

 

Questo è il tempo del comunicatore consapevole. Che sa che ogni parola può creare ponti o alzare muri. E che sceglie, ogni giorno, di comunicare per unire.

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